Distinguo e precisazioni tecnico-finanziarie a parte è fuor di dubbio che con l’accordo siglato nelle scorse ore Telecom Italia diventa un pò più spagnola e un pò meno italiana e si avvia a diventare tutta spagnola e niente affatto italiana. Questo è un fatto. Egualmente è un fatto incontestabile quello ricordato dal Premier, Enrico Letta: Telecom è una società privata.
Non sono, invece, “fatti” ma opinioni, peraltro niente affatto condivisibili, quelle che il Governo deriva dalla natura privata di Telecom ovvero la convinzione che stando così le cose Palazzo Chigi non potrebbe che limitarsi a “vigilare” e difendere eventuali emergenze occupazionali. Allo stesso modo è un’opinione e non un fatto quella secondo la quale l’affare Telecom-Telefonica andrebbe considerata un’occasione per il Paese di attrarre capitali stranieri dei quali abbiamo bisogno.
Eccoli i fatti che legittimano più di un dubbio sulla scelta annunciata dal Governo di fare lo struzzo e mettere la testa sotto la sabbia – o quasi – mentre Telecom vola in Spagna. Il primo è che Telecom non è una società privata come le altre ma una società che opera in un settore strategico per il futuro del Paese specie nel pieno dell’era di Internet e dei servizi di comunicazione elettronica. Che si guardi al mercato, alla sicurezza, alla privacy o alla democrazia elettronica, tutto nei prossimi anni e, forse, lustri, passerà per le reti ed i servizi di telecomunicazione.
Il “controllo” di un Governo su reti e servizi di comunicazione elettronica è dunque un fattore strategico e irrinunciabile. Senza sarà difficile nel prossimo futuro garantire al Paese salute economica, sicurezza nazionale, libertà e democrazia.
Temo, dunque, sbagli il Premier quando riduce il caso Telecom-Telefonica ad una questione di soldi che, forse, arriveranno in Italia dalla Spagna e tutela dell’occupazione. Sbaglia, certamente, quando dice che data la natura privata di Telecom il Governo non potrebbe che vigilare. Sbaglia e temo sbagli consapevole di sbagliare.
Non può essere sfuggito al Premier che il suo predecessore a Palazzo Chigi, Mario Monti nel marzo del 2012 varò un decreto legge – poi convertito in legge – contenente “Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonche’ per le attivita’ di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni”. Il Decreto in questione attribuisce al Governo esattamente i poteri dei quali c’è bisogno in casi come quello Telecom-Telefonica. In forza del Decreto, infatti, il Governo è autorizzato a vigilare molto da vicino su operazioni come quella in questione che devono essergli comunicate tempestivamente e può adottare una serie di provvedimenti a garanzia dei preminenti interessi nazionali.
C’è un solo problema: né il Governo Monti, né quello di Enrico Letta hanno mai varato il decreto di attuazione necessario – in forza di quanto previsto nel citato decreto legge – all’individuazione delle reti e delle attività da considerarsi strategiche nel settore delle telecomunicazioni. Una dimenticanza che, sebbene solo per una questione formale – dato che non può dubitarsi della natura strategica degli asset di Telecom che stanno volando in Spagna – oggi impedirebbe al Governo di fare la voce grossa ed “imporsi” nel caso Telecom-Telefonica.
Il Premier, d’altra parte, conosce bene questa disciplina perché il caso ha voluto che sia stato il primo ad applicarla, poco prima dell’estate, dando il via libera condizionato al rispetto di talune condizioni a garanzia degli interessi nazionali all’acquisto da parte del gigante General Electric della Avio S.p.A., colosso aerospaziale italiano del quale, ironia della sorte, era Amministratore Delegato, Francesco Caio, oggi Commissario di Governo per l’Italia Digitale.
In quel caso, però, il provvedimento di attuazione del Decreto Legge Monti, c’era ed il Governo – in modo più o meno “generoso” – ha fatto la sua parte. E ora? Dobbiamo davvero rassegnarci ad un futuro nella Società dell’informazione senza una compagnia telefonica sulla quale batta almeno un po’ il tricolore? Sarebbe grave perché, oggi, reti e servizi di telecomunicazione non fanno rima solo con investimenti stranieri e occupazione come sembra ritenere il Premier ma anche con sicurezza, privacy, libertà e democrazia.