Il senatore si è rifiutato di firmare, in controtendenza rispetto a quanto deciso alla riunione dei gruppi. E assicura che oltre a lui ci sono "parecchi" onorevoli d'accordo con la sua scelta. "Sarebbe bastato rinviare la legge Severino alla Corte Costituzionale e tutto si sarebbe aggiustato”
Senatore Giovanardi, proprio lei, un fedelissimo di Berlusconi che alla fine lo tradisce e non firma le dimissioni.
“Lei non ha letto bene la mia dichiarazione. Io non tradisco nessuno. Questa è una doppia mascalzonata, quella che sta facendo il Pd e anche quella che sta studiando qualcuno ai danni di Berlusconi”.
Spieghi meglio.
“Il Pd sta facendo una forzatura sul voto di decadenza dal Senato del Cavaliere. Sarebbe bastato rinviare la legge Severino alla Corte Costituzionale e tutto si sarebbe aggiustato”.
Lei è un democristiano di vecchio stampo, così forse si aggiustava tutto, ma l’elettorato del Pd non l’avrebbe perdonato.
“Si però adesso fanno la parte dei giustizialisti. Inutilmente. E il governo rischia. Inutilmente”.
Perché dice che anche dentro il partito questa storia delle dimissioni non giova a Berlusconi?
“E’ una cosa che è stata gestita malissimo. Anche Martino (il senatore Antonio Martino, ndr) non è d’accordo, perché non serve a nulla, non si sa a cosa voglia arrivare. Poi, adesso sto ascoltando interpretazioni diverse da parte di alcuni colleghi che dicono che comunque è solo un gesto di solidarietà a Berlusconi, nulla di più. Ma con le dimissioni non si scherza, io quindi non mi dimetto”.
Diranno che lei è attaccato alla poltrona.
“Dicano pure ciò che vogliono, ho fatto il ministro, il capogruppo, il sottosegretario, il vicepresidente, ho un’esperienza parlamentare che alcuni dei miei colleghi se la sognano, cosa vuole che stia attaccato alla poltrona? Dico solo che questa storia non sta in piedi”.
Non crede che il suo gesto, decisamente coraggioso visto dall’esterno e visto il suo ruolo dentro il partito, possa servire da apripista anche per altri senatori, casomai alla prima legislatura?
“Io il mio gesto l’ho motivato. Io non ho firmato e non firmerò le dimissioni perché ritengo non siano la modalità giusta per costringere le forze politiche ad assumersi le responsabilità nei confronti del Paese, soprattutto in vista della campagna elettorale. Poi, se il 4 ottobre il Pd si renderà complice di questa mascalzonata contro Berlusconi, allora sarà evidente che non ci sono più le condizioni per continuare un’alleanza di governo. Che bisogno c’è di dimettersi? Per darci in pasto ai grillini che poi, una volta dovessero mai arrivare al voto dell’aula, si divertirebbero a votare uno sì e uno no. “Tu resti perché ci sei simpatico, tu invece no perché sei antipatico”, ma che razza di cultura politica è mai questa? Ripeto, non è una cosa seria”.
Scusi, ma lei l’altra sera c’era alla riunione dei gruppi dove avete deciso di dimettervi in massa?
“Certo che c’ero”.
E perché non l’ha detto subito che lei non ci stava?
“Io ho chiesto la parola, poi è arrivato Berlusconi e mi è stato detto che il dibattito non c’era più, quindi non mi sono potuto esprimere”.
Quanti altri come lei?
“Parecchi. Non faccio numeri, ma le assicuro che non ho visto mica tanti entusiasmi in giro”.
Tanti da costituire una gamba per una maggioranza alternativa?
“Ma questo proprio non lo so, è veramente presto per parlarne”.
Già, ma visto che vi siete ficcati in un cul de sac, adesso come pensate di uscirne?
“Ah, non ne ho proprio idea. Io non ho firmato, quindi questo gioco non mi riguarda. Se la vedesse chi l’ha inventato”.
E’ stato Brunetta.
“Io ho fatto un gesto in piena coscienza, non ho firmato. Se la vedesse lui con la sua”.