Scontro politico sui cosiddetti "food stamps". La nuova legge (che nega i fondi a chi non ha un lavoro) è stata voluta dai repubblicani. Protestano i leader religiosi e i democratici promettono battaglia al Senato. Intanto una ricerca di Berkeley rivela: "In 4 anni sempre più differenze tra ricchi e poveri"
Non la guerra alla povertà, ma la guerra sulla povertà. E’ quello che sta accadendo nel mondo politico Usa, dopo che una legge votata dalla Camera, a maggioranza repubblicana, taglia drasticamente il numero di americani che possono accedere ai buoni alimentari. Una ricerca della University of Berkeley rivela intanto che mai, negli ultimi decenni, il divario tra ricchi e poveri negli Stati Uniti è stato così largo. In altre parole: il lascito di un presidente democratico come Barack Obama all’America potrebbe essere quello di una disuguaglianza ancora più marcata rispetto al passato.
Lo scontro politico sui food stamps è arrivato in coincidenza con quello sull’innalzamento del tetto del debito e ha avuto minor clamore su giornali e televisioni. In realtà, nelle prossime settimane, repubblicani e democratici, troveranno una nuova ragione di polemica proprio sulla questione di chi può godere degli aiuti federali per fare la spesa e comprarsi da mangiare. La Camera ha approvato una misura – 217 voti contro 210 – che riduce di 40 miliardi di dollari i finanziamenti al Supplemental Nutrition Assistance Program, il programma di aiuto alimentare per i poveri. E’ stato calcolato che almeno 3 milioni e 800mila americani verranno nei prossimi mesi privati dei finanziamenti. Altri due milioni e 800 mila potrebbero vedersi tagliare gli aiuti nei prossimi dieci anni.
Tra i modi scelti per negare i fondi ci sono una serie di nuovi obblighi burocratici, oltre alla necessità di procurarsi un lavoro per ottenere i buoni. La misura è stata a lungo invocata da molti settori conservatori e repubblicani, che considerano gli aiuti un modo per far sprofondare i poveri in un’inedia ancora più fatale, de-responsabilizzandoli e facendoli dipendere esclusivamente dall’aiuto dello Stato. Sulla sponda opposta si trovano i democratici, che promettono battaglia per non far passare i tagli immaginati dai repubblicani. Un gruppo di democratici, insieme ad alcuni attivisti e leader religiosi, ha anche provato a vivere per una settimana con l’equivalente della somma percepita dal governo attraverso i buoni alimentari: 4,39 dollari al giorno. Con questa cifra, il senatore Chris Murphy ha perso due chili in quattro giorni.
Ciò che preoccupa di più, a questo punto, è che il taglio dei food stamps peggiori in modo irreversibile le condizioni di vita di milioni di americani, che proprio grazie ai buoni – per quanto esigui – sono riusciti in questi anni a procurarsi qualcosa da mangiare. Nonostante i segnali di ripresa, e la riduzione della disoccupazione al 7,8% (era il 9,1% nel 2011), l’economia americana resta fragile. Il reddito medio di una famiglia americana non sale, come dovrebbe in una fase di ripresa economica, e resta a 51.017 dollari. Secondo l’Agricoltural Department, 17 milioni di americani nel 2012 hanno avuto giorni in cui mancavano della disponibilità economica per fare la spesa. Alla sera, dunque, la loro tavola è restata vuota. E il Census Bureau ha annunciato che 46,5 milioni di americani, pari al 15% della popolazione, vive sotto il livello di povertà. Il taglio ai buoni alimentari rischia dunque di accelerare la discesa nell’indigenza di milioni di persone.
La battaglia sui food stamps arriva proprio nei giorni in cui il mondo economico e politico riflette su una nuova ricerca della University of California, Berkeley, “Striking it Richer. The Evolution of Top Incomes in the United States”. Il rapporto, frutto delle ricerche di due economisti, Emmanuel Saez e Thomas Piketty, rivela che le differenze di reddito tra ricchi e poveri si sono negli ultimi quattro anni approfondite; in compenso, l’arricchimento dei settori più abbienti non ha avuto ricadute positive in termini di aumento della produzione e dei posti di lavoro. Tra il 2009 e il 2012, l’1% più ricco degli americani ha aumentato il proprio reddito annuale del 31,4%. Il restante 99% ha visto salire le proprie entrate dello 0,4. La ricerca mostra che l’1% in cima alla scala sociale si è accaparrato il 95% della ricchezza prodotta nei quattro anni considerati. La Great Recession seguita al 2008 ha dunque arricchito enormemente, e non impoverito, i più ricchi. A differenza dagli anni successivi alla Great Depression, quando F.D. Roosevelt mise in atto politiche volte a limitare la concentrazione di ricchezze, gli ultimi quattro anni hanno visto un incremento enorme nelle concentrazioni. Secondo il rapporto della University of California, era dal 1917 – con l’eccezione del 1928 – che negli Stati Uniti il divario tra ricchi e poveri non era così ampio.