L’aspetto più deprimente della vicenda della perfetta sincronizzazione tra la missione oltreoceano di Letta per tranquillizzare i mercati e la decisione delle dimissioni in massa Pdl è che, una volta di più, abbiamo dato prova del greve ed inguaribile provincialismo che caratterizza il nostro modo di pensare politico. Il nostro povero (ex?) Primo Ministro, infatti, si è trovato a districarsi tra discorsi all’Assemblea Generale dell’Onu e relazioni in vari think tanks per parlare di politica globale, strategie internazionali e futuro del pianeta, mentre i suoi sherpa ricevevano chiamate urgenti urgentissime dai vari Alfano e compagnia bella, offesi che il capo non potesse lasciare il palco a Palazzo di Vetro per conferire immediatamente con loro su questioni essenziali per il futuro dell’umanità quali i mal di pancia di Verdini e Santanchè.
Diciamocelo chiaramente: già i nostri governanti non eccellono per dimensione internazionale e voglia di affacciarsi sul mondo, logorati dall’incessante tiki taka della politica italiana che li tiene ancorati ad un pensiero tutt’altro che di ampio respiro. Inoltre, la nostra importanza strategica a livello internazionale in termini politici, militari ed economici non è così consolidata da meritarci chiamate e convocazioni a destra e a manca quale attore fondamentale di decisioni globali. Insomma, il Letta di turno deve fare un serio sforzo di volontà per spiccare il volo ed andare ad ossigenarsi il cervello fuori dai patri confini. In quei tre giorni in cui respira aria fresca, bisognerebbe istituire una moratoria sugli affari italiani, per permettergli di dimenticarsi di tutte le nostre beghe interne e concentrarsi solo su temi più alti.
Ed invece no: ed invece ogni governante italiano in missione all’estero è inseguito da frotte di giornalisti che gli chiedono conto della dichiarazione di Capezzone e dei tentennamenti di Epifani, della sospensione della prima rata dell’Imu e dell’aumento dell’Iva. E di contorno, appena finita una riunione di lavoro durante la quale non ha risposto al telefono, si ritrova 18 chiamate perse del segretario del partito (nei fatti) d’opposizione, cui per caso capita anche di essere vice-premier, e compagnia cantante. Io credo che questo carrozzone, agli occhi di un osservatore esterno, dia l’impressione di un Paese che non sa guardare oltre il proprio ombelico, ripiegato sui propri affarucci interni senza alcuna proiezione internazionale.
Per questo mi piacerebbe che il prossimo Primo Ministro, chiunque egli o ella sia (Matteo Renzi, Marina Berlusconi, Luigi Di Maio, Enrico Letta bis o il Commissario Basettoni, a scelta) istituisse una regola ferrea durante le proprie missioni all’estero: telefonate su affari italiani solo in caso di entrata in guerra o default del Paese e conferenze stampa focalizzate solamente sui temi oggetto della missione estera, evitando di rispondere a domande relative al solito chiacchiericcio provincial-italico. Sarebbe un ottimo segnale di educazione civile e coscienza politica da parte di tutti, politici e giornalisti.