La vera bomba sotto al tavolo del governo alla fine la lancia Guglielmo Epifani: rimodulare l’Imu e bloccare l’aumento dell’Iva. Una richiesta all’esecutivo guidato da Enrico Letta che sarebbe quasi banale se non fosse che il Pdl lo riceverà come un dispaccio di una dichiarazione di guerra. Solo qualche ora prima, infatti, Renato Brunetta (capogruppo del Pdl alla Camera) aveva dichiarato senza tentennare: “L’Imu sulla prima casa e i terreni agricoli non sarà pagata per tutto il 2013 e l’Iva, l’aumento dell’Iva di un punto, non scatterà ad ottobre. Questi erano e sono gli impegni di governo e così sarà”. Ma Epifani ha riservato oltre metà della sua relazione dell’assemblea del Pd a un lungo attacco al Popolo delle Libertà e a Berlusconi, mettendo al centro proprio la questione economica, la più delicata – forse più della decadenza di Berlusconi da senatore – nei rapporti all’interno della maggioranza. E così il segretario democratico sembra voler occupare il terreno di scontro scelto dal Pdl: “Il Pd non è il partito delle tasse. Siamo il partito del fisco giusto ed equo di chi non vuole più condoni, difensori del principio che chi più ha più paga chi meno ha meno paga”. Dunque sull’Imu e sull’Iva il ragionamento è chiaro: “Troverei – sottolinea Epifani – fortemente sbagliato che dopo aver tolto l’Imu si vada ad aumentare un punto dell’Iva” andando a pesare sui ceti popolari. D’altronde non ci sarebbe neanche la discussione sull’aumento dell’Iva, dice Epifani, “se il governo di centrodestra quando il Paese era sull’orlo del baratro non fosse stato costretto a contrattare in Europa” un patto per “non finire come la Grecia”. Anzi, di più: “La destra prima ci ha portato sul baratro poi ha introdotto aumenti dell’Iva e dell’Imu, e dice che è sempre colpa nostra o della magistratura”. Quindi l’ex leader della Cgil rilancia, come in una partita di poker: “C’è qualcosa da correggere. E c’è anche qualcosa da correggere nella metodologia del governo. Su provvedimenti da assumere da qui alla fine dell’anno, come Imu, Iva e legge di stabilità, bisogna che vengano attuati contestualmente, senza isolarli uno dall’uno”. Un avvertimento che sembra indirizzato al Pdl, ma che è un modo per parlare anche con il presidente del consiglio Letta.
Brunetta: “Epifani si informi, l’aumento dell’Iva l’ha deciso Monti”
La replica del Pdl è intanto sulla ricostruzione di Epifani: ‘Epifani – interviene lo stesso Brunetta – prima di parlare dovrebbe informarsi con correttezza, per non incorrere in dichiarazioni destituite di fondamento. L’aumento dell’Iva non venne deciso dal governo Berlusconi, bensì dal governo Monti“. Sullo stop all’aumento dell’Iva richiesto dal segretario del Pd il capogruppo del Pdl alla Camera ricorda come il suo partito sia in prima fila da tempo: “Abbiamo proposto un ventaglio di coperture altrettanto serie e trasparenti. Vogliamo chiarire comunque al buon Epifani che non ci saranno coperture per spese clientelari, come quelle per la finta cultura, o per la cattiva pubblica amministrazione, o per la cattiva scuola. Su questo avremo modo di confrontarci. Sul resto il segretario del Pd abbandoni le invettive e affronti la realtà dei numeri e della storia”.
Epifani: “B. vuole un programma di destra, ma non ci faremo logorare come Monti”
Ma, appunto, larga parte del discorso di Epifani è coincisa con un affondo ai berlusconiani. “E’ chiara l’ipoteca che Berlusconi pone – dice – Non più un governo di pacificazione, ma un governo che deve avere un contenuto e un programma di parte, che sarebbe quella del centrodestra. Per noi il governo di servizio è altra cosa, traghettare il Paese” fuori dalla crisi. E deve stare attento Letta perché “la caduta del governo mi pare fuori dall’orizzonte delle cose che possono convenire nell’ottica del centrodestra. Ma il rischio è quello di un logoramento, una fibrillazione continua, una minaccia e un ricatto continuo che si alterna alla blandizia. Non è accettabile”. Così il segretario democratico sottolinea: “Per mandare avanti un governo di servizio non è sufficiente la responsabilità di uno solo. Non siamo disponibili a rivedere lo stesso film. C’è un limite al trasformismo e all’opportunismo”. Chiaro il riferimento all’ultima parte della vita del governo Monti, caduto in anticipo dopo che il Pdl ritirò improvvisamente la fiducia prendendo a pretesto finale – dopo un lungo logoramento e continui litigi – la posizione tenuta dall’Italia sulla Palestina all’assemblea dell’Onu (laddove la politica estera non sembra proprio in cima ai pensieri e al programma del Pdl). Quindi Epifani chiede rispetto. Al pari di Berlusconi, i cui tanti difensori ricordano che rappresenta “10 milioni di elettori” (in realtà alle ultime elezioni furono 7), il leader del Pd ricorda che “noi rappresentiamo il primo partito del Paese, tanti cittadini che chiedono rispetto”.
