Si è chiuso a Chiba, un sobborgo della capitale giapponese, il Tokyo Game Show 2013, l’ultima grande fiera videoludica che, dopo E3 e Gamescom, conclude il periodo dei grandi annunci e apre la stagione invernale, da sempre la più intensa per quanto riguarda le nuove uscite.
Se dal punto di vista delle novità il TGS 2013 non ha riservato enormi sorprese, la kermesse ha confermato il declassamento del mercato nipponico rispetto agli Stati Uniti e all’Europa. I tempi in cui le console uscivano mesi, o addirittura anni prima nel paese del Sol Levante sono ormai un ricordo lontano: sia Xbox One che PlayStation 4, le due nuove console di Microsoft e Sony, arriveranno nei negozi di Akihabara a febbraio 2014, quattro mesi dopo il loro debutto in Occidente (in Italia le date di lancio ufficiali sono 22 novembre per Xbox One e 29 novembre per PlayStation 4).
Nel complesso, ormai da qualche anno, le major giapponesi, che nei decenni passati dominavano il mondo dei videogiochi sia dal punto di vista estetico che da quello tecnico, sembrano aver perso contatto con il pubblico di massa rivolgendosi sempre più a una nicchia di estimatori disposti a scontrarsi con giochi spesso complessi, lunghissimi e ancorati a schemi ludici ormai superati. Non è un mistero che addirittura la saga di Final Fantasy, da sempre oggetto del desiderio di qualsiasi amante dei giochi di ruolo orientali, sia ormai in difficoltà con un quindicesimo capitolo ormai rimandato da anni (fu annunciato nel 2011 come spin-off di Final Fantasy XIII, poi rimandato a data da definirsi e infine ripresentato come Final Fantasy XV lo scorso anno), senza contare i fallimenti commerciali di giochi come Resident Evil 6 o le difficoltà finanziarie di Nintendo che, per la prima volta nella sua storia centenaria, ha chiuso due trimestri consecutivi con i bilanci in perdita.
Naturalmente non si tratta di casi isolati. Infatti l’intero settore videoludico giapponese sembra aver perso la sua capacità di sfondare all’estero, preferendo rincorrere un pubblico domestico sempre più concentrato e settoriale. In Giappone buona parte dei blockbuster occidentali non hanno alcun successo (addirittura la serie di GTA non ha mai sfondato), mentre molti titoli quasi sconosciuti in occidente riescono a piazzare milioni di copie. Un esempio classico è la saga di Monster Hunter, uno strano ibrido fra gioco d’azione online e offline in cui si devono cacciare degli enormi mostri, che in America ed Europa fa numeri interessanti ma non certo sconvolgenti, mentre nel paese del Sol Levante è stata in grado, da sola, di risollevare le altrimenti asfittiche vendite di PSVita (la console portatile di Sony).
Rimangono, com’è ovvio, alcune importanti eccezioni. Hideo Kojima con il suo Metal Gear Solid V è riuscito ancora una volta a stupire pubblico e critica, mentre Shinji Mikami, creatore dei primi quattro Resident Evil, tornerà finalmente all’horror con The Evil Within. Tuttavia, nel complesso, questo Tokyo Game Show ha portato con sé una serie di domande cui il mondo dei videogiochi giapponese dovrà presto dare una risposta se non vorrà condannarsi all’irrilevanza.
A cura di Nicolò Carboni