Le incognite straniere non si fermano ad Alitalia e Telecom Italia, ma arrivano a toccare anche quel che resta del salotto buono di Mediobanca. Che, è bene ricordalo, nonostante l’annunciato piano di dismissioni avrà pur sempre in mano delle partecipazioni “strategiche” nel Paese, come il 10% delle Assicurazioni Generali da sempre considerate la cassaforte d’Italia. Nel nuovo accordo tra i soci che dal 2014 controlleranno Piazzetta Cuccia, il finanziere bretone Vincent Bolloré manterrà il proprio 6% della banca, quota singola inferiore solo a Unicredit (8,697%). Non solo. Entro fine anno l’industriale francese piloterà l’ingresso di un nuovo azionista nell’accordo di governo della banca in sostituzione della compagnia assicurativa Groupama, appena uscita dal patto con il suo 4,928% che, insieme al pacchetto di Bollorè portava all’11% la partecipazione ufficiale dei francesi in Piazzetta Cuccia.
Lo stesso Bollorè ha fatto capire le proprie intenzioni in modo molto chiaro nella serata di martedì quando ha salutato l’uscita di Groupama ricordando che il gruppo dei soci francesi di Mediobanca rappresenta l’11% del capitale dell’istituto. Senza contare, poi, che la stessa compagnia transalpina ha precisato di non avere alcuna intenzione di vendere la partecipazione italiana che, quindi, è solo libera dai laccioli delle intese tra grandi soci. Detta in altri termini, gli equilibri azionari di Piazzetta Cuccia sono ancora in divenire e la differenza la faranno i francesi. Con Bolloré, che sul piatto ha messo la rinuncia alla vicepresidenza delle Generali ufficialmente per “poter consacrare più tempo a Vivendi, società in cui è stato appena nominato vicepresidente”. E intanto ha voluto ricordare come l’investimento nella banca d’affari sia “una posizione di lungo termine che testimonia la fiducia nell’economia italiana e, più in particolare, nella qualità della gestione di Mediobanca e delle Generali”.
Una gestione che, nel caso di Mediobanca, è concentrata a portare avanti in un piano di dimissione del portafoglio di partecipazioni tra le quali spiccano Rcs, di cui la banca ha poco meno del 15% ; il 7,3% della holding Telco che controlla Telecom, oggetto del recente accordo con gli spagnoli di Telefonica; e il 13,465% delle Generali destinato a scendere al 10%, ma anche la holding Gemina che ha in mano gli aeroporti di Roma o Sintonia la finanziaria con cui i Benetton controllano le autostrade italiane e straniere. Obiettivo, focalizzarsi sul core business bancario del credito al consumo di Compass e del retail di Che Banca!, oltre che dell’investment banking e delle gestioni patrimoniali. Tutte operazioni che fanno parte di un piano al 2016 per rafforzare la struttura della banca in cui Bolloré entrò anni addietro in quanto finestra sul capitalismo italiano.
Ma se da un lato le dimissioni serviranno a rafforzare patrimonialmente Mediobanca, dall’altro, cambieranno per sempre il suo ruolo di salotto buono. La partecipazione in Piazzetta Cuccia resta comuqneu strategica per i francesi anche solo per il fatto che le cessioni sono appena iniziate. E l’affare Telecom insegna che potrebbero anche avvenire a prezzi stracciati rispetto al passato per asset di assoluto rilievo. E inevitabilmente chi siede nel consiglio di amministrazione di Mediobanca osserverà da vicino i processi di vendita. Argomento interessante per un uomo d’affari e un industriale come Bolloré che, proprio nelle telecom e nell’editoria, ha in Francia interessi importanti. Anche più rilevanti dell’amico franco tunisino Tarak Ben Ammar da sempre vicino a Mediobanca e, sul caso Telecom, da sempre a favore di una ricapitalizzazione del gruppo.
L’industriale bretone, che ha in mano il primo gruppo di free press d’Oltralpe con Direct Matin (più di un milione di copie al giorno), è infatti il primo azionista di Vivendi, società media francese cui fa capo la prima pay tv cisalpina, Canal+, e il secondo più importante operatore telecom wireless di Francia, Sfr, con ramificazioni anche nel Magreb. Su Vivendi Bolloré, che è anche socio di peso nel gruppo pubblicitario Havas (37,05%) e azionista della rivale Aegis (6,4%) ha appena vinto la partita della separazione delle attività di tlc da quelle media mettendo sotto scacco il presidente Jean René Fortou. Un tassello importante, ma evidentemente non il solo, nel progetto di sviluppo del polo media del gruppo Bolloré che spazia dalle auto elettriche alle pellicole per condensatori passando per la logistica da e per l’Africa.