Notizie dall’interno. Studenti detenuti stranieri mi danno un’informazione abbastanza scontata, ma utile alla discussione: i flussi dell’immigrazione sono solo in piccola parte casuali. Per lo più ci si muove seguendo una fitta rete di parentele, conoscenze, informazioni. Così si può scegliere di andare in luoghi dove metter su famiglia e lavorare onestamente o in altri dove è più facile e redditizio delinquere, in quanto le sanzioni previste per chi commette reati sono più blande.
Ogni gruppo etnico e familiare ha un proprio orientamento ed in virtù dei legami pregressi alcuni hanno maggior predisposizione per fare i cuochi, alcune le badanti o le prostitute, altri s’impegnano nell’agricoltura o nella pastorizia, altri ancora finiscono a spacciare droga. Non è facile, per chi arriva in un mondo nuovo e sconosciuto, uscire da certe dinamiche consolidate. Tanto più in una fase di crisi, disoccupazione e assenza di prospettive quale quella che stiamo vivendo nel nostro disastrato Paese.
È ovvio che tra quanti sono costretti a lasciare la propria terra, magari a costo di un viaggio irto di difficoltà ai limiti della sopravvivenza, non ci sia la crema della società e tra la tanta gente che cerca semplicemente un qualche futuro, si annida una componente più o meno ampia di malintenzionati. Arginare tale fenomeno non è facile. Chi propone ricette semplici, dal facile riscontro, del tipo “fucili alle frontiere”, in un paese con migliaia di chilometri di costa aperta sul Mediterraneo, fa solo becera propaganda basata sulla più istintiva e grossolana xenofobia. Non si tiene conto di fondamentali dinamiche demografiche: innanzi tutto l’intera storia dell’umanità, da milioni di anni, è fatta di migrazioni di massa. Le evidenze empiriche emerse dall’incrocio dei dati di diverse discipline scientifiche provano che tutti noi abbiamo una comune origine africana.
Nei prossimi anni, poi, continuerà e si accentuerà la doppia tendenza in atto: mentre la popolazione mondiale avrà un aumento impetuoso, le società “occidentali” continueranno a invecchiare e regredire. I vuoti che si creano, a partire dalle zone di maggior dinamismo, vengono automaticamente riempiti dalla componente “straniera” che sarà sempre più numerosa e determinante.
L’unica cosa che si può e si deve fare è canalizzare i flussi migratori e limitarne gli effetti più indesiderati in termini di pacifica convivenza. È essenziale far trovare agli ospiti un ambiente “pulito”: innanzitutto leggi certe, pene giuste e severe applicate con equità e rigore (il contrario di quel che si è fatto negli ultimi vent’anni per tutelare una classe dirigente, politica e imprenditoriale, incredibilmente e inguaribilmente corrotta e disonesta).
Le forze dell’ordine saranno sempre più impegnate in un poco invidiabile ruolo di prima linea. Ma anche il più immane degli sforzi in questo senso non basterà se nel contempo tutti noi, come comunità, non ci prepariamo a un convinto, condiviso, partecipato rispetto delle regole. Resto convinto che anche il peggior maleducato si farebbe scrupoli a gettare una cartaccia in un giardino perfettamente curato o parcheggiare su un marciapiede in un’area pedonale dove non vede altre macchine intorno a sé. Si fa in fretta ad abituarsi a nuove norme.
Quindi, tasse eque che si pagano, servizi che funzionano, i beni comuni accuditi e protetti come se fossero di proprietà personale, non sono utopie. È l’unico modo per far sì che la nostra società non si sfasci e regredisca a una guerra tra bande. Ancora una volta, alla legge del più forte dovremo far prevalere la forza della legge.