Questa volta non è un’indiscrezione. E non è neanche un invito arrivato da qualche avversario. Lo dice il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri: “Penso che si dimetterà da senatore prima del voto, non accetterà la prepotenza di questa persecuzione che sta subendo”. E’ la prima volta che una figura ai vertici del Pdl mette in conto questa ipotesi. Intanto Enrico Letta cerca in tutti i modi di proteggere il governo: “Punching ball mentre tutti se le danno di santa ragione”.
Sul fronte Berlusconi, dunque, quello che in qualsiasi Paese dell’occidente sarebbe accaduto probabilmente anni fa potrebbe avvenire prima della metà di ottobre, quando è previsto più o meno il voto finale dell’Aula del Senato sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Sarebbe una “mossa del cavallo”, quella del passo indietro, con il quale l’ex presidente del Consiglio potrebbe raccogliere più di un punto a favore. Primo, gli farebbe assumere ancora una volta – paradossalmente – l’immagine del presunto leader “responsabile”, dopo essersi ammantato del ruolo di più convinto sostenitore degli ultimi due governi di grande coalizione e della necessità della cosiddetta “pacificazione”. Secondo, spunterebbe l’arma del Pd che si sta “riconciliando” con la base grazie alla sua determinazione nel votare la decadenza subito e in ogni caso. Terzo: in concreto rimescolerebbe di nuovo le carte e probabilmente allungherebbe di nuovo i tempi.
Ci sarebbe infatti da capire se la presentazione di dimissioni da parte del Cavaliere possa essere sufficiente per bloccare l’iter già avviato a Palazzo Madama per “l’espulsione” dell’ex presidente del Consiglio. Il presidente della giunta per le elezioni e neorelatore Dario Stefano ha fissato il 4 ottobre la seduta pubblica sul caso del leader Pdl condannato definitivamente per frode fiscale.
Ma anche le dimissioni, così come la decadenza, devono essere ratificate dall’Aula del Senato. E come in tutti i casi di un voto personale su un parlamentare basta la richiesta di 20 senatori per esprimersi con voto segreto. Il segreto dell’urna potrebbe essere l’ultima speranza di salvarsi in extremis. A quel punto resterebbe “solo” l’esecuzione della pena e dell’interdizione dai pubblici uffici che sarà rimodulata entro fine anno dalla Corte d’appello e che poi verosimilmente finirà in Cassazione tra inverno e primavera.
Ciononostante resta l’ipotesi di nuove elezioni anticipate a febbraio e il videomessaggio – a prescindere dalle diecimila letture che si possono dare – era innanzitutto un comizio da campagna elettorale, che voleva “rifidelizzare” i già fedeli e stringere le file dell’elettorato che non l’ha mai abbandonato e a maggior ragione dopo la sentenza ritenuta ingiusta.
La contromossa Pd: “Fiducia preventiva”. Letta: “Siamo in uno Stato di diritto”
Il giorno dopo il voto in giunta contro la relazione Augello e il videomessaggio di Berlusconi, il presidente del Consiglio Enrico Letta dà una risposta netta: “Siamo in uno stato di diritto, non ci sono persecuzioni“. E le sentenze della magistratura “si rispettano”. Conclusione, con metafora pugilistica: “Vedo che c’è la volontà di usare il governo come un punching ball, tutti se le danno di santa ragione. Noi lavoriamo, continuiamo a lavorare”. Intanto si profila la contromossa, per evitare di essere cotti a fuoco lento da un Berlusconi di lotta e di governo – come accadde a Mario Monti – fino a un possibile voto a febbraio, che sarebbe segnato dall’annunciato ritorno di Forza Italia. La contromossa prevede una richiesta di fiducia, da parte del governo Letta, prima che dal Pdl arrivi qualunque strappo. Una sorta di fiducia preventiva, insomma. Magari accompagnata da un nuovo monito di Napolitano contro qualsiasi avventura che possa far cadere il governo in questa fase “delicata”.
Nei corridoi di palazzo se ne parla, e all’ipotesi dà voce il senatore del Pd Luciano Pizzetti, dell’Ufficio di Presidenza di palazzo Madama. Dopo il “cortometraggio” del Cavaliere, sostiene, “la maggioranza di emergenza non esiste più, resta solo l’emergenza”. La “quotidiana azione minatoria operata dal centrodestra contro la stabilità di governo” va contro “gli eccellenti propositi posti da Giorgio Napolitano a fondamento dell’azione di governo. Siamo quindi “di fronte ad una crisi di governo di cui occorre prendere atto”, chiarisce Pizzetti. “È necessario dunque coinvolgere quanto prima il Parlamento per verificare se vi siano le condizioni per ribadire in modo chiaro e non sfuggevole gli impegni assunti nei mesi scorsi”.
