Come la cultura televisiva italiana plasma la figura della donna
Articolo originale di Romina Spina apparso su NZZ il 18 settembre 2013
Traduzione di Valentina Giagnorio e Claudia Marruccelli per www.italiadallestero.info
Professione starlette
Nei media italiani le donne vengono ridotte ad oggetti del desiderio, quasi senza eccezioni. La rappresentazione volgare consolida vecchi cliché e rende più difficile la posizione delle donne nella società.
Da 25 anni viene trasmesso in Italia in prima serata il programma Striscia la notizia. Il suo successo ininterrotto si deve soprattutto ai contributi dei telespettatori che mettono in luce i mali e i problemi del Paese. Il programma, oltre all’impegno per una maggiore giustizia sociale, ha fatto emergere al tempo stesso un processo mediatico di lenta umiliazione delle donne italiane dando vita ad un fenomeno ormai tipico della televisione italiana: l’entrata in scena di giovani ballerine poco vestite, le cosiddette «veline».
Senza peso come la carta
Il ruolo delle veline, descritte in modo impietoso come «oggetti decorativi in carne ed ossa», causa di tanto in tanto aspre polemiche. Eppure molte ragazze le prendono come modello da seguire; non sono richieste loro particolari competenze, quel che conta sono attributi fisici e un atteggiamento disinvolto e sicuro di sé. Con i loro abitini provocanti saltellano per lo studio per convincere lo spettatore a non cambiare canale. Le telecamere vanno su e giù soffermandosi soprattutto su seni e fondoschiena, entrambi poco coperti. Bionde e brune sorridono ammiccanti, non lesinano bacini o si sdraiano sul bancone davanti ai conduttori divertiti. Se alle veline viene data possibilità di parlare, è per dire sciocchezze.
In Italia, dove Striscia la notizia è seguita da quasi sei milioni di persone, le veline sono diventate un fenomeno sociale. La loro metamorfosi è stata così sorprendente da renderle persino una voce all’interno dei dizionari. La curiosa denominazione proviene dal loro incarico iniziale, che consisteva nel consegnare le notizie ai conduttori. Questi messaggi si chiamavano per l’appunto veline, con riferimento alla «carta velina» utilizzata durante il fascismo per la diffusione di messaggi di propaganda provenienti dal regime di Mussolini.
Il nome sembra calzare a pennello riferito a queste ballerine poiché descrive esattamente il loro ruolo all’interno del programma. Proprio come la carta utilizzata per i dispacci, anche queste ragazze sono senza peso dato che servono di tanto in tanto ad alleggerire un programma che sfocia facilmente nel volgare. Eppure la loro popolarità non sembra averne risentito in alcun modo; ad ogni sostituzione delle veline inizia in tutta Italia la ricerca di nuove volti, o meglio di corpi. A questi casting si presentano ogni volta anche 10mila ragazze.
Velina oppure politica
Per molte giovani donne cresciute davanti allo schermo un lavoro in televisione è un obiettivo importante. Tuttavia non tutte le ragazze sono interessate a fare carriera come star della televisione: molte di loro possiedono un buon titolo di studio e hanno tutt’altra ambizione. Ai casting dichiarano infatti di voler diventare avvocato, manager oppure giornalista. Siccome sono convinte che l’Italia non sia riuscita a trasformarsi in un Paese meritocratico, queste ragazze pensano prima di tutto a diventare famose, nonostante gli ottimi voti, in modo da poter usufruire in seguito di particolari raccomandazioni per potersi inserire nell’ambito di lavoro desiderato. Per intrecciare legami con personaggi politici influenti la televisione è mezzo ormai collaudato. Le giovani donne si fanno pochi scrupoli, compreso l’utilizzo del proprio corpo.
Nel frattempo la televisione brulica di starlette entrate in scena in Italia all’inizio degli anni ’80 grazie al boom della televisione commerciale. All’epoca fu l’imprenditore milanese Silvio Berlusconi a salire alla ribalta con i suoi canali, rompendo così il monopolio della Rai. Presto fecero la loro comparsa nelle case degli italiani le prime immagini, per l’epoca inconsuete, di donne svolazzanti. Se da una parte vi erano le discrete «signorine buonasera», che annunciavano i programmi serali della Rai, dall’altra si potevano vedere all’improvviso giovani donne carine e mezze nude.
L’immagine di donna ideale di Berlusconi avrebbe dovuto rimanere solamente una fantasia televisiva. Una volta entrato in politica però ha fatto sì che molte di queste donne finissero nelle sue liste elettorali, permettendo loro, senza alcuna competenza o merito, di entrare non solo nel Parlamento italiano, ma anche in quello europeo. Berlusconi ha giustificato la sua tattica dicendo di voler abbellire la politica con persone giovani.
Tali erano le candidate che hanno preso parte ad un corso, della durata di una giornata, sulle istituzioni politiche tenuto dagli uomini di fiducia di Berlusconi. Anche Francesca Pascale, l’attuale fidanzata del Cavaliere, il quale presto compirà 77 anni, è una ex showgirl convertitasi alla politica. La 28enne napoletana ha dichiarato recentemente che l’intrattenimento e la politica sarebbero molto simili. Dello stesso avviso sono anche molte giovani donne che, alla domanda sul loro futuro lavorativo, rispondono di voler diventare velina oppure entrare in politica, come se i due ruoli fossero intercambiabili.