Letta a Napolitano: “Avanti deciso, no a logoramento”
Sul tema del logoramento si è anche soffermato, secondo fonti dell’Ansa, anche lo stesso presidente del Consiglio Enrico Letta che nel pomeriggio ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale. Vado avanti – è stato il ragionamento del capo del governo – determinato a realizzare il programma su cui ho ricevuto la fiducia in Parlamento, con l’obiettivo di risolvere i problemi del Paese; e ciò vuol dire che non ho nessuna intenzione di farmi logorare da veti incrociati e continui ultimatum. Il capo dello Stato sarebbe stato persuaso della necessità, sottolineata da Letta, che il governo debba dare risposte ai problemi irrisolti del Paese. Letta ha voluto spiegare a Napolitano il senso delle sue ultime esternazioni ed in particolare di quelle sulla volontà di non farsi logorare dalle tensioni e dai continui ultimatum delle forze politiche che rischiano di paralizzare l’attività dell’Esecutivo. Il tutto per rimarcare la sua ferma volontà a “fare”, non a “restare” a tutti i costi, come detto più volte pubblicamente. Posizione che, secondo le stesse fonti, il capo dello Stato avrebbe pienamente compreso apprezzando l’atteggiamento concreto del premier che sta lavorando su vari dossier interni e internazionali.
Mentre sotto il profilo strettamente economico il ministro Fabrizio Saccomanni commenta così il confronto serrato tra Pd e Pdl sull’Iva: “Si tratta, a questo punto, di un problema complessivamente più politico che di finanza pubblica. A nessun ministro delle Finanze fa piacere aumentare le tasse, ma qualche volta è necessario farlo. Lo valuteremo nell’ambito del governo”.
Congresso, proposta di data: 8 dicembre
Ma l’assemblea (che terminerà sabato 21) servirà soprattutto a indicare la data del congresso e soprattutto le regole per scegliere il prossimo segretario, il successore di Epifani. La sua proposta (che dovrà essere ratificata dall’assemblea e eventualmente ufficializzata dalla presidenza) è quella dell’8 dicembre. “Il nostro orizzonte resta quello di una scommessa di cambiamento per il Paese. Per questo abbiamo bisogno di un congresso che sappia parlare al Paese e non guardi al nostro interno”. Ancora in alto mare, invece, la situazione sulle regole, poiché la commissione interna non ha ancora terminato i lavori. L’intervento di Roberto Gualtieri sulle regole, previsto nel pomeriggio, dopo quello di Epifani, è stato rinviato. La decisione ha scatenato alcune polemiche tra i delegati che pensavano di discutere sulle regole già dal primo giorno di assemblea. L’accordo sulle regole infatti ancora non c’è: così un delegato, Paolo Cosseddu, prende la parola per protestare: “Mi sembra di assistere a una puntata di ‘Ai confini della realtà’ – dice dal palco – Sono venuto qui un giorno in anticipo per sentirmi dire che la commissione congresso sta ancora lavorando?”. Replica la vicepresidente Marina Sereni: “L’osservazione è del tutto ragionevole, ne siamo consapevoli e ce ne scusiamo. Il lavoro della commissione è stato più complicato del previsto, ieri per i lavori parlamentari i deputati sono dovuti stare in aula tutta la giornata. Poi tutti leggete i giornali e capite che è stato ed è faticoso trovare la sintesi”. Pippo Civati è furioso: “Avremmo già dovuto fare il congresso, non ci sono regole, i delegati non possono discutere di niente. Arriverà una relazione alle 18 senza dibattito. Discutiamo solo domattina su quello che ci diranno. Mi sembra una cosa a tratti scandalosa e stupida”.
Il confronto sulle regole: niente intesa
L’8 dicembre è stata evidentemente una scelta per mediare tra i sostenitori di Matteo Renzi – che chiedevano il primo dicembre – e quelli di Gianni Cuperlo – che chiedevano il 15. La commissione sulle regole presieduta da Epifani tornerà a riunirsi in serata, ma l’obiettivo di superare le divisioni sulla tempistica congressuale sembrerebbe raggiungibile, seppure con qualche difficoltà. Tra i punti da confermare nell’intesa: alle primarie per l’elezione del segretario potranno partecipare iscritti e non iscritti al Pd; il tesseramento sarà aperto anche nei giorni dei congressi di Circolo; i congressi regionali dovrebbero tenersi dopo l’elezione del segretario nazionale (su quest’ultimo tema potrebbe esserci il passo indietro dei renziani). Non ci sarà alcuna modifica dello statuto per superare l’automatismo tra ruolo il ruolo di segretario e quello di candidato premier per il centrosinistra: forse si voterà un ordine del giorno che da’ anche ad altri esponenti del Pd la possibilità di candidarsi alla premiership. Con quest’ultima soluzione si rende possibile la competizione tra Renzi, se diventerà segretario come indicano i pronostici, ed Enrico Letta. Chi vorrà candidarsi comunque dovrà dirlo entro 15 giorni. Renzi – presente in sala, in una delle ultime file – invece non commenta (“Aspettiamo”) cavandosela con qualche battuta. Ma sabato interverrà e potrebbe essere il discorso che lo lancerà alla corsa al vertice del Partito Democratico.