I magistrati indagano ancora su Budrio, il centro di 18 mila abitanti alle porte di Bologna. Dopo l’apertura di un’inchiesta da parte della Procura per il caso della demolizione della palazzina di Gugliemo Marconi, ora un altro pm, Rossella Poggioli, sta approfondendo una vicenda collegata e ha aperto un fascicolo conoscitivo, per ora senza indagati né ipotesi di reato. Il sindaco Pd di Budrio Giulio Pierini ha ricevuto infatti nel suo ufficio la visita della Guardia di Finanza che ha chiesto i documenti riguardanti la vendita da parte del Comune di 790 mila azioni Hera. Un affare che a fine 2012 ha portato nelle casse municipali 885 mila euro, ma che fin da subito aveva sollevato non pochi dubbi per essere stato concluso, stando a quanto riportato nell’esposto delle opposizioni che ha fatto scattare l’indagine, usando certificazioni sospette.

Il buco di bilancio
Tutto comincia nell’agosto 2012, quando la Soprintendenza per i Beni culturali blocca la costruzione di un centro commerciale, che prevedeva la demolizione della palazzina Marconi, in attesa di studiarne il valore storico. Lo stop all’abbattimento, chiesto dalle associazioni dei radioamatori, coglie di sorpresa il Comune di Budrio che aveva già messo in bilancio per il 2012 un milione di euro per gli oneri di urbanizzazione che avrebbero dovuto versare i realizzatori. Ma i cantieri non partono, e quell’ammanco crea un buco nel bilancio.

La vendita di azioni Hera
A questo punto parte una lotta contro il tempo per reperire la stessa cifra da qualche altra parte entro la fine dell’anno. Il Comune delibera di vendere le azioni di Hera, la multiutility del gas di cui è azionista insieme a decine di comuni in regione. Di conseguenza il 21 novembre il Servizio economico finanziario del Comune emette un bando e le azioni sono messe in vendita a 1,184 euro ciascuna. Dovrebbe essere (ma, come diremo, non è) il prezzo medio del trimestre precedente, calcolato tra il 16 agosto e il 15 novembre, giorno della deliberazione del consiglio comunale, scontato del 5%.

Il 23 novembre, solo due giorni dopo, lo stesso ufficio emana un secondo bando a correzione del precedente, aumentando lo sconto al 10%: il prezzo delle azioni è stabilito a 1,1214 euro cadauna. Il funzionario incaricato giustifica l’errore come meramente materiale. Per comprare le azioni si fa avanti solo il Con.Ami., il consorzio di Imola, terzo azionista di Hera, che dal 2007 è stato il maggior compratore dagli altri comuni, sempre con il 10% di sconto. Così, entro fine anno l’affare è fatto: il Con.Ami, di fatto guidato dal sindaco Pd di Imola, Daniele Manca, aumenta la sua influenza all’interno del pacchetto azionario Hera, e Budrio tappa la falla di bilancio incassando 885 mila euro.

I dubbi di anomalie nella procedura
Subito i consiglieri di minoranza Antonio Giacon (il consigliere del M5S che sfiorò la vittoria al ballottaggio), Leda Carisi, Gabriele Carlotti, Luca Gherardi e Maurizio Mazzanti cominciano a porre domande. A certificare il prezzo medio e a determinare lo sconto, per legge doveva essere un consulente finanziario terzo e indipendente. Nel bando di vendita non viene nominato e nessuno, fino ad allora, ha mai visto neppure la consulenza stessa, chiamata attestato di congruità del prezzo. La minoranza chiede in commissione di esaminare l’atto, poi, non avendo ricevuto risposta, si presenta all’Ufficio Protocollo per reclamarne una copia. Il documento – come riporta l’esposto – apparirà dagli archivi del municipio solo dopo giorni di attesa, il 4 marzo 2013.

Sull’atto, a firma di un ragioniere bolognese, si notano subito anomalie. La prima: la consulenza porta la data del 15 novembre e al suo interno si fa riferimento a una bozza di delibera del consiglio comunale che si sarebbe svolto il 15 novembre stesso alle 20:30. Come poteva essere utilizzata in un documento ufficiale la bozza di un’assemblea non ancora avvenuta? La seconda: i consiglieri votarono quella sera una delibera che riporta un prezzo medio errato rispetto a quello calcolato dal consulente. La terza: il ragioniere dichiara di avere esaminato l’andamento dei prezzi del titolo Hera dal 16 agosto al 15 novembre. Possibile, è il ragionamento portato avanti nell’esposto, che egli abbia potuto elaborare la sua attestazione (4 pagine) così in fretta, tra le 17:30 (ora di chiusura della Borsa) e poche ore dopo sia corso a protocollare la sua relazione in municipio?

La data contestata
Il documento che porta la data del 15 novembre, secondo l’esposto dell’opposizione, potrebbe non essere stato protocollato quel giorno, nonostante porti quella data. Il bollino adesivo ha infatti un particolare: davanti alla scritta “Protocollo Generale”, compare la scritta “2012”. Se il bollino fosse stato stampato veramente nel 2012, l’indicazione dell’anno non sarebbe comparsa anche in quel punto dell’etichetta. Il computer infatti specifica l’anno solo quando stampa l’etichetta di un anno diverso da quello in corso.

Del resto, se l’attestato del consulente fu presentato in Comune quel 15 novembre, perché il primo bando di vendita emesso dal Comune applica uno sconto del 5%, invece che del 10% o del 15 % come indicava il consulente stesso? E perché i consiglieri quel giorno votano un prezzo sbagliato nonostante il commercialista avesse indicato quello esatto nelle stesse ore? È quanto cercherà di capire la magistratura.

La replica del Comune
“Siamo molto sereni – è la replica del sindaco Giulio Pierini – perché stiamo parlando di una operazione che allo stesso modo è stata realizzata da più di 20 comuni negli anni scorsi. Siamo in un contesto di piena regolarità. L’attestato di congruità quando ci è stato chiesto è stato fornito. Lo avevamo prima, lo avevamo dopo e lo avevamo durante l’operazione. Capisco la polemica politica, ma ho fiducia nella magistratura e sono certo che sarà chiarito che tutto è stato fatto in maniera regolare”.

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