L'ex "direttorissimo", oggi senatore Pdl, chiedeva di tornare alla guida del notiziario ammiraglio dopo essere stato assolto dall'accusa di peculato sull'uso della carta di credito aziendale. L'emittente pubblica esprime"soddisfazione". I legali contestano l'ordinanza: "Può fare il direttore anche se milita in un partito". Lui annuncia ricorso: "Perché Santoro sì e io no?"
Il tribunale del lavoro di Roma ha respinto il ricorso di Augusto Minzolini che chiedeva di essere reintegrato nella posizione di direttore del Tg1. Lo annuncia la Rai in una nota. ”Nel riservarsi ulteriori approfondimenti, appena esaminata la relativa motivazione, la Rai – si legge nella nota di Viale Mazzini – esprime soddisfazione per una sentenza che attesta inequivocabilmente la correttezza del proprio operato nella complessa ed articolata vicenda che ha riguardato l’ex direttore del Tg1”. Augusto Minzolini, direttore del telegiornale “ammiraglio” del servizio pubblico dal 2009 al 2011, sotto il governo Berlusconi, è oggi un senatore del Pdl. E annuncia un ricorso perché, a quanto sostiene, il tribunale avrebbe rigettato la richiesta proprio sulla base del suo attuale impegno politico, giudicato non compatibile con la carica di direttore.
Il giornalista era stato rimosso dalla direzione del Tg1 dopo essere stato accusato di peculato relativa all’uso delle carte di credito aziendali. Minzolini ha restituito le somme contestate, sostenendo che le spese in ristoranti e alberghi di lusso da Dubai a Palma di Maiorca fossero necessarie per la coltivazione di “fonti”, poi è stato assolto perché “il fatto non costitusce reato”. La Rai gli aveva dunque controproposto un posto da inviato.
Il tribunale del lavoro di Roma “riconosce che Minzolini ha agito perfettamente secondo le regole”, affermano i suoi legali, Federico Tedeschini e Nicola Petracca. “Condanna infatti la Rai a pagargli la somma di 65.547 euro, più interessi legali, cioè l’ammontare delle spese effettuate con la carta di credito aziendale che Minzolini aveva a sua volta restituito all’azienda. Si accerta dunque che la rimozione dalla direzione del Tg1 ha avuto un presupposto carente sia dal punto di vista penale sia civile”.
Secondo gli avvocati, il ricorso del giornalista è stato respinto dal tribunale “in quanto il suo ruolo di parlamentare non gli consentirebbe di assumere l’incarico di direttore del Tg1, perché l’appartenenza a un partito non sarebbe garanzia di neutralità”. Un aspetto “contestabile”, affermano, “ai sensi dell’articolo 11, comma 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che precisa che le uniche restrizioni in questo caso riguardano esclusivamente i membri delle forze armate o delle amministrazioni dello Stato, fattispecie a nostro giudizio non applicabili alla Rai”. Nell’emittente pubblica, aggiunge poi l’avvocato Petracca, “è difficile trovare un direttore del Tg che sia stato totalmente avulso da influenze o appartenenze di natura politica. Se si applicasse semplicemente questo ragionamento, la Rai allora dovrebbe proprio fare un pò di piazza pulita”.
Minzolini annuncia ricorso: “Viene riconosciuta la mia innocenza rispetto all’accusa per la quale sono stato rimosso dal Tg1, un’accusa strumentale per togliermi da quel ruolo”, afferma. “In secondo luogo, dire che non posso tornare al Tg1 perché nel frattempo sono stato eletto nelle liste del Pdl, dimostra ancora una volta che in questo Paese si applicano due pesi e due misure: il tribunale decise che Santoro doveva tornare al suo posto, in una trasmissione eminentemente politica, malgrado in quel momento fosse parlamentare europeo dell’Ulivo-Ds. Si tratta dunque di una decisione paradossale, motivo per cui i miei avvocati impugneranno l’ordinanza”. La sentenza è quindi “paradossale e anche discriminatoria, proprio per questo i miei avvocati la impugneranno”.