Sarà perché lo chiamo per cognome o perché, dichiara chi lo accompagna, “Non parla coi giornalisti!”, ma Renzi, dopo il suo intervento al Carroponte, si ferma solo per stringere mani, firmare autografi o scattare foto con chi lo chiama Matteo.
Come la neolingua orwelliana di 1984, che impoverisce il linguaggio per ridurre e unificare il pensiero, la nuova politica semplifica la comunicazione ed elimina le discussioni più complesse: il leader si chiama per nome e lo slogan deve essere sintetico, una parola, massimo due, possibilmente dal tono imperativo. Adesso! di Matteo Renzi vale come il ghe pensi mi. Nulla di nuovo. Solo un po’ più giovane.
Renzi aggrega le generazioni del Pd con i discorsi motivazionali, la critica superficiale e la prevedibile battuta da applauso: si scaglia contro il M5S (“Non si va sul tetto a difendere la Costituzione. La Costituzione si difende al piano di sotto”) e assicura di sostenere il governo se “fa le cose” e che “la vera cosa da fare è la legge elettorale” (come, prima di lui, assicurava Bersani con il governo Monti). Quando si accalora nell’affermare l’esigenza di comunicazione in politica ci si chiede se parla come candidato o come fondatore della Chil s.r.l., società di marketing, di cui è dirigente anche se, scriveva Marco Lillo, i contributi per la sua pensione saranno a carico della collettività.
Mi ero preparata una domandina sul prestito d’onore da porre al Matteo, possibile segretario del Pd al congresso, ma non mi è stato concesso. Il video postato, con la domanda, è qui a rammentargli che, ne avesse voglia, potrebbe rispondere comunque.
Come potrebbe, ne avesse voglia, lasciarsi intervistare da giornalisti meno accomodanti (l’allusione al deludente pareggio della Fiorentina è stata l’intervento più scomodo di Severgnini) per approfondire il dibattito su quel suo programma che, come troppo spesso accade in questa nuova era politica, è passato del tutto in secondo piano. Chiarire perché la lotta alla criminalità organizzata meriti giusto sei righe e mezzo a pagina ventitré (di ventisei). Mostrare, se esiste, la coerenza tra il principio costituzionale di uguaglianza sostanziale (“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale…”) e gli effetti di sperequazione derivanti dalla liberalizzazione delle tasse universitarie. Assicurare, dati alla mano, la sostenibilità nel medio-lungo termine del “serio programma di dismissione del patrimonio pubblico” che propone.
Insomma, Renzi, parliamo di contenuti. Adesso!