La prima è andata male, 0 a 1 in casa con l’Hapoel Petah Tikva. Ma ci sta. Non si può certo pretendere una promozione all’anno dall’Hapoel Katamon. Una ogni due, però, sì. La squadra di Gerusalemme ha giocato lo scorso fine settimana la partita d’esordio nella Liga Leumit, la Serie B israeliana. In sei anni hanno dominato in tutte le serie minori del paese e sono arrivati al professionismo. Piccola particolarità: sono la prima squadra interamente posseduta dai propri tifosi a riuscirci. La storia dei rossoneri del Katamon è iniziata nel 2007, quando un gruppo di fan dell’Hapoel Gerusalemme, esasperato, ha deciso che non poteva più sostenere la propria squadra. Da tempo erano in rotta con la proprietà del club, in mano a degli immobiliaristi.
Secondo i tifosi non investivano soldi e impegno nel calcio e avevano sporcato l’immagine della società, da sempre considerata tollerante e inclusiva. Fino all’ultimo avevano provato a convincerli a cedere l’Hapoel, ma non c’era stato verso. E allora si sono fatti una squadra loro. Un fenomeno crescente in Israele, anche gli ex rivali del Maccabi Jaffa hanno scelto questa via. L’esempio viene da alcuni club europei, su tutti l’Fc United of Manchester, creato dai tifosi in contrasto con la proprietà a stelle e strisce. Sono andati a giocare nella zona dove sorgeva il loro vecchio stadio, nel quartiere di Katamon. Hanno scelto i colori e hanno disegnato un logo, hanno assunto un allenatore e comprato dei giocatori. Soprattutto, si sono dati una struttura societaria. Hanno optato per un modello ambizioso: la democrazia. Il nucleo iniziale di tifosi ha dato vita a un’organizzazione no profit e ha cominciato a raccogliere fondi: il contributo di partenza è di 200 euro all’anno.
I soci hanno diritto a eleggere il consiglio di amministrazione che deve gestire l’azienda nei momenti ordinari. Al momento sono più di 400. Le scelte più importanti, però, vanno prese a maggioranza tra tutti i tesserati. L’entusiasmo attorno al progetto è aumentato di anno in anno, di pari passo con i sorprendenti risultati sportivi. Al primo anno, in quinta divisione, sugli spalti del Teddy Stadium di Gerusalemme sedeva una media di 1800 persone. La stagione successiva erano 3mila. L’anno scorso ad accompagnare la cavalcata della squadra verso la promozione c’erano 6mila tifosi che non hanno smesso di cantare nemmeno per un minuto. E’ stato il record di presenze di sempre per le leghe minori israeliane. L’Hapoel Katamon segue una filosofia di sport ben precisa, quella perduta col tempo dal loro Hapoel Gerusalemme. Fuori dal campo i tifosi si dedicano a iniziative sociali: hanno creato una scuola di ebraico per gli immigrati in un quartiere degradato della capitale e una scuola calcio a cui possono accedere tutti i bambini.
In campo, con la maglia rossonera, convivono giocatori arabi e israeliani. Il Katamon è antirazzista per statuto. Valori su cui non si discute, così come la laicità. Ma tra i tifosi non mancano i credenti e allora il sabato non si gioca. Il pubblico tende parecchio a sinistra, come dimostrano look e bandiere. Sugli spalti uno dei cori più gettonati è di fine ‘800: l’Internazionale. Anche in questo l’Hapoel Katamon segna una profonda differenza con gli altri club israeliani, dove le curve calcistiche sono in buona parte in mano alle formazioni di destra. Lo è certamente il Beitar Gerusalemme, la squadra più titolata della capitale. Ma anche la più razzista, per via di una frangia di tifosi ultranazionalisti che negli scorsi mesi ha dato fuoco alla sede della società per protestare contro l’ingaggio di due giocatori ceceni. Nessun musulmano può indossare la maglia del Beitar, il messaggio fin troppo esplicito. L’Hapoel Katamon sogna di arrivare un giorno a sfidarli e provare a sottrargli il primato in città, in ogni caso ancora un gradino sotto ai club di Tel Aviv e Haifa. Ma intanto, spinti dalla carica dei suoi tifosi-proprietari, c’è un campionato difficile da affrontare. Iniziato come era terminato il precedente, con migliaia di tifosi festanti a sostenere il club, quindi se stessi, per 90 minuti. E sul calendario c’è una data già segnata in rosso: il 16 novembre quando si giocherà il derby con l’Hapoel Gerusalemme. Quei colori amati da cui tutto è nato.
foto da www.revleft.com