Il microfono non collegato scoperto all'ingresso del tribunale riservato ai magistrati, aperta un'inchiesta. Intanto si moltiplicano le scritte minacciose contro i pm impegnati nelle inchieste delicate sull'area grigia intorno al boss Messina Denaro. Persino nell'ascensore di casa del procuratore Viola
Una cimice, inattiva, rinvenuta all’ingresso del Palazzo di Giustizia riservato a pm e e giudici, nuovi anonimi indirizzati ai magistrati dal contenuto tenebroso accompagnati da proiettili inesplosi, graffiti e scritte minacciose comparsi anche in luoghi non frequentati dai pm ma ad alcuni di essi destinati. Tutto questo accade a Trapani e già da qualche tempo. In questi giorni ci sono state alcune “repliche”. Intimidazioni che paiono finalizzati a creare tensione in questo ufficio giudiziario storicamente esposto nella lotta alla criminalità fatta dai “colletti bianchi”.
Intimidazioni che sembrano collocarsi nel puzzle di una serie di inchieste in corso, come quelle relative a malefatte nel mondo della sanità, a compravendita di voti ad Alcamo e a un maxi ammanco nella Diocesi di Trapani, dalle quali viene fuori l’esistenza di raffinate regie che per anni tra politica e mafia hanno mosso in modo illecito interessi pubblici e privati. Inchieste per le quali è alto il numero degli indagati, tra questi politici e professionisti.
Sui nuovi episodi intimidatori c’è l’assoluto “no comment” del procuratore Viola e dei magistrati. La scoperta della cimice collocata all’ingresso riservato a pm e giudici risale a luglio scorso ma la notizia si è appresa solo oggi. Su questo episodio indaga la Procura di Trapani e viene mantenuto il più completo segreto anche su chi abbia scoperto la microspia. Escluso che si tratti di un carabiniere come riportato da alcune agenzie di stampa. Una cimice che non poteva funzionare perché priva di un alimentatore.
Sul resto delle “intimidazioni” indaga invece la Procura di Caltanissetta. Nuove scritte minacciose sono comparse ancora nell’ascensore dell’abitazione palermitana del procuratore Viola. In parte scritte con un pennarello, altre scritte con un punteruolo, la cosa che inquieta un po’ è quella che è anche uno scritto fatto con qualcosa di appuntito quello scoperto domenica scorsa all’interno di un supermercato di Castelvetrano, la città del boss Matteo Messina Denaro. Un “graffito” molto simile a quello comparso nei luoghi frequentati dal procuratore Viola, e però il destinatario del messaggio minaccioso era in questo caso il pm Tarondo, il magistrato che si sta occupando di sequestri e confische di beni, di processi delicati, come quello contro il senatore D’Alì e i contatti con la mafia dei Messina Denaro.
Non è una novità scoprire che poteri forti e occulti riescono a muoversi bene negli ambienti giudiziari a Trapani. Nel tempo periodicamente ci sono state indagini che hanno fatto scoprire l’esistenza di ” terminali” negli uffici giudiziari a contatto con soggetti mafiosi o comunque appartenenti alla cosiddetta “area grigia”. Forse le indagini oggi in corso a Trapani si stanno nuovamente avvicinando a questi contesti e c’è chi perciò cerca di mettere paura a chi indaga.