In effetti l’Oceano Indiano, il Mar Rosso, i Sargassi, il mare di Celebes…tutti bei posti, indubbiamente. Emozionanti, colmi di forme di vita curiose e mai viste prima. Ma a quanto sia bello il mare di casa nostra avete mai pensato? E’ un po’ profondo, d’accordo, l’acqua non è mai calda come quella equatoriale, i colori al largo sono di tonalità più vicina all’inchiostro che al turchese, è tutto vero. Ciò non toglie che sia ugualmente affascinante, sorprendente e financo misterioso!
Con la fine dell’epoca feriale dei vacanzieri e la conseguente calma che torna ad avvolgere le nostre località balneari, si può godere di panorami subacquei e non che non hanno nulla da invidiare alle esotiche mete dai nomi evocativi di avventure salgariane e (spesso, ahinoi!) costi iperbolici.
Consentitemi un filo di campanilismo e rimaniamo nei pressi di casa mia: l’Arcipelago toscano, con le sue isolette disposte in bell’ordine in guisa di ventaglio di fronte alla costa, da Gorgona a nord a Giannutri a Sud. Su quanto siano belle le spiagge, nella loro varietà da scoglio a sabbia finissima, frutto di milioni di anni di lavori e attività magmatiche, vulcaniche o sedimentarie (faccio un po’ la scienziata ma in realtà mi sono documentata bene per non fare subito figurette!) si è detto, scritto e pensato pressoché tutto. Ma di quanto siano spettacolari i fondali sembra si parli solo in ambiti di “addetti ai lavori” ed è un peccato. Perché se certe informazioni riuscissero ad arrivare anche a chi non pratica attività subacquee, magari il settore riceverebbe un piccolo impulso, magari l’ambiente riceverebbe un occhio di riguardo in più, magari un sacco di cose…
Ma torniamo ai posti belli. Si diceva che oltreché sopra, anche sotto al mare certe isolette toscane sono paradisi da esplorare. Adeguatamente attrezzati, certo, non aspettiamoci le temperature delle acque caraibiche, si possono provare esperienze ed emozioni incomparabili.
Ricordo ancora la prima volta che misi la testa sott’acqua intorno all’isola di Capraia. Forse dovrei premettere che da allora è uno dei miei posti preferiti al mondo, e sicuramente la località per immersioni che prediligo nella porzione di Tirreno che i dotti chiamano “Mar Ligure”. Ma se ve lo dicessi pensereste ch’io sia di parte quindi non ve lo dico. Anzi, cancellate quanto letto finora, grazie. Insomma mi ricordo ancora la prima volta che mi sono tuffata nelle acque blu cobalto della Secca del Turco. Uno sfacelo di pesci, grandi, pasciuti, felici e per nulla timidi! Il grado di visibilità veramente eccellente, considerando soprattutto che sottocosta nel capoluogo, fra le scadute del Libeccio, quando piove, quando tira Scirocco, quando questo e quando quello, è raro vedere oltre i pochi metri davanti a sé.
E invece le isole hanno questa benedizione, sono climaticamente più fortunate, di solito non hanno corsi d’acqua che scaricano in mare fango e detriti, e per una lunga serie di motivi le condizioni, là sotto, sono quasi sempre migliori che sulla terraferma. E Capraia ne è, appunto, l’esempio lampante.
Le sue attrazioni viventi, talvolta addirittura battezzate dai locali, quali la rana pescatrice a dimensione Enterprise, e la cernia Pippo, entrambe stanziali nelle vicinanze del relitto dell’aereo (ossia i poveri resti di una carlinga di idrovolante tedesco da ricognizione Arado, inabissatosi nelle acque isolane nel 1943) sono ormai membri effettivi della comunità capraiese, con regolare cittadinanza, permesso di soggiorno e tutto il resto.
Ci sono tanti altri posti, lì nei pressi, degni di nota, si sa. Un sacco di altre isole, più o meno agibili, più o meno vicine, più o meno avvicinabili. Ma il fascino della sassosa Capraia, per quanto mi riguarda, è siderale.
In queste splendide giornate settembrine, per chi ne ha la fortuna, visitare l’Arcipelago toscano è un’esperienza ai confini del misticismo. La scelta può cadere su una moltitudine di località, anche se, per quanto mi riguarda, non germoglia in me il seme della curiosità morbosa, e non mi aggiro curiosa intorno ai relitti della discordia. Ma comunque, di qua o di là, di su o di giù, fatecelo un salto da quelle parti. E, soprattutto, fateci “un tuffo”.