Il Corriere di qualche giorno fa dedicava due pagine alla seguente notizia: Maserati e Zegna stipulano una partnership triennale per produrre un prototipo di auto iper-lusso con interni disegnati da Zegna. La prima Maserati in doppio petto! Davvero, un’auto che si indossa come un Blazer di Cashmere o pregiata flanella gessata con interno in seta che diventa pelle, magari con i famosi revers che l’Avvocato Agnelli si faceva tagliare dal grande Caraceni. Marcatamente arquati e tirati a mano stringendoli con i denti da un lato. Il genio italico per l’alta gamma partorirà cento esemplari esclusivi e la grande stampa esulta e celebra.

Qui bisogna stare attenti, perché a ogni criticare scatta subito il ricatto dell’occupazione, dell’esportazione, dell’immagine nel mondo. Sono ben lieto che i nostri paladini del Made in Italy tentino di piazzare questi cento esemplari a qualche emiro o nuovo ricco russo (sempre a patto di sapere che questi ultimi potevano anche prima presentarsi da Dolce & Gabbana o Ferragamo e chiedere di foderare i sedili di qualsiasi fuoriserie al mondo, dalla sera alla mattina).

Quello che stupisce leggendo le due paginate del giornale, oltre la sbrodolata retorica sul Made in Italy, è che non emerge una sola traccia di vera portata innovativa. Il mondo sta cambiando, un ingegnere indiano di 25 anni forse in questo momento sta studiando una tecnologia ibrida fantastica, un chimico svedese sta sperimentando sull’idrogeno, i tecnici americani promettono la guida automatica, i tedeschi il sistema frenante con sensore radar. E noi? Noi rispondiamo con la “pelle che diventa seta” e gli abiti e accessori da uomo da abbinare all’auto! Qui dobbiamo decidere da che parte stare: se vogliamo almeno tentare di competere o continuare a vendendo fumo, il marchio, l’immagine come sempre. Ma quanto potrà durare?

Io non mi stanco mai di ripeterlo perché ho vissuto quegli anni. La moda italiana è potuta affermarsi grazie a particolari congiunture storiche, a operazioni di sperpero pubblico scandalose e rimosse (vedi il caso Gepi) e in particolare un’economia basata sul debito che consentiva la circolazione di enorme liquidità.

Ma oggi siamo in un’altra era. È indispensabile da chiunque un superamento, e in particolare delle banche che devono spostare capitali sui settori innovativi e comparti in cui i ragazzi di oggi possano competere (e restare in Italia). Ci vuole fiducia. Invece queste operazioni mostrano quasi sempre la pigrizia nella quale vivacchiamo. Sarà anche una bellissima auto di lusso questa Maserati-Zegna, per carità, ma la verità è che si tratta di due crisi in un prodotto solo.

Non si tratta solo di bilanci, il fatto centrale di questa crisi è che non si può pensare di uscirne con regole legate al vecchio modello di sviluppo. È in atto una una vera rivoluzione culturale, la stessa concezione di ricchezza non sarà la stessa che abbiamo finora vissuta. E noi italiani non possiamo fare orecchie da mercante. Ci riteniamo i predestinati del mondo alla creazione del cosiddetto lusso, mentre milioni di nuovi consumatori nel mondo non hanno neanche ancora progettato di acquistare una bicicletta o una sedia.

E poi da noi, cosa hanno prodotto decenni di promozione del futile e l’effimero? Milioni di abitazioni senza un libro ma con gli armadi pieni di griffe. Promuoviamo super auto da 350mila euro, da lanciare su strade che stanno diventando mulattiere per mancanza di soldi, perché ai Comuni gli incassi dalle multe servono per comprare il latte agli asili. Io credo che sia tempo di grandi riflessioni e che i grandi imprenditori lascino perdere i giochini di marketing e si pongano domande su cosa davvero serve all’umanità di oggi, all’interno di un mondo interconnesso. E poi agiscano con coraggio.

In collaborazione con Alox Cross Media Player

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