I militanti di Greenpeace che erano sul rompighiaccio Arctic Sunrise non sono “pirati” ma hanno “violato la legge internazionale” poiché hanno “tentato di impadronirsi della piattaforma” petrolifera artica russa. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin, commentando per la prima volta la vicenda degli attivisti di Greenpeace che la settimana scorsa avevano tentato di salire a bordo della piattaforma petrolifera Prirazlomnaya di Gazprom nell’Artico per protestare contro le trivellazioni. Contro di loro è stata aperta in Russia un’inchiesta per pirateria. L’ha annunciato il 24 settembre Vladimir Markin, portavoce della Commissione investigativa russa. Lo stesso dicastero, conosciuto come la Fbr russa, dove erano stati imbastiti i processi contro i partecipanti alla protesta svoltasi alla viglia dell’insediamento di Vladimir Putin per il terzo mandato presidenziale. Il reato di pirateria, contestato agli attivisti dell’organizzazione ambientalista, prevede fino a 15 anni di carcere. Gli attivisti dal 25 settembre si trovano in custodia cautelare in centri di detenzione provvisoria a Murmansk, città dell’estremo Nord russo, e nei dintorni. Dove sono stati trasferiti dopo che alcuni di loro erano stati sottoposti ad un’interrogazione durata fino all’1 di notte. Tra di loro c’è anche un militante italiano, si chiama Cristian D’Alessandro ed è originario di Napoli. E’ stato fermato dalle autorità russe insieme ad altri 29 militanti di Greenpeace provenienti da vari paesi e membri dell’equipaggio della nave Arctic Sunrise, dopo le proteste contro le trivellazioni offshore nell’Artico. Gli attivisti verranno perseguiti “indipendentemente dalla loro nazionalità” perché secondo le autorità violato la legge russa all’interno della zona economica esclusiva del Paese, ha detto il portavoce della Commissione investigativa. I militanti ecologisti, accusati di pirateria, sono tutti stranieri, tranne quattro russi. Greenpeace difende i suoi attivisti: “La nostra nave si trovava in acque internazionali ed è stata abbordata illegalmente”.
Il rompighiaccio battente bandiera olandese, su cui si trovavano gli attivisti, è stato prima preso d’assalto da persone armate scese da un elicottero e poi rimorchiato dalla guardia costiera russa per tre giorni, attraverso il Mare di Barents, nella direzione del porto di Murmansk. E’ giunto nello scalo il 24 settembre. Attualmente il rompighiaccio è ancorato alla baia di Kulonga, vicino a Severomorsk, porto che ospita la flotta settentrionale russa, a 25 chilometri a nord della stessa Murmansk. Una quindicina di rappresentanti diplomatici di ambasciate e consolati di altrettanti Paesi, tra cui l’Italia, è salita a bordo della nave Arctic Sunrise per incontrare i propri connazionali. “Cristian D’Alessandro sta bene, è in ottime condizioni fisiche e psicologiche”, ha riferito all’Ansa il console generale di San Pietroburgo Luigi Estero, dopo che il suo vice ha incontrato il giovane a bordo della nave. “Cristian ha riferito di non aver subito alcun maltrattamento e di voler rassicurare la famiglia”, ha aggiunto il console generale. Il giovane ha ribadito il carattere pacifico del blitz contro la piattaforma petrolifera e ha precisato di essersi imbarcato con un regolare contratto da marittimo, che scade a novembre.
Non è chiaro quanti militanti rischino l’accusa di pirateria, che oltre a una pena detentiva comporta una multa di 500mila rubli (circa 11.600 euro). Due degli attivisti avevano cercato di arrampicarsi sulla piattaforma Prirazlomnaya, mentre altri li assistevano a bordo di piccoli gommoni. “Quando un’imbarcazione straniera piena di attrezzature tecniche di cui non si conosce l’utilizzo e un gruppo di persone che si definiscono membri di un’organizzazione ambientalista cercano niente meno che di fare un blitz contro una piattaforma per trivellazioni, allora sorgono dubbi logici sulle loro intenzioni”, ha detto il portavoce della Commissione investigativa. Gli attivisti, ha dichiarato, hanno costituito una minaccia per il lavoro della piattaforma. “Simili attività non soltanto violano la sovranità di uno Stato, ma potrebbero anche essere una minaccia per la sicurezza ambientale dell’intera regione”, si dice nella nota sul sito della Commissione firmata da Markin. Una fonte diplomatica ha detto che nei primi interrogatori degli attivisti di Greenpeace che hanno partecipato al blitz contro la prima piattaforma petrolifera artica russa non è stata contestata la pirateria ma la violazione di alcuni articoli del diritto amministrativo russo. In tal caso si ridimensionerebbe il quadro accusatorio iniziale evocato dal portavoce del comitato investigativo russo, almeno per i militanti che non hanno partecipato al tentativo di scalare la piattaforma.
Greenpeace sostiene invece che, ai sensi del diritto internazionale, le autorità russe non avessero il diritto di salire a bordo di Arctic Sunrise. Un attivista del gruppo ha raccontato ad Associated Press che agenti della guardia costiera hanno picchiato e preso a calci alcune persone che si trovavano a bordo dell’imbarcazione. Greenpeace ha fatto sapere che gli attivisti che si trovano su Arctic Sunrise provengono da: Argentina, Australia, Brasile, Regno Unito, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Olanda, Nuova Zelanda, Polonia, Russia, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina e Stati Uniti. L’associazione ambientalista contesta e respinge le accuse di pirateria elevate contro gli attivisti della nave Arctic Sunrise. Secondo Mikhail Kreindlin, portavoce russo di Greenpeace, le accuse sollevate contro gli attivisti sono assolutamente infondate. “L’articolo 227 del codice penale sulla pirateria indica una caratteristica qualificante perché possa configurarsi l’ipotesi di reato: la cattura di una nave con l’uso della violenza, al fine di appropriarsi di proprietà di qualcun altro”. Mentre gli attivisti arrestati non hanno messo in atto azioni che “possano rientrare nell’ambito previsto dall’articolo del codice contro la pirateria”, ha spiegato Kreindlin che è anche un esperto di diritto ambientale. I rappresentanti di Greenpeace arrivati a Murmansk sostengono che non siano finora riusciti a contattare gli attivisti arrestati.