Si è aperto con un ospite ormai di casa, il Festival del diritto 2013, che si svolge a Piacenza fino a domenica 29 settembre. Parliamo di Gustavo Zagrebelsky, ex giudice della Corte costituzionale e giurista che spesso ha portato al dibattito pubblico il suo personale apporto. Già presente alla kermesse nel 2008 e nel 2011, quest’anno nella sala dei Teatini ha scelto un tema quanto mai attuale: i rapporti democrazia-finanza e potere-politica.
“Potere e politica – ha detto Zagrebelsky – si legano l’un l’altro, perché uno è fine dell’altro. Questo è un circolo vizioso e quando succede si perde l’idea di un elemento terzo, cioè a cosa serve questo meccanismo?”. E per essere ancor più preciso, ha sottolineato che “in passato il potere legato al denaro serviva per la gloria di uno Stato oppure per finanziare le opere pubbliche. Ai giorni nostri serve invece ad alimentare se stesso ed ingigantire questo sistema che è senza scopo. E pericolosissimo perché se non ha scopo è cieco, come un carro impazzito senza direzione”. Nella mitologia, il giurista ha cercato la figura che più si addice ai nostri tempi: “L’Uroboro,, il serpente che mangia la sua stessa coda”. Con questa metafora, Zagrebelsky ha fatto appello perché si apra una discussione sulla riscoperta della politica ma soprattutto dei suoi fini: “A cosa serve tutto ciò? A quale idea di società è conforme ciò che sta accadendo? La domanda – ha continuato – se fatta ad un banchiere ai giorni nostri sarebbe senza risposta”.
Anche per questo, per Zagrebelsky, il futuro vedrà collassare il sistema, perché nulla delle opere degli esseri umani è eterno, “quindi queste idee di governo e del denaro finalizzato come bene ultimo, a cui tutti devono aspirare, terminerà”. E infine si è spinto oltre, profetizzando che “il denaro una volta era importante ma come mezzo. Oggi è diventato un fine. In altri tempi si cercavano la santità e la fama più che la ricchezza e i nostri finanzieri o banchieri non chiedono certo la fama né tanto meno la santità. Magari in futuro essere troppo ricco potrebbe essere un disvalore sociale ed io mi auguro che ciò accada presto”.
Ma il Festival del diritto, al di là dei tanti ospiti che da sei anni animano la manifestazione, è una creatura di Stefano Rodotà, anch’egli giurista di rilievo, che ha vissuto un anno alla ribalta nazionale per la candidatura al Quirinale, arrivata dopo le “parlamentarie” online del Movimento 5 Stelle. Le polemiche del recente passato, ormai, paiono alle spalle. Ora sembra essere tornato nella sua dimensione e alla guida del suo “giocattolo”. E’ spettata a lui l’inaugurazione, che ha tenuto a palazzo Gotico e ha deciso di partire da un’ammissione: “Avremmo voluto essere meno lungimiranti nella scelta dell’ argomento del Festival , deciso un anno prima. Questa cosa un po’ mi spaventa”.
Ed effettivamente, l’argomento proposto: “Le incertezze della democrazia”, non potrebbe essere più aderente alla realtà., anche oltre confine: “Se guardiamo più da vicino, soprattutto in Italia ed Europa – afferma Rodotà – le incertezze della democrazia diventano angosce. Noi però non ci appiattiremo sull’attualità e non le affronteremo ma cercheremo di andare alle radici di ciò che spiega quello che sta accadendo senza trascurare i fenomeni di fondo come il populismo, le nuove forme di democrazia e anche i tanti segnali che non inducono sempre al pessimismo”. E poi si è augurato che “la manifestazione faccia capire fino in fondo perché le incertezze della democrazia rischiano di diventare i drammi della democrazia”.
Nel concludere la presentazione, ha poi voluto sottolineare con forza un aspetto, troppe volte dimenticato: “La democrazia non riesce a dare tutte le risposte che ci si aspetta, anche se dovrebbe essere dalla parte soprattutto dei più deboli. La democrazia è incerta quando sono labili i diritti di tutti noi”.