I quotidiani online non possono pubblicare link a contenuti pubblicati in violazione del diritto d’autore né a pagine contenenti link a tali contenuti, né qualsivoglia genere di informazione a proposito di tali pagine web.

E’ questo il principio – destabilizzante sotto il profilo del necessario equilibrio tra tutela dei diritti di proprietà intellettuale del singolo e libertà di informare ed essere informati di giornalisti e collettività – muovendo dal quale, nelle scorse settimane, il Tribunale di Roma ha inibito a Il Post – il quotidiano online edito e diretto da Luca Sofri – “di fornire, in qualsiasi modo e con qualunque mezzo, espresse indicazioni sulla denominazione e la raggiungibilità dei portali telematici che, direttamente o indirettamente, consentono di accedere illegalmente ai prodotti audiovisivi della Reti Televisive italiane s.p.a. aventi per oggetto gli eventi calcistici disputati nell’ambito del “Campionato”, della “Champions League” e della “Europa League”.

Oggetto della decisione dei Giudici la prassi de Il Post – al pari di diverse altre testate online – di pubblicare una serie di informazioni relative, tra l’altro, a siti internet contenenti elenchi di link attraverso i quali seguire le partite di calcio ed altri eventi sportivi con l’esplicito avvertimento che, in taluni casi, le “trasmissioni online”, potevano essere pirata.

E’ una decisione grave e senza precedenti. Un Giudice ordina ad un giornale di astenersi dal fare informazione in relazione a determinati contenuti per evitare che una notizia si diffonda e che diffondendosi aumenti la platea degli autori di un determinato illecito.

Nella vicenda il perverso ragionamento sulla cui base si arriva all’aberrazione giuridica di vietare a Il Post di parlare dell’esistenza online di indici a siti – pirati e non – attraverso i quali è possibile godersi una partita di calcio via internet è che, parlandone, il quotidiano online avrebbe aumentato il traffico verso tali siti, agevolando così la violazione dei diritti delle emittenti Mediaset.

Come se, in altri tempi, si fosse vietato ad un giornale di raccontare delle sigarette di contrabbando vendute a ridosso dei grandi porti e stazioni ferroviarie di tutto il Paese o si inibisse ad un telegiornale di raccontare e mostrare le scene delle prostitute ferme sul ciglio delle più importanti strade consolari della capitale per evitare un’impennata del numero dei clienti.

Fare informazione così come pubblicare un link non significa promuovere una condotta o – nel caso la condotta in questione sia illecita – istigare lettori, telespettatori o utenti a violare le leggi o gli altrui diritti.

Non c’è, peraltro, niente di più difficile che stabilire – data la pubblicazione di un contenuto protetto da diritto d’autore online – se un link punti ad un contenuto diffuso legittimamente o illegittimamente e, comunque, stabilirlo non è affare da editori o giornalisti ma da giudici e legulei.

Quella che emerge dalla brutta storia che rimbalza dalle colonne de Il Post è una deriva nell’enforcement dei diritti d’autore che minaccia di fare carne da macello della libertà di informazione specie se, come sembra, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni si riserverà davvero – attraverso il nuovo regolamento che si avvia ad emanare – il potere, tra l’altro, di ordinare, all’esito di un procedimento sommario, a chicchessia di rimuovere anche i link a qualsivoglia opera dell’ingegno protetta da diritto d’autore.

E’ davvero un colmo che, però, non suscita alcuna risata: mentre i Giudici della Corte Europea dei diritti dell’uomo si spingono a dire che neppure un contenuto certamente illecito può essere rimosso dallo spazio pubblico telematico per ordine della magistratura perché non tocca ai giudici riscrivere la storia, in Italia si ordina ad un giornale di astenersi – anche per il futuro – dal fare informazione su contenuti della cui illiceità è davvero difficile giudicare.

Abbiamo perso la bussola dei diritti e siamo alla deriva in un contesto nel quale sembra che i diritti di matrice economica vengano sempre e comunque prima di ogni altro diritto e libertà ivi inclusi quelli fondamentali dell’uomo e del cittadino.

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