L'ex comandante della nave insiste: "Detti un ordine che fu eseguito solo dopo 13 secondi: con quella manovra non avremmo urtato". Ma i periti lo smentiscono: "L'impatto ci sarebbe stato ugualmente e dopo lo schianto fu impossibile qualsiasi manovra d'emergenza"
L’ex comandante della Costa Concordia ci riprova: la colpa del naufragio dell’isola del Giglio, secondo Francesco Schettino, è del timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin che non eseguì un ordine impartito dal capitano. O perché non capì o perché non ebbe sufficienti riflessi: resta che non eseguì il comando immediatamente, ma solo dopo 13 secondi. Il motivo della sciagura che ha portato alla morte di 32 passeggeri (e ci sono ancora due dispersi) è dunque tutto qui, secondo l’ex capitano della nave da crociera. Schettino è lo stesso che abbandonò la nave diverse ore prima che i passeggeri fossero tutti in salvo e che ai ripetuti inviti della Capitaneria di porto di Livorno di risalire a bordo per coordinare i soccorsi rispose con mezze parole e poi al contrario si tolse definitivamente di mezzo, salendo sugli scogli vicini al porto del Giglio. Quindi la responsabilità è del timoniere, secondo Schettino e i suoi avvocati. Ma è una ricostruzione smentita dai periti del tribunale che nel 2012 effettuarono l’incidente probatorio sulla Costa Concordia: “Il timoniere ritardò la manovra di 13 secondi – ha spiegato ai giudici di Grosseto l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, comandante dell’Accademia Navale di Livorno – ma l’impatto ci sarebbe stato ugualmente”. Il collegio ha proposto tre domande precise ai periti: quanto incise nel naufragio della Costa Concordia l’errore del timoniere nell’esecuzione dell’ordine di Schettino, quanto incise l’avaria ai generatori di emergenza sugli altri apparati della nave (timoni, ecc.) e come funzionarono le pompe di emergenza e le porte stagne. Il presidente del tribunale Giovanni Puliatti ha specificato che non si tratta di ripercorrere l’intero incidente probatorio ma di avviare la discussione in aula tra le parti su questi punti.
Schettino: “Schiaffo contro lo scoglio per colpa dell’errore del timoniere”
Schettino è intervenuto per la prima volta in aula al processo che lo vede imputato per omicidio colposo plurimo, lesioni e disastro colposi, abbandono di incapace a bordo e mancate comunicazioni alle autorità (rischia fino a 20 anni di cacere): “Nel momento in cui ho chiesto al timoniere di mettere i timoni a sinistra, l’errore è stato di non farlo, in quel momento la nave aveva un’accelerazione a destra. Se non ci fosse stato l’errore del timoniere, di non posizionare i timoni a sinistra, ovvero l’errore di scontrarsi, cioè di evitare la derapata non ci sarebbe stato quello schiaffo”.
Schettino – che finora non ha mai mancato un’udienza del processo che lo riguarda e per tutta l’estate ha studiato le carte con i suoi legali – ha spiegato che con la manovra ordinata al timoniere intendeva “far ridurre la velocità angolare della poppa, favorendo l’avanzo (della nave, ndr) rispetto alla rotazione” davanti agli scogli. “Ma il timoniere non eseguì correttamente l’ordine, mise il timone al contrario e urtammo”. Con l’ordine di virare a sinistra, ha detto Schettino in un seconda dichiarazione spontanea in aula, “volevo ridurre la velocità angolare della poppa della Costa Concordia rispetto alla rotazione, ottenendo quindi una contro-rotazione, forse con un impatto più verso prua, certo con meno rotazione a destra. Addirittura se la nave si fosse fermata passava via liscia. Ma la manovra errata non lo permise”. “Mettere il timone a sinistra – ha proseguito Schettino nella sua spiegazione – significava mettere velocità angolare della prua quindi l’avanzo sarebbe stato privilegiato rispetto al moto rotatorio” verso destra, che la faceva scodare di poppa verso la prua. Schettino, in sostanza, evidenziando l’errore del timoniere indonesiano, ha voluto dire che tentò di allineare la nave agli scogli, cercando di rimetterla in parallelo, comunque attenuando il più possibile l’angolo di impatto che si stava delineando di lì a poco. Ma l’errore al timone, secondo l’ex comandante, vanificò questo tentativo.
