“Lo sciopero della fame è un metodo estremo, ma sono certa che è l’unico per uscire da questa situazione, perché la direzione del carcere rifiuta di ascoltarmi”. Così Nadezhda Tolokonnikova, leader del gruppo punk delle Pussy Riot, spiega in una lunga lettera aperta la sua decisione di avviare a partire da lunedì, 23 settembre, uno sciopero della fame a oltranza. Nadia lo fa per protestare contro le condizioni da gulag sovietico della sua detenzione. Ma anche per opporsi alle minacce di morte del vice direttore della colonia penale numero 14 in Mordovia in cui sconta la sua condanna a due anni di carcere. Come racconta nella lettera, inizia a lavorare alle 7.30 del mattino, con turni fino a 16-17 ore al giorno, per cucire uniformi della polizia. “Nel migliore dei casi, dormiamo quattro ore a notte”, scrive. “Abbiamo un giorno di pausa ogni sei settimane. Quasi tutte le domeniche sono di lavoro”, racconta Nadia. Mentre alcune cose che dice la Pussy Riot rievocano i peggiori metodi del regime comunista descritti nell’Arcipelago Gulag di Aleksandr Solzhenicyn: “I detenuti sono costretti a chiedere per iscritto di poter lavorare i fine settimana sottolineando che è una loro scelta”, denuncia Nadia.
Tolokonnikova denuncia come le sue compagne di carcere vengano regolarmente picchiate sul viso o sui reni da altre detenute “mai senza che le autorità carcerarie ne siano a conoscenza e abbiano approvato l’azione”. A lei questo non è ancora capitato per via della notorietà del suo caso, precisa. In altre forme di punizione non ufficiale, viene impedito a una detenuta di andare ai bagni per un’intera giornata – anche questa una tortura descritta da Solzhenicyn – o viene costretta a rimanere all’esterno durante l’inverno. Di recente, il vice direttore della prigione le aveva detto che se voleva poteva lavorare otto ore al giorno, come aveva chiesto Nadezhda a nome della sua brigata di lavoro, a condizione di mantenere la quota di produzione stabilita, a rischio di essere punita. “E se le tue compagne di carcere scoprono che sono state punite a causa tua, smetterai di sentirti male, perché da morta non ti puoi sentire male”, le aveva detto.
Tolonnikova è stata condannata per essersi esibita in una performance anti Putin nella cattedrale di Cristo il Salvatore nel febbraio del 2012. La seconda Pussy Riot in carcere Maria Alyokhina era stata undici giorni in sciopero della fame contro la decisione delle autorità carcerarie di impedirle di essere presente a una audizione sulla sua richiesta di libertà condizionale e aveva posto termine alla protesta dopo che alcune delle richieste sulla sua detenzione erano state soddisfatte. Il responsabile del sistema penale della regione della Mordovia Gennadi Morozov ha negato come “assurde” le accuse. “La giornata di lavoro nella colonia numero 14 è di otto ore, come previsto dal diritto del lavoro. Le donne lavorano fino alle 4.30. E’ sempre stato così e non c’è stato alcun cambiamento”.