Marco Tronchetti Provera sarebbe ricorso a “meccanismi illeciti” per “ottenere o cercare di ottenere l’espansione” di Telecom. E lo avrebbe fatto “utilizzando risorse che avrebbero dovuto essere destinate a scopi diversi”. Lo scrive il giudice monocratico di Milano, Anna Calabi, nelle motivazioni della sentenza con cui ha condannato, lo scorso luglio, l’ex presidente della compagnia telefonica a un anno e 8 mesi per ricettazione per il caso “Kroll“, uno dei tanti capitoli dell’inchiesta sui dossier illegali.
Lo scorso 17 luglio, infatti, il numero uno di Pirelli è stato condannato a un anno e 8 mesi (con le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena) per ricettazione, a seguito dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo. Al centro del processo c’era un cd con dati raccolti dall’agenzia di investigazione Kroll che nel 2004, quando era in corso uno scontro tra Telecom e alcuni fondi di investimento brasiliani per il controllo di Brasil Telecom, stava portando avanti un’attività di spionaggio nei confronti di Telecom e della famiglia Tronchetti. Secondo le indagini, quei file di Kroll vennero intercettati dagli uomini del Tiger Team di Giuliano Tavaroli, che era a capo della security dell’azienda, con un’operazione di hackeraggio, e poi fatti avere alla segreteria di Tronchetti. Con quel materiale l’allora numero uno di Telecom fece denuncia sullo spionaggio sia alle autorità italiane che brasiliane. Secondo il pm, però, sarebbe stato consapevole che erano file di “natura illecita”. Tesi accolta dal giudice della settima sezione penale, Anna Calabi.
Nel processo, Telecom si è costituita parte civile contro Tronchetti e il giudice ha riconosciuto all’azienda una provvisionale di risarcimento di 900mila euro. Telecom Italia, infatti, secondo il giudice, “ha patito un danno all’immagine”. Appare superfluo, spiega il giudice, “sottolineare che la condotta illecita dell’amministratore delegato, venuta alla luce attraverso il processo, ha evidenziato i meccanismi illeciti con i quali egli aveva ottenuto o cercato di ottenere l’espansione dell’azienda, utilizzando risorse che avrebbero dovuto essere destinate a scopi diversi”. L’ex hacker Fabio Ghioni e il suo team “avevano scaricato i dati dal computer e li avevano versati su un cd, consegnandolo a Tronchetti Provera tramite Tavaroli”, l’ex capo della security di Telecom. Per il giudice, la condotta di Tronchetti Provera “è grave tanto quanto l’attività” di hackeraggio.
La difesa di Tronchetti rappresentata dall’avvocato Roberto Rampioni, ha spiegato che l’ex presidente di Telecom non sapeva nulla della natura illecita del materiale di cui parlava Tavaroli. Secondo il giudice, invece, la ricostruzione dei fatti fornita da Tavaroli “è apparsa logica”. L’ex capo della security ha spiegato che “era stata compiuta un’attività di intrusione informatica nei confronti di Kroll” ed “era stato acquisito il materiale comprovante un’attività di spionaggio ai danni di Telecom”. A quel punto, si legge ancora nelle motivazioni, “considerata la tipologia del materiale e l’attività illecita che l’aveva originato, Tavaroli aveva ritenuto necessario informare Tronchetti Provera per avere l’avallo all’utilizzo dello stesso materiale”. Per questo ci sarebbe stata la “riunione di via Negri” in cui, secondo la tesi accusatoria accolta dal giudice, l’ex presidente di Telecom avrebbe dato il suo assenso a far arrivare dal Brasile i dati hackerati “consegnati” presso la sua segreteria. A quanto scrive il giudice, l’accusa di ricettazione “trova fondamento non solo nella narrazione di Tavaroli”, sentito in fase di indagini e nel processo, “ma soprattutto nei complessivi riscontri forniti da tutti i testimoni”. Prima tra tutti, Elena Longaretti, l’ex segretaria di Tronchetti Provera.
Le motivazioni depositate dal giudice “confermano che non esiste alcuna prova in merito alla consapevolezza di Marco Tronchetti Provera circa l’origine illecita del materiale acquisito dagli uomini di Tavaroli se non la ricostruzione di Tavaroli stesso” dichiara in una nota l’avvocato Marco De Luca. La ricostruzione di Tavaroli, secondo il legale, è “smentita dagli avvocati Chiappetta e Mucciarelli che, insieme al dott. Tronchetti, parteciparono alla riunione in cui, stando sempre a quanto dichiarato da Tavaroli, sarebbe emersa la modalità illecità dell’acquisizione del citato materiale”. A seguito delle loro dichiarazioni gli avv. Chiappetta e Mucciarelli, si legge ancora nella nota della difesa, “sono stati indagati per il reato di falsa testimonianza. La ‘logicità’ della prova – prosegue il difensore – alla quale il giudice deve ricorrere in assenza di evidenze fattuali, sta quindi esclusivamente nella ricostruzione effettuata da chi la stessa Procura ha definito inattendibile”. Dalle motivazioni “emerge poi come il dottor Tronchetti non abbia mai dato disposizioni per acquisire il materiale in questione”. Nessun peso, aggiunge la difesa, “viene inoltre dato al fatto che il materiale Kroll pervenuto nella sede Pirelli, comprovante lo spionaggio eseguito dall’agenzia Kroll ai danni di Telecom Italia, fu immediatamente inviato all’Autorità giudiziaria brasiliana. Tale comportamento non fu in danno di Telecom Italia, ma evidentemente volto a tutelare l’azienda”.
È quindi, conclude la difesa, “davvero paradossale arrivare a sostenere, come fa il giudice, che la condotta di Marco Tronchetti Provera ‘ha evidenziato i meccanismi illeciti con i quali egli aveva ottenuto o cercato di ottenere l’espansione dell’azienda’, trasformando di fatto in modo del tutto ‘illogico’ lo spionaggio ai danni di Telecom Italia, di Marco Tronchetti Provera e della sua famiglia, in un danno che quest’ultimo avrebbe arrecato alla stessa azienda e ad alcuni dei soggetti coinvolti”.