I periti del tribunale: “Dopo l’impatto nessun altro ordine”
I periti del tribunale smentiscono che l’errore del timoniere indonesiano sia stato decisivo perché in 13 secondi non sarebbe cambiato niente. Ma non solo. Il lavoro dei periti ha approfondito anche ciò che accadde la sera del 13 gennaio 2013 in plancia di comando. Innanzitutto “dall’esame del Vdr (la scatola nera, ndr) non risulta che siano stati dati ordini per correggere i timoni, che sono sempre stati virati a dritta con l’angolo massimo di 35 gradi. I timoni erano ingovernabili e non ci furono manovre alternative“. Schettino si è sempre difeso dicendo che aveva compiuto una manovra dopo l’impatto per avvicinare la nave al porto. Circostanza sempre definita impossibile dagli inquirenti della Guardia costiera di Livorno perché non solo il timone è sempre rimasto bloccato a dritta, cioè verso destra, ma la nave era ormai ingovernabile per qualsiasi manovra alternativa.
Secondo quanto riferito dai periti in tribunale “il generatore d’emergenza della Costa Concordia non funzionò”, ma questa avaria “non ha avuto influenza alcuna sull’evento. I timoni rimasero sempre a 35 gradi e la nave era comunque ingovernabile: non erano possibili manovre alternative”. Sempre secondo i periti il generatore è comunque ininfluente a dare propulsione alla nave e a determinare il movimento dell’elica. “Non abbiamo riscontrato la causa dell’avaria”, hanno anche detto i periti, “abbiamo constatato che ci furono dei surriscaldamenti che causarono il blocco dell’impianto ma non ne abbiamo determinato la causa”. Ai periti del gip è anche risultato che “le verifiche periodiche” previste “non siano state fatte”.
I legali dell’ex comandante: “Sopralluogo sul relitto”
Schettino ha sempre negato le accuse e, nel corso dell’ultima udienza di luglio, aveva chiesto al giudice nuove perizie sul relitto, per provare il mancato funzionamento del sistema di rilevazione di ostacoli della nave al momento dello schianto contro le rocce. “Fare una perizia a bordo della Concordia è ora possibile – ha ribadito l’avvocato Francesco Pepe – Parti della nave sono venute a galla e ci si può cominciare a lavorare. Già dalla fase istruttoria chiediamo di poter effettuare direttamente nostre perizie sulla nave. Potremo accertare la verità e capire quanto accaduto solo dopo una serie di nuove perizie su apparati come, per esempio, i generatori di emergenza, le porte stagne, il funzionamento dei bracci delle scialuppe di salvataggio” e altri. Insomma un sopralluogo sulla nave che, sottolinea Pepe, sarebbe il primo, ma durante l’udienza preliminare è già stato effettuato un accurato incidente probatorio che secondo quasi tutte le altre parti nel processo è già esaustivo. Sul punto comunque dovrà decidere comunque il tribunale.
La procura generale di Firenze impugna i patteggiamenti
Nel frattempo la procura generale di Firenze ha impugnato i 5 patteggiamenti di altrettanti ex imputati di Schettino per il naufragio della Concordia: gli ufficiali di bordo Ciro Ambrosio e Silvia Coronica, il timoniere Jacob Rusli Bin, Roberto Ferrarini, capo dell’unità di crisi di Costa, e Manrico Giampedroni, direttore dell’hotel di bordo. I cinque avevano patteggiato pene fino a due anni e 10 mesi. “Apprendo ora di questa iniziativa della Procura generale, essa fa parte della fisiologia del sistema giudiziario – ha detto il procuratore capo di Grosseto Francesco Verusio – Siamo comunque fiduciosi che sarà dimostrata la correttezza del nostro operato”.