“La Telecom? L’ha privatizzata Prodi, io no, s’informi” liquida così Massimo D’Alema (ex premier – Pd) i cronisti che, a margine del Convegno ‘L’utopia di Papa Francesco’ organizzato a Roma dalla rivista Limes, provano a chiedergli un commento sulla vendita alla spagnola Telefonica di una delle aziende più importanti d’Italia. “Non è stata una delle privatizzazioni migliori” ha detto di recente il premier Enrico Letta (Pd). D’Alema era presidente del Consiglio quando iniziarono quelle ‘scalate a debito’ che hanno spolpato Telecom negli anni. Lui scarica tutto sul governo di Romano Prodi che nel 1997 decise di privatizzare l’azienda pubblica per permettere all’Italia di sistemare i suoi conti ed entrare nell’euro. Ma l’avventura Telecom continua. Nel 1999 una cordata di imprenditori del Nord capeggiata da Roberto Colaninno e Emilio Gnutti scalò l’azienda con la benedizione del ‘lider Maximo’. Lo stesso Colannino che oggi si trova a fronteggiare la crisi dell’Alitalia dopo averla salvata in nome dell’italianità, nel 2008. ‘Capitani coraggiosi’: così D’Alema li definì pubblicamente nel 1999, il giorno prima dell’Opa per Telecom, l’offerta pubblica d’acquisto, dando più di un assist governativo ai giovani capitalisti italiani. Poi arrivò Marco Tronchetti Provera nel 2001. E non sono mancate le banche tra i maggiori azionisti. Il risultato oggi è davanti gli occhi di tutti. Dal 1999 a oggi i debiti sono aumentati esponenzialmente e sono passati dagli 8 miliardi del 1999 ai 24 miliardi attuali. Utili e dipendenti si sono più che dimezzati. E la rete il cui valore oscilla tra i 9-12 miliardi, l’infrastruttura strategica per il paese e nelle mani oggi di Telefonica, vale più della stessa azienda di Irene Buscemi