Questo è l’ultimo week end per poter vedere “Trilogy”, la mostra di Christian Lutz al Cortona On The Move, il festival fotografico che si svolge dal 2011 nel borgo di Cortona, ad Arezzo. In mostra, nella chiesa sconsacrata di Sant’Antonio una carrellata delle tre ricerche fotografiche, “Protokoll”, “Tropical Gift” e “In Jesus’ Name”, risultato di anni di indagini tra i corridoi del potere politico e economico, in cui il fotografo svizzero ha documentato i rituali e i luoghi dei summit, dei jet privati, delle conferenze stampa e pranzi ufficiali; ma anche del mondo del mercato del petrolio in Nigeria e le contraddizioni della comunità evangelica di Zurigo. Tre temi differenti che si ricollegano in un unico progetto di denuncia sociale, del potere e dei paradossi dei comportamenti delle persone.
E mentre in “Protokoll”, Lutz si diverte a prendere in giro politici mettendo in evidenza le profonde incongruenze del potere; in “Tropical Gift” indaga a fondo sul commercio del petrolio e del gas in Nigeria svelando le trappole e le conseguenze del potere economico. Lutz evidenza un business che fa fruttare e che arricchisce la nuova élite di Abuja e Lagos contrapponendo immagini di povertà e inquinamento. Scatti intensi avvalorati anche dalla location, un’ex chiesa oggi sconsacrata.
Tra sacro e profano, le immagini affiorano imponenti mostrando tutte le loro contraddizioni come accade anche “In Jesus’ Name”, la terza parte della trilogia, e forse quella anche più discussa. Qui Lutz raccoglie gli scatti di un anno passato all’International Christian Fellowship, una comunità evangelica con sede a Zurigo tra feste, concerti rock, campi estivi e raduni. Scatti che il fotografo, pur ottenendo il permesso per partecipare agli aventi, non ha potuto pubblicare in un libro (quello conclusivo della trilogia) a fronte di un divieto della Corte di giustizia di Zurigo arrivato dopo 21 denunce di tutela dell’immagine.
Nonostante questo divieto, Lutz sfida la censura esponendo in diverse sedi, adesso anche a Cortona, alcune fotografie del progetto. Nessun volto appare: su quelli, infatti, Lutz mette le classiche bande nere, simbolo della censura, permettendo così di non far trapelare dettagli sulla persona. Allo stesso tempo, sulla striscia figura anche un estratto della denuncia dell’ICF, in cui si descrive la scena e i motivi per i quali la fotografia costituirebbe una lesione del diritto all’immagine.
Ma, volete sapere cosa aveva fotografato di così scandaloso per la comunità evangelica? Un po’ ve lo anticipo io. Per iniziare, lo scatto con tre ragazzi in divisa militare, che parlano tra loro. Foto censurata perché, si legge nell’istanza, “il ricorrente 8, 25 anni, indossa una tuta mimetica e una fascia; sembra esausto e guarda nel vuoto; non guarda l’uomo alla sua sinistra. Non è chiaro il legame tra il gioco di ruolo dei partecipanti ed il mondo militare. Rimane irrisolta la relazione tra religione e l’ambito militare”.
E ancora, la foto che ritrae una ragazza incinta seduta tra le gambe di un ragazzo: “L’immagine potrebbe suggerire la pedofilia” si legge nell’istanza. “Si potrebbe pensare che il ricorrente 11/a potrebbe aver messo incinta la quattordicenne (!) seduta di fronte a lui. Peggio ancora si potrebbe pensare che la foto mostri degli appartenenti ad una setta che permetta la poligamia e che addirittura tollera il sesso tra i minori”.
Impossibile mostrare, poi, le foto dei ragazzi al concerto o seduti ai bordi di un giardino mentre una ragazza è intenta a pregare o foto di ragazze che si danno consigli. Per tutto c’è un motivo che giustifica la censura. A dir la verità, sfido chiunque a ritrovarci anche uno dei significati contenuti nell’istanza tali da giustificare una censura totale. Ci proviamo?
Per info sulla mostra: www.cortonaonthemove.com