Erano il fiore all’occhiello del paese. Oggi le terme liberty di Castrocaro sono in saldo e si avviano alla totale privatizzazione. La società che gestisce lo stabilimento termale e le sue pertinenze ha chiuso il bilancio del 2012 con una perdita di esercizio di quasi 330 mila euro e ora il Comune si appresta a uscirne. La dead line per la cessione delle quote di Terme di Castrocaro spa è il 30 settembre. Lo prevede il decreto legge 78/2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” che obbliga alla “dismissione, mediante liquidazione o cessione delle partecipazioni, delle società partecipate dai Comuni aventi popolazione inferiore a 30 mila abitanti”. A contestare la privatizzazione è il Comitato per la salvaguardia delle terme, composto da forze politiche, sindacali e di rappresentanza economico sociale, per cui la strada imboccata è quella della vendita di un bene pubblico, identitario per la collettività, senza alcuna garanzia di mantenere l’occupazione.
Oggi solo il 51% della società termale è di proprietà pubblica: il Comune detiene il 30,6%, Regione e Provincia di Forlì-Cesena rispettivamente il 10,2%. Il restante 49% (se si eccettua lo 0,003% della Terme di Agnano spa) è della Salsubium spa, a cui è stata affidata la gestione della struttura fino al 2023. La società, con un capitale di 5 milioni di euro, è detenuta al 98% dal gruppo Villa Maria spa dell’imprenditore forlivese Ettore Sansavini.
Se il Comune di Castrocaro è obbligato a sbarazzarsi delle sue partecipazioni da un provvedimento governativo, non lo sono Provincia e Regione, che però intendono seguire a ruota il sindaco del Pd Luigi Pieraccini e la sua giunta. Claudio Torrenzieri, presidente del comitato per la salvaguardia delle terme, invita anzitutto a non prendere decisioni affrettate e ricorda una recente lettera con la quale il presidente dell’Anci Piero Fassino ha richiesto al ministro per gli affari regionali Graziano Delrio una proroga, almeno fino al 31 dicembre, del termine per la dismissione delle partecipate nei Comuni minori, sottolineando “la necessità di una revisione della norma che consenta di preservare le specificità settoriali, inclusa la gestione dei servizi pubblici locali”.
Il 2 aprile 2013 la Regione ha deliberato la dismissione delle sue quote dalla spa delle terme, ma la sua partecipazione alla società di Castrocaro (come a quella di Salsomaggiore) è regolamentata da una legge interna che recita: “La Regione è autorizzata a cedere a titolo gratuito, rispettivamente, alla Provincia di Parma e alla Provincia di Forlì-Cesena il 50% delle partecipazioni azionarie del capitale sociale delle società Terme di Salsomaggiore spa e Terme di Castrocaro spa”. Quindi, secondo l’interpretazione di Torrenzieri, la Regione non avrebbe il potere di cedere oltre il 50% di partecipazione, ma soprattutto non potrebbe vendere a soggetti diversi da quelli individuati dalla norma.
Anche la Provincia vuole cedere le sue quote. Nel 2010 invece erano da preservare, come stabilì un piano di ricognizione delle società partecipate. La posizione in merito è mutata con la delibera 62 del 29 aprile 2013, dalla quale si evince che la cessione “possa procurare una cospicua entrata”, da destinare a Castrocaro e all’area limitrofa. Non esiste però nessun atto di indirizzo che vincoli tale somma al territorio. La rassicurazione è affidata solo a un comunicato stampa congiunto, diramato a seguito di un incontro con i sindacati, del vicepresidente Guglielmo Russo e del sindaco Pieraccini.
Giace come lettera morta il parere di Carla Di Francesco, direttore della Soprintendenza per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna. I 3 enti pubblici sembrano determinati a vendere le loro partecipazioni, nonostante la sovrintendente ne abbia dichiarato l’inalienabilità, fino alla conclusione della procedura di verifica dei beni mobili e immobili della Terme di Castrocaro spa, come previsto dall’articolo 12 del parere del Consiglio di Stato 4/2011, che equipara le spa pubbliche (e le terme di Castrocaro hanno questa caratteristica) agli enti pubblici. “Il Comune -chiosa Torrenzieri- sostiene che il parere espresso non lo riguardi e che si tratti di un problema dell’azienda terme. Ritiene inoltre errata la direttiva del Consiglio di Stato sulla natura delle spa pubbliche, in quanto considera la spa Terme di Castrocaro privata e non di interesse pubblico”.
La partita sulla privatizzazione, per le tre sigle sindacali Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs, rischia di avere una ripercussione negativa sui lavoratori delle terme. Maria Giorgini della Cgil racconta la “paura” che stanno vivendo i 100 rimasti, tutti stagionali, alcuni di loro in azienda da 25 anni: “La situazione è critica dal 2010, quando è stato disdettato il contratto integrativo aziendale. Ora chiediamo garanzie di salvaguardia dell’occupazione e del patrimonio pubblico, che ci sono state date solo a parole: Comune e Provincia si sono impegnati a inserirle nel bando europeo. La Regione poi, che è l’interlocutore di maggior peso, ha disertato l’ultimo incontro”. “La verità -conclude Giorgini- è che al netto della crisi del termalismo, Sansavini, l’amministratore delegato di Salsubium, ha fatto investimenti sbagliati. Ha tenuto in piedi lo stabilimento ma piano piano lo sta facendo morire e questa lenta moria potrebbe costituire la spinta definitiva alla privatizzazione”.
Intanto in questi ultimi giorni è stato convocato il consiglio di amministrazione di Terme di Castrocaro spa per un aumento di capitale scindibile al fine di reperire circa 8 milioni di euro, necessari a un ennesimo piano di rilancio. Considerata la mancanza di liquidità degli enti locali, la richiesta potrebbe avere come conseguenza l’aumento della percentuale del socio privato Salsubium spa oltre il 51%, ultimando così un processo di privatizzazione iniziato nel 1999.