I parlamentari di Berlusconi minacciano - di fatto - la crisi. La mossa del Pdl per evitare di rimanere "prigioniero" di un documento vincolante firmato Letta con la supervisione di Napolitano: una sorta di "contratto delle larghe intese" con tutti gli impegni da portare a termine. Alfano, però, spiega che la compagine berlusconiana non è più disposta a gesti di responsabilità. Intanto Cavaliere, in attesa della scelta tra servizi sociali o domiciliari, sposta la residenza a Roma
Il Pdl minaccia la crisi e annuncia un’iniziativa clamorosa per evitare di rimanere “prigioniero” di un documento vincolante di Letta con la supervisione di Napolitano. La tensione nel partito di Berlusconi non è soltanto per gli assetti futuri della nuova Forza Italia, ma soprattutto perché ritorna prepotente la minaccia dimissioni di massa approvata “per acclamazione” da tutti i parlamentari berlusconiani, ministri inclusi, in caso di decadenza del leader. Silvio Berlusconi vede avvicinarsi sempre di più la data del 15 ottobre quando dovrà dire se vuole essere affidato ai servizi sociali oppure se scegliere gli arresti domiciliari perché bisognerà eseguire la pena a un anno per frode fiscale (tre sono stati condonati per indulto, l’interdizione dei pubblici uffici dovrà essere rideterminata) dopo la condanna definitiva nel processo Mediaset. E in vista di questo appuntamento che il Cavaliere, come ha anticipato l’agenzia Radiocor, ha cambiato residenza portandola da Milano a Roma a Palazzo Grazioli.
Berlusconi teme che senza lo scudo dell’immunità parlamentare alcuni pm potrebbero chiedere misure cautelari: “Sono sicuro, mi vogliono arrestare, vogliono umiliarmi. Non mi fido più di nessuno”. Berlusconi arringa la folla di parlamentari: “Non ho mai rubato, non dormo da 55 giorni e ho perso 11 chili, uno per ogni anno di galera che mi vorrebbero far fare”. Anche la Lega Nord sarebbe disponibile a dimettersi in linea con le decisioni prese dal Pdl. Ci sarebbero stati dei contatti tra il Carroccio e diversi esponenti pidiellini.
Le dimissioni dei parlamentari appaiono l’ennesimo capitolo della lotta di nervi con il Quirinale per ottenere garanzie, esercitando quindi pressioni continue con l’innalzamento dell’asticella. E arrivano, probabilmente non a caso, proprio nel momento in cui il premier Enrico Letta sta preparando un documento, una sorta di capitolato di governo chiamato anche documento di ripartenza, da sottoporre al prossimo Consiglio dei ministri. In questo contratto delle larghe intese ci sarebbero non solo le priorità urgenti per la ripresa economica e gli strumenti per evitare l’aumento dell’Iva (tramite l’aumento delle accise su tabacchi, benzina e giochi), ma anche il tema della riforma elettorale (che da oltre un anno viene invocata da Giorgio Napolitano). Il Pdl e Berlusconi non vogliono che questo documento sia troppo vincolante, per evitare un guinzaglio troppo stretto al partito e al suo leader. Con il Porcellum ancora lì però il presidente della Repubblica potrebbe, in caso di crisi, non sciogliere le Camere. Il documento dovrebbe quindi diventare la chiave della cassaforte in cui chiudere, almeno fino al 2015 spera il Colle, la stabilità di governo. Le dimissioni di massa non comporterebbero comunque l’automatico scioglimento delle Camere, perché i seggi lasciati vuoti verrebbero occupati dai primi dei non eletti. “Prima che arrivi il presidente in sala diteci se vi dimettete o no” ha chiesto Schifani, parlando ai gruppi del Pdl riuniti alla Camera. E la risposta è arrivata, per acclamazione (poi naturalmente farà fede la prova dei fatti).
La minaccia di dimissioni di massa dei parlamentari Pdl arriva proprio mentre Letta interviene all’assemblea generale dell’Onu. “Una situazione surreale” che lascia allibiti i ministri democratici al governo e fa andare su tutte le furie i fedelissimi del premier, che da giorni lo spronano a prendere l’iniziativa per evitare di rimanere impantanato nei veti di una coalizione sempre più rissosa. Poco prima della riunione dei parlamentari Pdl, il ministro Dario Franceschini ha incontrato a Palazzo Chigi il vicepremier Angelino Alfano per capire la gravità della situazione. E purtroppo le notizie arrivate non sono incoraggianti: “Il Pdl – ha confermato il vicepremier – è compatto con il suo leader e Berlusconi è poco disposto a nuovi atti di responsabilità”.
Nel corso della riunione mattutina invece a Palazzo Grazioli le ‘colombe’ avevano tentato di far tornare sui propri passi i colleghi da sempre contrari alle larghe intese, ma il risultato non è stato quello sperato. A spuntarla quindi i falchi che avrebbero protestato dopo l’esito dell’incontro tra il segretario e vice premier Alfano e il capo dello Stato. Secondo l’ala dura del Pdl Alfano “terrebbe troppo a questo governo” e alla sua “sopravvivenza”. Ecco allora lo scontro soprattutto ora che con la nuova Forza Italia sarebbero libere alcune poltrone di potere.