La compagnia approva i conti con 300 milioni di rosso. In cassa solo 128 milioni. Via libera alla ricapitalizzazione da 100 milioni, ma Parigi non ci sta
No di Parigi alla ricapitalizzazione di Alitalia. E’ quanto emerso dopo la lunga riunione del consiglio di amministrazione della compagnia che ha approvato conti ancora più in rosso del previsto. Alitalia ha infatti archiviato il primo semestre del 2013 con una perdita di 294 milioni di euro, quasi cento in più delle stime circolate nei giorni scorsi e 200 in più rispetto allo stesso periodo del 2012. In flessione del 4% sull’anno scorso, poi, i ricavi, che si sono fermati a 1,621 miliardi di euro. In dettaglio, il fatturato da traffico passeggeri è risultato leggermente in crescita (+0,2%) rispetto allo stesso periodo del 2012, ma la composizione geografica è in cambiamento: se sul mercato domestico, a seguito dello scenario economico nazionale fortemente recessivo, Alitalia ha registrato una diminuzione dei ricavi del 10,1%, nel segmento internazionale i ricavi sono aumentati del 3,7% e in quello intercontinentale del 0,1 per cento.
Sul risultato netto hanno pesato anche 47 milioni di accantonamenti straordinari legati al contenzioso fiscale sulle società irlandesi facenti capo all’ex gruppo Air One di Carlo Toto fuso con la compagnia nell’ambito del piano Fenice del 2008 ideato dall’allora amministratore delegato di banca Intesa, Corrado Passera. Si riduce, poi, da 1,023 miliardi a 946 milioni l’indebitamento finanziario netto gestionale, inclusi i 95 milioni del finanziamento dei soci. Di questa voce la quota per l’indebitamento sulla flotta di aerei di proprietà è pari a 600 milioni di euro. Al termine del primo semestre 2013, la disponibilità liquida totale gestionale, che comprende le linee di credito non utilizzate, risulta pari a 128 milioni di euro.
In linea con le attese, invece, l’ammontare della ricapitalizzazione (non meno di 100 milioni di euro) che però non ha avuto il placet dei rappresentanti di Air France – Klm, nonostante il fatto che l’operazione, secondo le previsioni sarebbe dovuta servire anche a far raddoppiare la partecipazione di Parigi nel vettore. La ricapitalizzazione sarà comunque sottoposta all’assemblea dei soci il prossimo 14 ottobre. Agli azionisti sarà sottoposta anche la residua sottoscrizione del prestito obbligazionario convertibile per 55 milioni di euro.
Il consiglio ha approvato di sottoporre in assemblea ai soci e al sistema bancario la manovra finalizzata al finanziamento del fabbisogno indicato dal piano industriale approvato nello scorso luglio. Ma il no dei francesi apre nuove incognite sulla sorte dell’agonizzante compagnia che sembrava ormai destinata a un salvataggio da parte di Parigi che già ne detiene il 25 per cento.
“A priori insufficiente per finanziare il piano di ristrutturazione, questa boccata d’ossigeno dovrà dare il tempo necessario per completare le negoziazioni in corso con Air France -Klm o altri partner alternativi”, scrive il quotidiano economico francese Les Echos. “Roma intende far di tutto per evitare di svendere Alitalia al suo partner francese” e “in piena polemica per il blitz spagnolo su Telecom Italia, è fuori da ogni discussione dare l’impressione di abbandonare Alitalia a se stessa”, continua il giornale ricordando che il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato aveva parlato dell’elaborazione in corso di “una soluzione intermedia con alcune banche”, mentre il collega ai Trasporti, Maurizio Lupi, controbilancia assicurando a Parigi che “Air France resta il primo interlocutore”.
Secondo fonti vicine al dossier, aggiunge poi Les Echos, in relatà gli azionisti sono divisi sul piano di ristrutturazione dell’ad Gabriele Del Torchio, il cui costo è stimato in 450 milioni di euro con un raggiungimento del pareggio nel 2016. “La situazione è ancora di più confusa a causa dell’incertezza sulle reali intenzioni di Air France Klm”, conclude il quotidiano transalpino. Per poi riportare il commento ricevuto da un anonimo consigliere di Alitalia: “Ammettendo che Air France abbia voglia e coraggio di accollarsi Alitalia, non è detto che ne abbia la capacità, con un proprio debito già a 6 miliardi e i suoi problemi eccesso di personale”.
Senza contare, ricorda ancora Les Echos, “i dubbi sugli ordini di aerei alla Ap Fleet, la società irlandese dell’ex fondatore di AirOne, Carlo Toto, che rappresenta più della metà del debito di Alitalia” e che è oggetto dell’accantonamento da 47 milioni per il relativo contenzioso fiscale. “Frenata tattica? Fra i partner industriali alternativi citati fino ad ora (AeroFlot, Etihad, Meridiana …) nessuna pista si è veramente concretizzata”, conclude il giornalista.