Gli industriali lombardi da un lato si dicono aperti al dialogo con le istituzioni, dall'altro bloccano i pagamenti ai fornitori e lasciano a casa 1400 lavoratori. E nel frattempo l'87enne Emilio Riva è diventato amministratore unico della holding dopo la fuga dei suoi parenti
Mentre il Governo cerca l’ennesima soluzione per salvare i Riva, il gruppo industriale del nord si ritrova con un uomo solo al comando. Nei mesi scorsi, infatti, tutti i membri della famiglia si sono silenziosamente sfilati e così il vecchio Emilio Riva si è ritrovato, all’età di 87 anni, amministratore unico della holding. Tutto questo mentre l’azienda proclama ufficialmente la sua disponibilità al dialogo e in silenzio continua il ricatto bloccando i pagamenti ai fornitori.
La chiusura delle aziende del Gruppo e il licenziamento dei 1400 dipendenti Riva è “una rappresaglia rispetto all’azione della magistratura”. Lo ha detto il premier Enrico Letta intervenendo sul ricatto degli industriali lombardi durante la puntata di Porta a porta andata in onda ieri. Secondo il presidente del Consiglio la vicenda “non può essere risolta dicendo: il governo intervenga, perché così si alimenterebbero aspettative senza senso”. Enrico Letta ha annunciato che sarà fatta “tutta la pressione possibile sull’azienda perché riapra” e ha spiegato che in queste ore è al vaglio lo studio del commissariamento delle altre aziende del Gruppo Riva così come avvenuto per Ilva spa. Insomma, un nuovo regalo sarebbe pronto a essere consegnato in viale Certosa a Milano. Ufficialmente l’obiettivo è cercare di evitare che l’azienda possa impugnare il provvedimento dinanzi alla magistratura, ma in realtà tutti puntano allo sblocco dei 45 milioni finiti sotto sequestro. Il premier ha spiegato che l’impresa può “assolutamente andare avanti” e i lavoratori non saranno lasciati “per strada”. Affermazioni pronunciate poche ore dopo l’incontro tra il rappresentate del Gruppo Riva, Bruno Ferrante, e il ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato, al termine del quale l’azienda si è detta “pronta ad avviare un dialogo con il custode giudiziario per verificare se sussistano le condizioni per una ripresa delle attività produttive nei propri stabilimenti”.
Domani l’amministratore nominato dalla magistratura, Mario Tagarelli, dovrebbe essere immesso in possesso dei beni sequestrati e solo allora potrà valutare le eventuali strategie da adottare. Intanto, però, secondo fonti ministeriali, Zanonato avrebbe già prospettato l’ipotesi di un decreto per sbloccare i fondi in caso di mancato dissequestro. Nel frattempo il Gruppo Riva continua a tessere la sua trama: da una parte apre al dialogo, dall’altra continua l’azione di ricatto. Secondo la Confederazione nazionale artigianato e piccola e media impresa (Cna) la decisione dell Gruppo di non pagare i fornitori “è un atto irresponsabile che mette sul lastrico migliaia di piccole imprese dell’indotto”. Secondo il segretario generale Sergio Silvestrini “la siderurgia è strategica per l’Italia e nessuno può mettere a rischio il settore e tutto l’indotto: dai trasportatori ai manutentori, dalle mense alle tipografie. E’ una spirale pericolosa che si deve immediatamente interrompere prima che il fermo degli impianti pregiudichi anche le aziende utilizzatrici dei prodotti siderurgici”.
Insomma, dovrà essere ancora una volta il Governo a salvare la barca in tempesta dei Riva. Una barca in cui l’equipaggio sembra essere scomparso. A bordo, infatti, è rimasto solo il vecchio Emilio Riva: figli e nipoti sono fuggiti dai vari consigli di amministrazione. La fuga, anticipata da ilmondo.it, è avvenuta tra la fine di giugno e la fine di luglio probabilmente per paura di azione della magistratura di Taranto. Dimissioni a raffica che non rappresentano una novità per gli industriali lombardi: lo stesso Bruno Ferrante fu nominato il 10 luglio 2012 dopo le dimissioni di Nicola Riva, che 15 giorni dopo fu destinatario di una misura cautelare ai domiciliari. Ma perché Emilio Riva, che ha già trascorso un anno agli arresti domiciliari pur avendo la veneranda età di 87 anni, ha scelto di diventare amministratore unico? L’ipotesi più accreditata è che data l’età Emilio Riva è l’unico a non dover temere il carcere. Non solo. Dopo la fuga dei vari esponenti della famiglia, lo statuto è del Gruppo Riva è stato modificato. Ora prevede che possa essere gestito “da un amministratore unico o da un cda composto da 2 a 7 membri, per i quali non è richiesto che siano azionisti, né che siano residenti in Italia”. Il Gruppo Riva si prepara all’ingresso di nuovi soci? Nessuno lo esclude, ma quello che appare certo è che la conduzione familiare sembra essere giunta al capolinea.