Alfano: “Effetti del voto in Giunta sul governo? Decidiamo oggi”
E in effetti le fibrillazioni per il governo non sono affatto finite. “Effetti sul governo? Decideremo domani” ha detto il vicepresidente del Consiglio Angelino Alfano a Matrix. Vale a dire oggi, all’indomani del voto serale in giunta al Senato che spiana la via alla decadenza di Berlusconi. “Berlusconi ha dimostrato senso dello Stato – ha affermato Alfano riferendosi al videomessaggio del leader – ma questo non significa che non sia aperta la questione sulla compatibilità del nostro rapporto con questi compagni di strada. Questo tema lo affronteremo con il presidente Berlusconi in questi giorni: domani (oggi, ndr) lui sarà a Roma e ci incontrerà e domani decideremo”.
Sulla testa di Enrico Letta, insomma, continua a pendere l’incognita del comportamento del Pdl, anche se sembra essere tramontato l’aut aut che legava la tenuta dell’esecutivo al salvataggio politico del leader condannato in via definitiva per frode fiscale. Si fa strada l’ipotesi di un lungo logoramento, il trattamento Monti per capirsi, per andare a elezioni anticipate contro un avversario ormai logorato. Non a caso il videomessaggio di Berlusconi è parso soprattutto un inizio della campagna elettorale della nascitura Forza Italia. Che sarà lui a guidare, anche fuori dal Parlamento. Da qui l’idea della contromossa “fiducia anticipata”.
“Il Pdl resta al governo per non lasciare spazi al partito delle tasse e della spesa pubblica”, afferma al Corriere della Sera Renato Schifani. E il possibile voto anticipato? “Non è questione di date”, spiega il capogruppo al Senato. “Tutto dipende dalla capacità del governo di dare una svolta alla politica economica, con la manovra di fine anno”. Nel frattempo Berlusconi”continuerà a fare politica. Sarà lui a valutare il nuovo assetto, come sempre. Poi la struttura sarà delineata di comune intesa, in piena serenità. Non posso non immaginare un ruolo di rilievo per Angelino Alfano. E posso rassicurare i nostri elettori: nessun trauma, la classe dirigente sarà valorizzata in base a storie personali e capacità”. Sull’ipotesi di un Letta-bis, Schifani afferma di escludere “operazioni di trasformismo da parte di alcun senatore del Pdl”.
Bindi: “Ha già staccato la spina”. Speranza: “Se lo fa è un atto gravissimo”
Tanto tuonò che non piovve? Non la pensa così Rosy Bindi, già presidente del Pd: “Per quanto mi riguarda, con questo discorso Berlusconi ha staccato la spina al governo Letta”, spiega a Repubblica. “Troppe volte lo abbiamo sottovalutato, è l’inizio della campagna elettorale”. Quanto ai contenuti della performance berlusconiana, continua Bindi, “sono tutti slogan vecchi che non aiutano il paese e anche lontani dal programma del governo”. Una “denigrazione pura contro la sinistra… Ci leggo una chiara presa di distanza dal percorso delle larghe intese”. Nel Pd la linea è chiara: se c’è qualcuno che toglie linfa al governo, questo è proprio il Cavaliere. “Diciamo no – spiega il capogruppo a Montecitorio Roberto Speranza – alle elezioni anticipate perché bisogna dare delle risposte al Paese. Se Berlusconi stacca la spina commette un atto gravissimo, un errore di cui si assume l’enorme responsabilità”. Il governo ora è più debole, ribadisce Nicola Latorre, perché il video di ieri è un “macigno sulla strada” dell’esecutivo.
Voto segreto, Grasso “sonda” i capigruppo sulla giunta per il regolamento
Da dimesso o da decaduto, Berlusconi ripone le ultime speranze nel voto segreto al Senato, garantito per regolamento sulle quationi personali. Nella conferenza dei capigruppo il presidente Pietro Grasso avrebbe provato a “sondare” i vertici dei gruppi parlamentari per vedere cosa ne pensassero di una possibile convocazione della Giunta per il Regolamento richiesta dal Movimento 5 Stelle per evitarlo nel caso Berlusconi. Il vicecapogruppo del Pdl Giuseppe Esposito avrebbe detto che, forse “per stemperare il clima” nella maggioranza sarebbe stato meglio aspettare un po’ prima di prendere una decisione in questo senso. Mentre il capogruppo di Gal Mario Ferrara, secondo quanto raccontano alcuni dei partecipanti, avrebbe lanciato una sorta di provocazione: “Noi potremmo anche essere d’accordo – avrebbe detto il senatore – ma se si dovesse rimettere mano al Regolamento in materia di voto segreto allora vorremmo che fosse voto palese sempre, non solo nel caso in cui ci si pronunci sulla decadenza dal mandato di parlamentare, ma anche quando si tratti di eleggere i presidenti della Repubblica e del Senato”. Esattamente quello che chiede il M5S nella sua proposta di modifica del Regolamento. Ma a questo “rilancio” di Ferrara nessuno avrebbe più preso la parola sul tema. Il Movimento Cinque Stelle non molla la presa. Il capogruppo al Senato Nicola Morra ha sollecitato una seduta ad hoc della Giunta del Regolamento. “Ora la palla è nelle loro mani” si limita a dire Morra.