Come coordinatrice del Forum diritti del Pd di Milano, sono stata tra i primi firmatari di un documento che presenteremo alla direzione, prima, ed al congresso del partito poi, per riportare l’attenzione della politica sul tema dei diritti.
Si tratta di un documento di 15 punti: 15 inalienabili prerogative dell’essere umano che devono avere spazio nel dibattito in corso, affinché venga sancito un loro riconoscimento definitivo. Tra i proponenti dell’iniziativa, assieme a me, c’è Marco Palillo, del Forum dei diritti del Pd per i giovani democratici e molti altri esponenti della politica e della società civile.
In questo decalogo oltre a riportare l’attenzione sui diritti sacrosanti di categorie da sempre bistrattare, come coppie di fatto e omosessuali (che ancora attendono una risposta, che ahimè tarda ad arrivare), si riporta l’attenzione su altri principi inalienabili riguardanti la persona, come la possibilità di accedere ad un lavoro o come la libertà di esprimere il proprio pensiero.
Ed eccoci arrivati – dopo un lungo preambolo – al focus del mio intervento. A nessuna categoria di persone o di professionisti, può essere posto un limite sul fronte della libertà di espressione. Ecco quello che credo!
Invece, lo scorso 11 settembre, la Commissione Giustizia del Senato, ha dato il suo “ok” al disegno di legge – primo firmatario il Senatore del Pdl Nitto Francesco Palma – relativo a “Disposizioni in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati e di trasferimento d’ufficio”.
Nel provvedimento si configura un possibile procedimento disciplinare per i magistrati che con dichiarazioni o comportamenti fanno trasparire “mancanza di imparzialità e d’indipendenza di giudizio”. Illecito viene considerato – all’art. 1 – “ogni altro comportamento idoneo a compromettere gravemente l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza, nel contesto sociale o nell’ufficio giudiziario in cui il magistrato esercita le proprie funzioni”.
Si prevede anche che il magistrato possa essere trasferito d’ufficio nel caso in cui, “per qualsiasi situazione non riconducibile ad un comportamento volontario del magistrato”, non possa, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni “con piena indipendenza e imparzialità”.
Palma, che è stato ministro della Giustizia nel passato governo Berlusconi ed è oggi presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, può festeggiare il passo avanti fatto da un provvedimento per il quale si è cominciato a battere sin dal lontano 2011. Solo oggi, però, sotto l’egida del cosiddetto governo delle “larghe intese” sembra trovare una prima affermazione.
Questa, che potrebbe essere una nuova legge “contro” la magistratura, è passata in commissione con il voto favorevole di Pdl, Lega, Scelta Civica e dei dieci senatori del gruppo Grandi Autonomie e Libertà. Ma molti altri movimenti annunciano che in aula sarà battaglia totale e che il provvedimento sarà affossato.
Me lo auguro, perché è evidente che le “disposizioni” di Nitto Palma rappresentano più che altro una norma ”anti-Esposito”, ovvero un provvedimento per colpire tutti quei magistrati “non allineati”, come colui che in Cassazione ha giudicato Berlusconi sul caso Mediaset e che poi ha rilasciato un’intervista a “Il Mattino”, al centro di furibonde polemiche.
Sono sorpresa, più che altro, che nel voto al Senato vi sia stato anche il sostegno decisivo della Lega. Il Carroccio, in questi ultimi tempi, s’è sempre tirato fuori rispetto alle manifestazioni di piazza organizzate dal Pdl contro “magistrati faziosi” e una magistratura giudicata “ad orologeria”. Ma i Lumbard, evidentemente, in Parlamento non possono che “stare nei ranghi”, ecco qual è la loro funzione.
Tornando infine ai diritti e ai diritti inalienabili, per la nostra Costituzione il giudice non solo è una persona che ha tutte la libertà di esprimersi e di rende note le proprie opinioni, ma è un soggetto che ha solo un obbligo: quello di sottostare alla legge e a nessun altro.