Dodici anni e sei mesi di reclusione. Definitivi in Cassazione. E’ la condanna subita da Massimo Pigozzi, agente di polizia ritenuto colpevole di quattro stupri consumati nel 2005 nella Questura di Genova ai danni di altrettante donne fermate, prostitute romene e senza fissa dimora che poi hanno identificato il poliziotto e riconosciuto le celle. E a pagare, hanno stabilito i giudici dovrà essere anche il ministero dell’Interno. Ma il nome di Pigozzi emerge anche nelle cronache del G8 di Genova del 2001. Nella caserma di Bolzaneto divaricò le dita di uno dei manifestanti fermati, fino a lacerargli la carne. Uno degli episodi più gravi tra le violenze e gli abusi compiuti nel centro di detenzione temporanea allestito per il vertice dei “Grandi”, costato all’agente un’altra condanna definitiva a tre anni e due mesi. La vittima, Giuseppe Azzolina, venne poi suturato nel centro medico di Bolzaneto con 25 punti, senza alcuna anestesia, e ha riportato un’invalidità permanente.
Anche su questa base i giudici hanno condannato il ministero dell’Interno a risarcire le vittime. Nelle motivazioni depositate oggi – il verdetto risale al 5 giugno – i giudici affermano che proprio dato il precedente di Bolzaneto, il Viminale non avrebbe dovuto mettere l’agente a contatto con persone fermate. Su questo punto la Cassazione ha ribaltato il verdetto della Corte di Appello che il 12 giugno 2012 aveva escluso la colpa del ministero, in quanto il “comportamento dell’imputato – per i giudici di secondo grado – non era finalizzato al raggiungimento di fini istituzionali”. Questo punto di vista non è stato condiviso dalla Cassazione che ha accolto il ricorso di una delle donne abusate che aveva chiamato in causa anche lo Stato a pagare, insieme al poliziotto, la cifra (non nota) fissata come risarcimento per gli abusi subiti nelle celle di sicurezza.
“E’ stato accertato – scrive la Cassazione, sentenza 40613 della Terza sezione penale depositata oggi – che i fatti si sono svolti all’interno di un ufficio di polizia e durante il servizio di vigilanza alle persone fermate, con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti la funzione pubblica di agente di polizia”. I reati sono stati commessi nell’esercizio delle mansioni assegnate al poliziotto dunque, “andava confermata la responsabilità civile dello Stato che, peraltro, nonostante il Pigozzi fosse già stato coinvolto in fatti di violenza contro soggetti in stato di fermo e condannato in primo grado, ha ritenuto opportuno adibirlo ancora una volta allo svolgimento di mansioni che prevedevano il contatto diretto con le persone arrestate o fermate e che quindi rendevano elevatissimo il rischio di commissione di reati della stessa indole”. Con questa decisione – presidente Alfredo Teresi, relatore Lorenzo Orilia – la Cassazione ha deciso nel merito e ha ridato vigore all’originaria condanna inflitta anche allo Stato in primo grado.