Da Trapani nuove rivelazioni sul politico Pdl già sotto processo per concorso esterno e accusato di essere vicino al superlatitante Matteo Messina Denaro. Padre Treppiedi, ex dirigente della Curia, racconta in tribunale le presunte attività dell'ex sottosegretario all'Interno per cacciare il superpoliziotto Giuseppe Linares, sgradito ai clan e oggi a capo della Dia di Napoli
Si è aperto un nuovo fronte di indagini sulle connessioni tra mafia, politica e imprenditoria a Trapani. Nuove accuse piovono contro il senatore pidiellino Antonio D’Alì, sotto processo a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, ex sottosegretario all’Interno. Indicato dai collaboratori di giustizia come “uomo forte” per i suoi “rapporti con i Messina Denaro di Castelvetrano”. “Gola profonda” è un sacerdote, padre Ninni Treppiedi. Padre Treppiedi dai primi di agosto rende dichiarazioni al pm della Procura di Trapani Andrea Tarondo, nel contesto di una indagine avviata contro ignoti. Una parte dei verbali, l’ultimo dei quali, sottoscritto e definito all’una della scorsa notte, è transitato stamane nel processo in corso a Palermo contro D’Alì. Processo nel quale i pm Paolo Guido e Andrea Tarondo hanno chiesto una condanna a sette anni e quattro mesi.
Oggi il gup Francolini avrebbe dovuto pronunciare la sentenza, i pubblici ministeri hanno chiesto invece a sorpresa la riapertura del dibattimento per sentire padre Treppiedi in relazione ai capi di accusa contestati al senatore D’Alì: i rapporti con i Messina Denaro, la vendita fittizia dei terreni di contrada Zangara, i rapporti con le imprese dei mafiosi o vicine a Cosa nostra, gli appalti pilotati, l’inquinamento delle istituzioni. Una decina di pagine. Storie interessanti. Come quella dei trasferimenti di uomini delle istituzioni che nel tempo si sono posti di traverso “rispetto agli interessi del senatore D’Alì”. Uno di questi, l’ex capo della Squadra Mobile di Trapani Giuseppe Linares. Per le sue indagini Linares non era solo una ossessione dei mafiosi, che addirittura negli anni ’90 avevano anche pensato di eliminarlo, ma anche del senatore D’Alì e del suo entourage.
Addirittura padre Treppiedi indica la moglie del senatore, Antonia Postorivo, quale partecipe al “complotto” che avrebbe dovuto fare allontanare da Trapani Linares, anche con ignominia. Dei soggetti sarebbero stati assoldati per scoprire “eventuali scheletri nell’armadio”. Stessa cosa sarebbe stata fatta per magistrati e giornalisti. Questo sarebbe avvenuto tra il 2001 e il 2006, durante il quale D’Alì fu sottosegretario all’Interno. Un fatto, quello riguardante Linares, oggi capo della Dia a Napoli, in parte riscontrato dagli esiti di un’altra indagine su Finmeccanica e la videosorveglianza a Trapani, dove addirittura si trova l’intercettazione di un colloquio dell’allora capo di gabinetto di D’Alì, l’odierno prefetto di Bolzano Valerio Valenti, che raccontava di come aveva consigliato D’Alì il modo migliore per approcciarsi all’allora capo della Polizia De Gennaro per il trasferimento di Linares. Nel processo in corso contro D’Alì si parla anche di un altro trasferimento eccellente, quello avvenuto nel 2003 del prefetto Fulvio Sodano. Treppiedi dice poco sul punto, svela invece che l’ex capo di gabinetto del prefetto Sodano, il dottor Pasqua finì a Parma come “punizione” per volere di D’Alì.
Interessante poi la parte sui rapporti con gli imprenditori . Quando alcuni di questi furono arrestati, secondo i racconti di Treppiedi D’Alì si sarebbe preoccupato di pressare i testimoni perché non parlassero dei suoi rapporti con gli arrestati. Pressioni esercitate anche su un altro teste del procedimento, l’ex moglie di D’Alì Picci Aula. Anche in questo caso padre Treppiedi ha riferito di averla avvicinata per convincerla a non parlare dei rapporti con i Messina Denaro, e di altri fatti come i retroscena relativi alla Banca Sicula. D’Alì gli avrebbe raccontato che nella cassaforte della Sicula “c’erano i soldi dei mafiosi di Mazara del Vallo”.
Altro episodio rilevante risale al 2001, quando un deputato regionale trapanese, Nino Croce, sarebbe stato convinto dalla mafia, su richiesta di D’Alì, a rinunziare al seggio conquistato nella lista di Forza Italia, perché D’Alì a tutti i costi voleva eletto il suo pupillo, l’imprenditore Giuseppe Maurici. Processo insomma da riaprire, hanno chiesto i pm, per sentire il sacerdote e anche un altro teste, Vincenzo Basilicò, che è stato consigliere di amministrazione in una tv privata. Tra le rivelazioni di padre Treppiedi vi sarebbero anche quelle dedicate al mondo dell’informazione, con pressioni e tentativi di mettere in cattiva luce alcuni giornalisti locali. Don Ninni Treppiedi è un personaggio al centro di cronache giudiziarie, coinvolto nello scandalo che ha scosso la Curia di Trapani,dove è indagato con altre 13 persone. E lì resta indagato, mentre nel processo D’Alì sarà il nuovo testimone. Verrà sentito lunedì prossimo. Il gup alla fine ha infatti accolto la richiesta dei pm di riaprire il processo.