L'arte lungo le strade di uno dei più conosciuti quartieri del capoluogo lombardo: un "contenitore" aperto al pubblico, inclusivo e con uno sguardo di particolare attenzione rivolto ai paesi più lontani.
Un ecosistema dinamico: un viaggio in una nuvola d’arte spalmata su gallerie, showrooms e palazzi storici situati nel vibrante quartiere milanese di Brera. Non è la descrizione di una manifestazione eterea, ma immaginate uno spazio cittadino reso vivo dalle opere artistiche, non più rinchiuse in spazi ma libere di esprimersi nelle strade: tutto questo è Brerart, una serie di eventi dedicati all’arte contemporanea moderna e internazionale, che dal 23 al 27 ottobre adorneranno Brera, il noto quartiere della Milano bene culla di artisti e movimenti culturali. Ma se pensate che si tratti di una gita fuori porta per pochi eletti radical-chic con la capacità di spendere e spandere, vi sbagliate di grosso. Innanzitutto, la prima novità è proprio la “pubblicizzazione” degli spazi espositivi, in modo che le vetrine siano le strade. Come spiega Oddone Sangiorgi, imprenditore, collezionista e uno dei promotori di Brerart: «Il weekend dedicato alla mostra più grande di Brera, diventa anche un’opportunità per conoscere e scoprire straordinari edifici storici e siti culturali trasformati dall’arte contemporanea. Un eccezionale itinerario dalle gallerie alla città, che offre una presentazione libera ma sistematica dell’arte contemporanea».
Tutto inizia con l’ideazione di un contenitore nuovo, aperto al pubblico, dove dal concetto di esclusività dell’opera d’arte si passa all’inclusività delle persone. «E’ il primo anno di Brerart – racconta Roberto Luise dell’agenzia Tao-B, che insieme al Consorzio Fia ha organizzato la kermesse – e puntavamo a 30 partecipanti: ne abbiamo messi insieme 80 e ormai gli artisti espositori sono 400. Come abbiamo fatto? Oggi il problema è la disponibilità di fondi e allora abbiamo pensato a delle forme di “baratto”: se non avete soldi, dateci prodotti o location, come l’arredamento di un interno o il Palazzo Reale. Ed ha funzionato. Anziché la classica fiera cercavamo il coinvolgimento della cittadinanza: infatti tutti gli eventi sono free per i partecipanti. Per noi era importante l’inclusività: quindi mentre abbiamo scelto gli artisti italiani, per quelli stranieri ho lasciato la porta aperta alle iniziative più disparate anche per dare spazio a chi l’arte l’ha dentro ma non ha i mezzi economici o le possibilità logistiche per esprimerla. Ad esempio, ci saranno quattordici artisti venezuelani che esporrano le loro opere: progetto nato in collaborazione con il Museo de Arte Contemporaneo de Caracas e la Fondazione Matalon. E poi c’è lo spazio peruviano che racchiude diverse forme d’arte e rappresenta la cultura d’immigrazione in Italia».
Di cosa si tratta, lo spiega Roberto Reyes, presidente dello Studio 3R di mediazione linguistica-culturale: «Volevamo coinvolgere pittori migranti peruviani qui in Italia che sono artisti senza possibilità economiche e luoghi per esprimersi: abbiamo chiesto loro di selezionare quadri sulle donne per riprendere il tema del femminicidio e così adesso Amnesty International presenterà nella mostra dei quadri una nuova analisi sulla violenza sulle donne nel mondo. E nel contempo volevamo mostrare giovani stranieri che a titolo proprio si esibiscono: lo faranno con danze tipiche peruviane e sudamericane e in una mostra teatrale che coinvolge italiani e peruviani ed ancora con l’esibizione del coro hispanoamericano. Abbiamo anche chiesto al Castello Sforzesco l’opportunità di accogliere queste manifestazioni in qualche spazio. Perché proprio il Castello? Custodisce delle importantissime opere d’arte peruviane: questa è un’occasione per ravvivarle con delle manifestazioni contemporanee».