Il tribunale nell'ordinanza che ha scongelato beni per 251 milioni: "Sicuramente la diffusione della notizia del falso bilancio consolidato ha influito sul prezzo delle azioni, ma ciò non può aver costituito alcun incremento del patrimonio di FonSai perchè le azioni non sono di proprietà dell’ente ma degli azionisti
Il falso in bilancio di Fondiaria Sai può avere alterato il valore delle azioni ma questo non ha incrementato il patrimonio della compagnia assicurativa e, dunque non si può procedere alla confisca di beni per equivalente. E’ questa la motivazione per cui il Riesame di Torino ha disposto il dissequestro di beni e immobili della compagnia, di ex manager e dei Ligresti per 251,6 milioni di euro che erano stati sequestrati il 10 agosto scorso in via preventiva su richiesta del pm Marco Gianoglio, come equivalente del danno che avrebbero subito gli azionisti di FonSai.
“Sicuramente la diffusione della notizia del falso bilancio consolidato ha influito sul prezzo delle azioni, ma ciò non può aver costituito alcun incremento del patrimonio di FonSai perchè le azioni non sono di proprietà dell’ente ma degli azionisti”, si legge nell’ordinanza di 12 pagine. “E’ agevole sostenere la sussistenza dell’interesse – concorrente, quanto meno con quello dei soggetti indagati – della società alla diffusione del bilancio contenente false informazioni, tuttavia la plusvalenza o la minusvalenze delle azioni FonSai, quale conseguenza di un comportamento penalmente rilevante dei propri amministratori non può costituire un incremento patrimoniale societario e, di conseguenza, non può essere confiscata quale profitto del reato”, continua il documento nel quale appunto il collegio di giudici boccia “il giudizio di equivalenza tra il valore del patrimonio della società e il valore delle azioni”.
La competenza territoriale del processo, in ogni caso, secondo il Riesame è di Torino e non di Milano perché le e-mail con cui Fondiaria Sai diffuse le presunte false informazioni relativamente al bilancio 2010 partirono dall’ufficio “investor relations” della compagnia a Torino. Rigettato, quindi, il ricorso presentato da Salvatore e Jonella Ligresti che avevano eccepito l’incompetenza territoriale del tribunale del capoluogo piemontese. “In ogni caso – si legge nelle motivazioni – era stato Torino ad occuparsi della diffusione del bilancio 2010”. Per i comunicati di routine, scrivono i giudici, “la mail veniva inviata immediatamente, non appena il collega comunicava (al dipendente incaricato di spedirlo, ndr) l’orario di avvenuta comunicazione al Nis di Milano”. I comunicati invece che “contenevano dati sensibili come il bilancio” erano inviati alla Consob per una preventiva lettura”.
Proseguono, intanto, gli interrogatori: mercoledì 2 Jonella Ligresti sarà nuovamente sentita in procura. L’ex presidente di Fondiaria Sai è indagata per falso in bilancio e aggiotaggio informativo, così come la sorella Giulia (che ha patteggiato), il padre Salvatore (che si è avvalso della facoltà di non rispondere) e il fratello Paolo (che è in Svizzera dal giorno degli arresti e non è mai tornato in Italia). La Ligresti era già stata interrogata due volte prima dell’estate. Questo nuovo colloquio è voluto dall’indagata per chiarire alcuni aspetti della vicenda.