Lasciare a bocca asciutta i risparmiatori è una prerogativa solo italiana e così le regole che andavano bene per i soci nazionali non vanno più bene per Telefonica: il sottosegretario all'Economia Alberto Giorgetti annuncia che l'esecutivo sta lavorando a una modifica della normativa sull'Offerta pubblica di acquisto
Le regole che andavano bene per gli italiani non vanno più bene per gli spagnoli. Il governo, infatti, pensa a modificare la legge sull’Offerta pubblica di acquisto (Opa), proprio mentre le banche italiane stanno uscendo da Telco, la scatola che ha in mano il 22,4% di Telecom Italia e ne lasciano il controllo a Telefonica. Il punto è però che gli spagnoli, tanto quanto gli italiani prima di loro, in base alle leggi vigenti che fissano nel 30% la soglia di controllo di un’azienda quotata, non hanno nessun obbligo di offrire una via d’uscita anche agli azionisti di minoranza di Telecom Italia pagandogli lo stesso prezzo pagato a Mediobanca, Intesa e Generali per sgombrare il campo.
Lo sanno bene i risparmiatori che per la terza volta assistono a un cambio in testa all’azionariato del gruppo senza passare all’incasso come accaduto invece ai “grandi” soci da Roberto Colaninno in giù. E questo nonostante negli anni il tema del controllo esercitato di fatto da Telco su Telecom sia stato oggetto di dibattiti e talvolta anche denunce. Eppure la politica italiana e soprattutto la Consob di Giuseppe Vegas, hanno deciso di intervenire soltanto ora a favore del cosiddetto “parco bui”, come vengono chiamati in gergo i piccoli risparmiatori di Borsa. Per di più ad accordi già firmati e proprio mentre il presidente del Consiglio, Enrico Letta, è intento alla ricerca di investitori stranieri disponibili a puntare sull’Italia.
“L’esecutivo sta lavorando a una modifica della legge sull’Opa“, ha detto senza margine d’equivoco il sottosegretario all’Economia Alberto Giorgetti spiegando che “le società potrebbero essere autorizzate a definire per via statutaria una soglia inferiore a quella prevista dalla normativa”, al superamento della quale scatterebbe l’obbligo di offerta pubblica. L’annuncio di Giorgetti era stato da Vegas, secondo il quale una modifica dell’attuale legislazione è possibile “a patto che venga realizzata nell’anno in corso”. Questo perché gli accordi tra le banche e Telefonica prevedono che il passaggio definitivo delle quote (a un prezzo che supera dell’85% i valori di Borsa di Telecom) non avvenga prima del 2014 e previo il via libera delle varie autorità Antitrust coinvolte. L’ex braccio destro di Giulio Tremonti, nel pieno dell’allarme a scoppio ritardato sul caso Telecom, ha sottolineato però che “se si cambiano le regole in corso d’opera c’è un rischio reputazionale per il Paese”, ricordando nel frattempo che “non c’è, allo stato attuale e con la normativa vigente, un obbligo di Opa per Telefonica su Telecom”.
Vegas ha poi spiegato che la Consob sta compiendo verifiche sul prezzo delle azioni Telco pagate da Telefonica ai soci italiani che sono “quasi il doppio rispetto a quelle di Telecom. Questo razionalmente presuppone che sia stato pagato il controllo di fatto“, ha detto nel corso di una audizione in Senato sul caso. Il riferimento è al cosidedeto premio di maggioranza, che solitamente viene riconosciuto al venditore che mette il compratore in condizione di essere padrone della situazione. Ma ha anche aggiunto come “ognuno è libero di pagare il prezzo che vuole” e che allo stato attuale questo non permette all’Autorità di intervenire. Resta quindi attuale la discussione sugli incassi di Generali, Intesa e Mediobanca, che sono riuscite a farsi pagare le azioni oltre 1 euro (+85% rispetto ai prezzi di Borsa), mentre fino a lunedì avevano all’orizzonte un’uscita ingloriosissima da Telco con le azioni ai prezzi di mercato (un quinto dell’investimento iniziale).
“Solo quando i poteri di governance di Telefonica su Telecom saranno effettivi la Consob potrà fare delle verifiche sul riassetto”, ha aggiunto il numero uno dell’Authority, perché “al momento non abbiamo strumenti per intervenire”. Vegas ha quindi ricordato che l’obbligo di Opa nel caso Telecom-Telefonica non c’è “in quanto mancano le due condizioni che l’operazione comporti l’acquisizione del controllo di Telco da parte di Telefonica e che Telco (la holding che controlla il 22,4% del gruppo telefonico italiano, ndr) detenga più del 30% di Telecom”.
Più concreto il margine di manovra dell’esecutivo che sembra intenzionato ad accelerare sulle norme per tutelare la rete di telecomunicazioni. Tanto che è possibile, venerdì 27, l’approdo in consiglio dei ministri del Regolamento sulla “golden power”, i cosiddetti poteri speciali che uno Stato può attivare per tutelare alcuni asset considerati strategici, anche se non appartenenti pubbliche controllate direttamente. Che sarebbe poi il è il decreto attuativo della norma varata dal governo Monti a inizio 2012.
Il presidente esecutivo di Telecom Franco Bernabè che conferma la strada della ricapitalizzazione e ha dalla sua gli amministratori indipendenti di Telecom, intanto, ha spiegato che la tutela degli azionisti di minoranza di Telecom richiede un cambiamento di governance. “Questo è un tema su cui il presidente esecutivo sta lavorando fin dalla scorsa assemblea ma si è davanti a uno stallo”, ha detto, “è un po’ come per la legge elettorale italiana (il cosiddetto porcellum, ndr), dove tutti vogliono cambiarla ma poi sta bene a tutti”.
Stallo o meno, le parole di Vegas sono state prese per oro colato da qualcuno in Borsa, dove il titolo Telecom sulle attese di un’Opa ha recuperato terreno e ha guadagnato il 4,11% a 0,59 euro. Tutto il contrario, insomma, di quanto successo mercoledì quando aveva perso il 4,67% sui timori della ricapitalizzazione in arrivo.