Il consiglio regionale del Carroccio ha proposto quasi all'unanimità l'allontanamento dell'ex deputato piacentino, "noto" per le sue figuracce in tv e alla Camera (dove insultò una collega disabile). Ma questa è l'ultima puntata di un'escalation di tensioni tutte interne al partito a Piacenza
C’eravamo tanto amati. O forse no, perché nonostante la notorietà a livello nazionale che aveva assunto per un certo periodo l’ex onorevole Massimo Polledri, i contrasti con i vertici della Lega Nord di Piacenza non si erano mai sanati. E così, alla prima occasione utile, i nodi sono venuti al pettine. “Va espulso”, ha stabilito quasi all’unanimità – solo due astenuti – il consiglio della Lega Nord dell’Emilia Romagna.
Una rottura totale con l’ex onorevole ed esponente di punta del Carroccio piacentino, che da tempo era entrato in rotta con la segreteria locale, retta da Pietro Pisani. Prima qualche scaramuccia, poi le aspre critiche sull’operato del segretario e di alcuni esponenti della fazione avversa. Come al “fedelissimo” di via Trieste, Maurizio Parma, accusato di essere colpevolmente assente dal suo ruolo assessore provinciale alla Sicurezza, dopo alcuni fatti di cronaca. Poi la guerra vera e propria, che ha lasciato i segni sul campo: gli allontanamenti, che qualcuno ha chiamato “epurazioni”, di leghisti del suo entourage, come Maffini, Tagliaferri e Zambianchi e la decisione di chiudere sedi a lui “favorevoli” come quella di Gossolengo o la sezione di Morfasso.
Una faida, mai neppure tenuta troppo nascosta dai vari esponenti del Carroccio piacentino, ma che non si pensava potesse arrivare all’espulsione. Massimo Polledri, infatti, solo un anno e mezzo fa era stato scelto – non senza malumori – come candidato sindaco di Piacenza per la Lega Nord. L’esito era stato disastroso, con un 6,22% che aveva di fatto dimezzato i consensi leghisti nella Primogenita. “Sono orgoglioso di averci messo la faccia – aveva detto – ma da Piacenza deve arrivare una lezione per la Lega”. Lezione che però non tutti erano pronti a pagare, addebitandogli ben più di una responsabilità.
Ma i contrasti hanno origini ben più lontane. Prima di tutto per quel suo modo di fare, alla ricerca del protagonismo, che lo avevano allontanato dalla linea dettata dal partito e condotto a ben più di una scomoda gaffe. Famose quelle con la disabile Ileana Argentin, onorevole del Pd che venne presa a male parole dal leghista e da altri esponenti della maggioranza in aula, dopo che si era permessa di applaudire l’intervento dell’allora traditore Italo Bocchino di Fratelli d’Italia.
Poi lo scivolone durante la trasmissione Agorà, dove la deputata democratica Pina Picierno accusò: “La Lega da Pontida lancia segnali di celodurismo e poi arriva a Roma e si cala le braghe”. E Polledri che le rispose: “Potrebbe essere una bella sorpresa per te, se caliamo le braghe”.
Infine, tra i tanti strafalcioni del neuropsichiatra padano, quelli sugli omosessuali. “Non sono malato”, replicò a un messaggio su Twitter del collega del Pd, Pierangelo Ferrari che dopo un suo intervento lo aveva definito omofobo. O quando, al programma radiofonico La Zanzara, si lanciò in una diagnosi fantasiosa sulla cura di quella che definiva una patologia, o meglio “una condizione d’infelicità”.
Fatto sta che in questi giorni, dal consiglio del Carroccio emiliano, è arrivata la tanto temuta scomunica. Praticamente all’unanimità – solo due astenuti – la richiesta di espulsione che era stata messa all’ordine del giorno nell’ultima riunione. Per ora Polledri non ha commentato, anche se si è lasciato sfuggire che “non ha avuto nessuna comunicazione in merito ma credo che sarebbe doverosa”. Ora la questione verrà affrontata dalla segreteria federale della Lega Nord a Milano, e qui solo una persona potrebbe salvarlo. Umberto Bossi, che però non se la passa molto meglio. Nei giorni scorsi, infatti, è stato lui stesso vittima di un “siluro” che ha messo a rischio la sua permanenza nella Lega: “Va eliminata la carica a vita di natura non elettiva creata appositamente per il socio ordinario militante Umberto Bossi” ha scritto in una mozione Sandro D’Incau, segretario della sezione di Feltre a Vicenza e che verrà discussa proprio nel consiglio federale. Una carica “non corretta in considerazione dei fatti avvenuti in questi anni”, anche perché va allontanato “il concetto che la Lega è un movimento politico di proprietà di Bossi ”. Anche per questo, Polledri non può dormire sonni tranquilli.