La lettura della pronuncia della Corte Costituzionale sul conflitto tra Capo dello Stato e Procura di Palermo (il caso delle intercettazioni di Napolitano, insomma) mi fa sorgere un inquietante dubbio: il Presidente della Repubblica, secondo questa aggiornata interpretazione, è garante della Costituzione o della Condivisione (metto la maiuscola perché ormai in Italia essa è diventata un ente superiore)?

Due premesse necessarie. La prima: non voglio occuparmi del merito della decisione della Consulta, che ha dichiarato assolutamente inutilizzabili tali conversazioni e soprattutto ha disposto che vengano distrutte, non si sa come ma sicuramente senza farle vedere neanche alle difese (senza contraddittorio, quindi, con buona pace del giusto processo dell’art. 111 Cost.). E’ un esito che mi lascia perplesso ma di cui prendo atto: qui vorrei discutere alcune premesse di fondo assai più rilevanti circa il nostro assetto istituzionale.

La seconda premessa: non si tratta di difendere o tifare per questa o quella parte, per questa o quella indagine. Non sta certo a me valutare il comportamento e le scelte della Procura di Palermo e non è affatto necessario comunque condividerle per essere perplessi in relazione ad alcune affermazioni fatte dalla Corte Costituzionale.

Per inquadrare ruolo e peculiarità del Capo dello Stato nell’ambito dei poteri e delle istituzioni democratiche, i giudici della Consulta arrivano a dire quanto segue: “Per svolgere efficacemente il proprio ruolo di garante dell’equilibrio costituzionale e di “magistratura di influenza”, il Presidente deve tessere costantemente una rete di raccordi allo scopo di armonizzare eventuali posizioni in conflitto e asprezze polemiche, indicare ai vari titolari di organi costituzionali i principi in base ai quali possono e devono essere ricercate soluzioni il più possibili condivise”

Allora, non è che io non riconosca il valore della condivisione e dell’unità… ma qui pare essere diventato l’unico orizzonte, la sola stella polare, l’alfa e l’omega. Una soluzione condivisa non è di per sé accettabile, ma solo nella misura in cui realizza i principi costituzionali.

Non credo debba ricercarsi condivisione e armonia se in ballo c’è, per esempio…, la legalità e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Non dico che questo fosse il caso; mi interessa, e preoccupa, il nuovo ruolo (si direbbe la nuova “mission” in termini imprenditoriali) data al Presidente della Repubblica dalla Corte: un ruolo tutto incentrato sul raggiungimento dell’accordo in quanto tale, senza alcun richiamo a quello che davvero è fondamentale e ineludibile, ovvero la difesa e l’affermazione dei principi e dei dettami costituzionali. Da garante della Costituzione a garante della Condivisione, appunto…

No, non credo che sia questo il profilo di Capo dello Stato che ci consegnano i Padri Costituenti.

Il Presidente della Repubblica è indubbiamente un custode super partes, ma questo non implica che possa o debba trovare sempre il concerto di tutti per ogni scelta. Anche perché questo defaticante lavoro di tessitura che descrivono i giudici della Consulta finirebbe (uso il condizionale) per trascinarlo nel negoziato politico e infine rischierebbe di inquinarne l’azione con compromessi non proprio nobili e al rialzo.

Dialogare sempre sì. Ascoltare tutti sì. Ma non condivisione ad ogni costo.

Ci sono valori e regole IRRINUNCIABILI che non possono essere sacrificati sull’altare pagano dell’ampio accordo.

La condivisione ci può essere solo nel rispetto della Costituzione, ovvero il testo fondamentale che “ci siamo dati da sobri a valere per quando fossimo stati ubriachi” (Zagrebelsky).

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