Nell’editoriale del Corriere della Sera datato 16 settembre 2013, Lucrezia Reichlin ha messo il dito sulla piaga ma tutti fanno finta di niente. Nell’articolo di prima pagina dal titolo “Con la testa sotto la sabbia”, l’economista denuncia l’infondato ottimismo del governo Letta e delle autorità economiche e politiche italiane rispetto alle prospettive della crisi economico-finanziaria che da anni attanaglia le strutture produttive del nostro paese. In sostanza, i dati sulla crisi economica che il ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, ci ripropone come un mantra ogni giorno, (“l’uscita dalla recessione è un dato incontrovertibile), non paiono tanto veritieri.
Dopo un agosto propagantistico che annunciava per bocca del governo addirittura la ripresa nel primo trimestre 2014, la prima doccia fredda è arrivata dall’Ocse che ancora una volta ha confermato la ripresa per i paesi dell’Eurozona ma non per l’Italia. Una secca smentita dell’ottimismo governativo che non fa fare una bella figura ai membri del governo Letta. Tra l’altro non ci pare che Saccomanni abbia smentito le previsioni dell’Ocse. Eppure non è la prima volta che l’autorevole istituzione internazionale avverte l’Italia di non cadere in un facile ottimismo. Secondo l’Ocse, infatti, il Pil nel 2013 oscillerà tra il -1,3 e -1,7 e neppure il primo semestre del 2014 consentirà all’Italia di ritrovare il segno positivo. A questo si aggiunga, scrive Lucrezia Reichlin, che “l’Italia ha oltre il 130% del rapporto debito-pil in crescita; ben al di là delle previsioni di due anni fa quando i più sostenevano che fosse stato raggiunto il picco”.
D’altronde i dati sulla disoccupazione dovrebbero azzittire coloro che troppo facilmente parlano di ripresa: se la disoccupazione ha toccato la punta del 12%, quella giovanile, come è noto, si attesta ormai attorno al 25%. Come si fa a sostenere che ci sono prospettive di ripresa se non si intravvede un minimo segno di inversione nei livelli occupazionali? Il sospetto è che il governo Letta utilizzi queste previsioni in modo un po’ irresponsabile per allentare la tensione attorno a palazzo Chigi che proprio sull’occupazione non è riuscito a dare segnali tranquillizzanti.