Se il M5S non si presenterà alle elezioni europee se ne pentirà amaramente. Negli ultimi giorni impazza sul web il dibattito sulla possibilità che il Movimento 5 Stelle non si presenti alle prossime elezioni europee previste per il maggio 2014 in segno di protesta nei confronti dei presunti dettami imposti dall’Unione europea. Così facendo il Movimento considererebbe il Parlamento europeo alla stregua delle Provincie che vorrebbe abolire (il M5S non ha partecipato alle passate elezioni provinciali).
Il dibattito sul web è acceso visto che non tutti sembrano condividere questa eventualità (al momento ufficiosa, un’indiscrezione pubblicata dal Corriere della Sera il 21 settembre). A tentennare sono anche pezzi grossi come Vito Crimi che, con un po’ d’ingenuità, si è chiesto pubblicamente: “A cosa serve il Parlamento europeo? Rischiamo forse di trovare un’altra scatola vuota?”.
Se il M5S decidesse davvero di non presentarsi alle europee commetterebbe un errore gravissimo. Anche se non condivide le politiche dell’Ue (e non tutti all’interno del Movimento sono d’accordo) non partecipare alla loro definizione sarebbe una follia. Piaccia oppure no, le istituzioni europee stanno acquisendo sempre più poteri, basti pensare alle numerose procedure d’infrazione aperte ai danni dell’Italia (ambiente, immigrazione, diritti umani, ecc) e alle nuove competenze economiche e di bilancio (da quest’anno ogni legge finanziaria nazionale dovrà essere approvata preventivamente dalla Commissione europea). Per non parlare delle numerose riforme in fieri (regolamentazione dei mercati finanziari, tobin tax, unione e sorveglianza bancaria, ecc…) che entreranno nel vivo proprio nei prossimi anni.
Non condividere o avere una posizione critica su alcune di queste politiche non giustifica la scelta di non volere prendere parte alla loro definizione. Se il M5S pensa di poter migliorare, influenzare o dir si voglia la direzione che l’Europa sta prendendo, allora il Parlamento europeo è il luogo giusto per farlo, almeno in un sistema democratico. Lo hanno capito pure gli inglesi, che tirano calci da quando sono entrati nell’Ue eppure a Bruxelles ci sono sempre rimasti per difendere i loro interessi e in fondo alla possibilità di uscire dall’Ue, nonostante il referendum promesso per il 2017, non ci crede nemmeno Cameron.
Attenzione a non cadere nel qualunquismo più sfrenato. Non presentarsi alle europee vorrebbe dire cadere in una retorica semplicista che butta tutto nello stesso calderone (Euro, Ue, Germania, Bruxelles, austerità, disoccupazione e chi più ne ha più ne metta). Una certa ostilità nei confronti di tutto quello che viene etichettato erroneamente (e a volte colposamente) come “Ue” da politici e giornalisti ignoranti o in mala fede (o entrambi) è comprensibile. Ma questo non giustifica il rifiuto a contribuire alla difesa degli interessi del popolo europeo una volta che se ne presenta l’opportunità.
A Bruxelles circola addirittura la voce che il prossimo Parlamento europeo possa essere “costituente” ovvero che darà il via a delle importanti riforme che coinvolgeranno le istituzioni europee e i loro rapporti con i governi nazionali e, quindi, la vita di tutti i 500 milioni di europei. A questo punto il Movimento 5 Stelle si trova di fronte ad un bivio: o lancia la palla oltre la staccionata come un bambino capriccioso gridando “io non gioco più”, oppure si siede al tavolo dei grandi cercando di influenzare positivamente le politiche europee che oggi contesta con vigore.
Inutile dire che, qualora prevalga la prima ipotesi, qualcun altro giocherà al suo posto e prenderà decisioni che poi ricadranno sulla testa anche di quei cittadini che il M5S vuole rappresentare. Gli altri partiti, infatti, già si sfregano le mani all’idea di potersi spartire da soli la torta dei 73 posti da eurodeputato che spettano all’Italia.
@AlessioPisano
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