La mia amica Silvana Pisa, un libero spirito pacifista sia da parlamentare che da cittadina, mi ha segnalato una pubblicità che appare sul sito del Corriere della Sera. Solo un link, neppure una parola di commento da parte di Silvana. Non so se a significare “non servono parole” oppure “sono senza parole”.
Il banner (li chiamiamo così, è più figo e moderno, dire striscione a noi italiani fa un po’ schifo) pubblicizza l’F-35. Se vediamo la pubblicità di un fustino di detersivo, la capiamo. È un suggerimento per il prossimo acquisto. Anche se dopo quarant’anni di “lava più bianco” uno per forza si chiede se non dovremmo rifare la scala cromatica. L’ultrabianco, di più bianco c’è solo l’invisibile.
Ma se su un quotidiano appare la réclame di un bombardiere forse dovremmo preoccuparci. Non è che ci fanno un’offerta speciale, tipo paghi tre e prendi due (non è un errore: in fin dei conti stiamo parlando di F-35). Neppure ci suggeriscono che con un pieno si può fare Roma-Damasco andata e ritorno: non si sa mai che abbiamo un week end libero. E allora?
Bella domanda. Perché qui abbiamo il Corrierone, mica Antelope Cobbler. E neppure uno dei giornali specializzati che vivono solo perché Lockheed piuttosto che Finmeccanica o un costruttore qualsiasi di carri armati si compra due o tre pagine di pubblicità. O mangi ‘sta minestra, o salti ‘sta finestra.
Né siamo più ai bei tempi delle guerre thatcheriane, quando, poco dopo l’affondamento del cacciatorpediniere britannico Sheffield da parte di un missile francese Exocet lanciato da un aereo argentino, sulle riviste apparve una pubblicità dell’Aérospatiale con una foto del missile che colpiva una nave e una stampigliatura, combat proven, collaudato in combattimento. Per dire la delicatezza.
Cliccando sulla pubblicità si arriva a una pagina del sito della Lockheed dedicato all’Italia. Titolo “Un partner per l’industria italiana”. Mi sarebbe piaciuto di più “mettete un bombardiere nei vostri sogni”. Ma tant’è, il materialismo ha vinto. Non dirò l’enfasi un po’ pelosa delle descrizioni. Non mi aspettavo altro. Il capolavoro è però il filmato, in italiano con i sottotitoli in inglese. Non si sa mai che un esterofilo di Cantù si lamenti (a quelli di New York, degli F-35 italiani non gliene può fregare di meno).
La prendono larga, partono dal 1485. Mentre scorrono disegni che dovrebbero essere di Leonardo, un tizio, che legge evidentemente tenendo le labbra a cuoricino, ci parla del sogno del volo umano. Credevo lo avessero risolto Wilbur e Orville Wright nel 1903. Forse mi sbagliavo. Facendo una lunga planata fino ai giorni nostri gli strateghi della comunicazione Lockheed atterrano in un Paese fiero (?) con un futuro pieno di opportunità (??) e orgoglio (???). Se non ci fosse un tricolore sullo sfondo, difficile pensare all’Italia di oggi. Poi una serie di interviste. Cominciano sempre con l’intervistato (uomo) che si avvicina accompagnato da una o due donne (silenziose). Parità di genere. I primi a parlare hanno un ostentato accento meridionale. Lavoro per il Sud, fa sempre politicamente corretto.
Verso metà del video, arriva finalmente Cameri. La fabbrica costata 800 milioni di euro al Governo italiano ma che nessuno sa perché sia stata costruita. Parlano i dirigenti ma anche gli operai. Interviste chiaramente spontanee. Questa volta tutti nordici. Non si sa mai che la Lega s’incazzi. Il migliore è un operaio che si chiama Davide Porrazzo. Il linguaggio del corpo è fenomenale. Dice: “Da questo lavoro mi aspetto che si ci siano possibilità di crescita” mentre gli occhi lasciano la telecamera per fissarsi su un punto indefinito. Imbarazzo? Porrazzo insiste: oltre al suo futuro questo lavoro gli dà “l’opportunità di creare qualcosa per la nazione”. Giovane, ma già un ardente cuore patriottico. Peccato che si intraveda un leggero ghigno.
A questo punto torniamo alla domanda iniziale: perché la pubblicità? Insomma, la Lockheed, nonostante forze politiche che si sono rimangiate le promesse di chiudere il programma, non è ancora sicura che la partita italiana sia chiusa. E allora preme come può. Con la pubblicità, intanto. Adesso sono al Corriere, prima o dopo ce la troveremo su Carosello (lo fanno ancora?). Sperando che funzioni come diceva Marshall McLuhan: “La Cappuccetto Rosso moderna, allevata con le pubblicità canterine, non fa obiezioni a farsi mangiare dal lupo”. Ci manca solo la musica, per il resto ci siamo.
(nota del tutto a margine: il bello di McLuhan è che usava l’aforisma come arma suprema di comunicazione; così, se anche uno ha letto solo qualche pagina dei suoi libri, una citazione fulminante la trova sempre. Quella sopra è tratta da The Mechanical Bride del 1951).