Che cos’è il desiderio? Scelgo come punto di riferimento le pagine decisive che Søren Kierkegaard scrive sul Don Giovanni di Mozart, la dimensione estrema del desiderio, un desiderio del desiderio, un desiderio “al quadrato”.

Con le stesse parole di Kierkegaard: “Il desiderio è, perciò, in questo stadio, assolutamente sano, vincente, trionfante, irresistibile e demoniaco”. Il demoniaco come condizione perennemente desiderante è la caratteristica stessa dell’esistenza di Don Giovanni, uno status che ne fa la grande icona della musica, uno status che è immediatamente espresso dalla musica stessa. Ancora con i termini di Kierkegaard: “Don Giovanni è assolutamente musica. Egli desidera sensualmente, egli seduce con la potenza demoniaca della sensualità, egli seduce tutte. La parola, la battuta non gli compete; allora diventerebbe subito un individuo riflettente. Egli non ha insomma in tal modo sussistenza, ma preme in un eterno scomparire, appunto proprio come la musica, per la quale è corretto dire che è finita appena ha cessato di suonare, e rieccola ancora solo mentre torna a suonare nuovamente… Don Giovanni non deve essere visto ma udito”.

Se si assume come esempio la stessa struttura drammaturgica del Don Giovanni mozartiano si potrà verificare l’ipotesi perseguita dal filosofo danese. Nell’aria del catalogo Leporello presenta a Elvira Don Giovanni, il colpevole. Nel duetto, la natura demoniaca del modo minore che caratterizza il protagonista si impadronisce anche di Donna Anna e Don Ottavio. La scissione della tonalità di Re nei due modi maggiore e minore assume anche il significato della dimensione demoniaca di Don Giovanni: l’irresolubile conflitto fra libertà di agire e determinazione. Don Giovanni nel contempo subisce e agisce, da qui la sua irresistibile fascinazione. Egli si oppone alla sfera del Re minore, che tuttavia lo soggioga e finisce per annientarlo.

Può essere trasferita questa ricerca “estrema” del desiderio in un altro ambito, per esempio, in quello figurativo? Io credo di sì. Per esempio tra alcuni giorni , esattamente dal 19 settembre al 19 ottobre, apre a Torino la mostra “Figure del desiderio, soggettività mutanti nella ricerca pittorica e scultorea di Sonia Ros e Katia Kotikoski”, prodotta da “Benappi, Arte antica e moderna”, curata da Adrodite Oikonomidou e Roberto Mastroinanni.

In particolare, nella pittura di Sonia Ros e più in particolare nei quattro dipinti “Africa nera”, “Salto mortale”, “Il guardiano”, “Scacco matto”, la rappresentazione corporea riesce a trasmettere l’idea di un flusso desiderante che si in-forma, che assume forma. I corpi nella loro declinazione plurale e metamorfica diventano “macchine desideranti”, espressioni di pulsioni sensual-sessuali capaci di fondere l’organico e l’inorganico. I grandi tableaux dell’artista veneziana mettono in scena l’antinarrazione per eccellenza: del desiderio, della sua esplosione/implosione non vi può essere narrazione alcuna. Sonia Ros come versione femminile del grande mito di Don Giovanni?

Aveva dunque ragione Diether de La Motte quando nel suo Manuale di armonia si riferisce, per il Don Giovanni mozartiano, al “pericolo incombente”, ossia al fatto che il grande musicista utilizzi i tromboni solo nella “scena del cimitero” e nel finale dell’opera contribuendo a fornire maggior peso ai due interventi del Commendatore, la prima volta come “statua che parla”, la seconda come “esecutore della sentenza”, proprio come nei tableaux di Sonia Ros per la sfera corporea.

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