Una percentuale di lavori pubblici in cambio della denuncia. Questa la proposta lanciata ieri sera dal testimone di giustizia Ignazio Cutrò in un incontro organizzato a Lonate Pozzolo, in provincia di Varese, dai ragazzi del movimento antimafie “Ammazzateci Tutti”. Il passaggio è semplice: oltre che la protezione, i testimoni di giustizia hanno bisogno di poter continuare a lavorare, allora lo Stato deve garantirgli questo lavoro.
Ignazio Cutrò è un imprenditore siciliano che vive sotto scorta a causa delle proprie denunce. È anche presidente dell’Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia, con la quale è riuscito ad ottenere prima dal presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, e poi dal governo in carica, un decreto legge in cui si equiparano i testimoni di giustizia ai familiari delle vittime di mafia. Con questa equiparazione si apre una corsia preferenziale nell’assunzione di chi ha denunciato la mafia all’interno della pubblica amministrazione.
Non basta però. Ignazio Cutrò ieri sera, in uno dei tanti paesini della Lombardia che sono stati oggetto di indagini e processi contro la ‘ndrangheta, ha denunciato il silenzio degli imprenditori del nord. “Praticamente nessun imprenditore in Lombardia ha denunciato o confermato in aula di giustizia le intimidazioni mafiose”. Ecco allora la proposta. Il problema più grande per un imprenditore che denuncia i mafiosi è il dover abbandonare tutti i sacrifici di una vita, la propria attività, e trasferirsi in un altro luogo. Bisogna invertire la tendenza e per farlo bisogna garantire agli imprenditori di poter continuare a lavorare.
Una percentuale di appalti pubblici a chi denuncia le intimidazioni mafiose. Chissà che la politica lombarda non inizi a prendere in considerazione l’ipotesi, a partire dall’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni che oggi da presidente della Regione Lombardia si trova a fronteggiare la grande sfida di Expo. Creiamo le così dette “white list” e diamo ai cittadini onesti i soldi di tutti gli altri cittadini onesti.