Discriminazione silenziosa
Eppure non sarebbe sbagliato ritenere Berlusconi il solo responsabile per questa diffusa immagine della donna. Indubbiamente il Cavaliere ha lasciato la sua impronta decisiva sul suo impero mediatico, mettendo in mostra in modo esplicito la sessualità delle donne in televisione e rendendola interessante argomento da salotto. Le condizioni che hanno reso possibile questo processo erano presenti già da tempo e avrebbero portato ad un risultato simile anche senza il contributo di Berlusconi. Il familismo è ben radicato in Italia e rende più difficile mostrare le proprie capacità al di fuori delle quattro mura; non è un caso infatti che la quota di donne italiane che lavorano fuori casa sia tra le più basse d’Europa.
Molte italiane si sono lasciate sopraffare dalle umiliazioni senza alcuna resistenza. Un ruolo decisivo, secondo la sociologa Elisa Manna, lo giocherebbero fattori come il contesto storico. La televisione privata ha raggiunto il mercato subito dopo le conquiste dei movimenti femministi negli anni Settanta. Le donne all’epoca erano stanche e frustrate perché dopo successi come il divorzio e l’aborto notavano che le richieste di pari opportunità nel mercato del lavoro restavano inascoltate. «Questa sconfitta fu un brusco risveglio», prosegue Manna.
Contemporaneamente i media italiani rappresentavano sempre di più la donna come un giocattolo sempre a disposizione. Di fronte ad un pubblico fatto di milioni di persone veniva riprodotta e confermata la posizione già in secondo piano della donna italiana all’interno della società. Le donne, con il loro consenso, venivano rese in televisione come una sorta di caricatura, portando ad una loro rappresentazione, sia in televisione sia nella vita pubblica, debole, superficiale, incapace e facilmente sostituibile.
Le rappresentazioni sessiste ad ogni ora del giorno si trovavano solo nei canali di Berlusconi, ma sono diventate gradualmente la norma anche nei canali Rai. Contemporaneamente si arrivò anche ad una sottile discriminazione, anche all’interno di presunti programmi più intellettuali. Ad oggi i ruoli in base al sesso sono consolidati non solo nei programmi di intrattenimento, ma anche all’interno dei notiziari e nei dibattiti. In questi ultimi raramente si vedranno scienziate o donne manager tra gli ospiti. Nei programmi che si occupano di politica ed economia mancano voci femminili influenti, salvo poi essere interpellate quando si parla di salute, società, famiglia o relazioni.
Campagne contro il sessismo
«Per quale motivo non reagiamo?», questo fu il monito nel 2009 di Lorella Zanardo nel suo significativo film documentario sulla rappresentazione della donna nei media. Per il suo «Il corpo delle donne» ha messo insieme molte scene grottesche provenienti dai programmi televisivi. Si passa dalle starlette, vestite di abitini succinti di paillettes che saltellano sotto la doccia oppure appese ad un gancio da macellaio vicino al prosciutto, prima che venga loro impresso un marchio di qualità sulle natiche in bella vista.
Queste orribili immagini sembrano aver colpito allo stomaco non solo tante donne, ma sempre più uomini. Negli anni passati si è arrivati persino ad alcune campagne e azioni di protesta contro il sessismo. Nel febbraio 2011 un milione di donne e uomini hanno manifestato contro l’allora Presidente del Consiglio Berlusconi per chiedere le sue dimissioni a seguito di un nuovo scandalo sessuale che lo vedeva coinvolto. L’onda di protesta però non è durata a lungo. Le femministe avevano esortato ad organizzare altre manifestazioni, ma i loro comitati sembravano spaccati e indecisi. Dopo l’onda emotiva che ha portato ad una mobilitazione di massa è rimasto solo l’entusiasmo dell’opposizione a questa figura femminile, con donne e uomini tornati entro i propri limiti.
Svolta in Rai?
Vi sono però degli spiragli di luce. La Rai ha rinunciato per la prima volta dopo 25 anni alla trasmissione del concorso di bellezza «Miss Italia». Lo spettacolo non avrebbe perso nulla rimanendo all’interno della televisione pubblica: queste le parole della Presidente della Rai Anna Maria Tarantola a corredo della sua decisione. La stimata economista fu chiamata nel 2012 a ricoprire l’incarico e durante la sua carriera si è sempre impegnata in difesa dei diritti delle donne. Le giovani italiane potrebbero ambire a qualcosa di più di un semplice mostrare il proprio corpo in televisione con un numero, pensa a riguardo la neo Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini. La decisione ha incontrato anche i favori di Susanna Camusso, dal 2010 prima donna al comando della Cgil.
La rinuncia a «Miss Italia» ha portato però anche del malcontento. Nel frattempo è diventato usuale all’interno di tali discussioni categorizzare le donne per una forma di semplificazione. Si passa dalle veline «liberali», alle femministe «frustrate», oppure, come le stesse Boldrini, Camusso e Tarantola, alle bigotte «odiate». Eppure la Tarantola non è la prima Presidente della Rai ad interessarsi del problema dell’eccessiva nudità: Lucia Annunziata, giornalista ex Presidente della RAI, aveva provato invano ad abbigliare le veline in modo più semplice. Per questo la Annunziata era stata attaccata pesantemente soprattutto dalle donne, dato che avrebbe voluto far indossare alle ragazze dei maglioni a collo alto perché gelosa della loro bellezza.