Tutta la battaglia era partita dalla contestazione di quei testamenti olografi. Adesso il Ris, il reparto investigazioni scientifiche di Parma ha stabilito che il lascito è autentico: grafia e firma. Potrebbe dunque essere a una svolta la vicenda della eredità Faac, la multinazionale dei cancelli di Bologna. Alla morte del padrone Michelangelo Manini nel marzo 2012 erano spuntati due testamenti firmati dal manager che lasciava tutti i suoi beni alla Chiesa Cattolica. Ne era scaturita una guerra legale che per un anno e mezzo ha tenuto banco sulle cronache cittadine e nazionali: da una parte i parenti del defunto hanno sempre contestato la genuinità di quei testamenti (secondo loro non scritti da Manini); dall’altra la Curia di Bologna che nel giro di poche settimane dal decesso aveva messo mano ai conti milionari intestati all’imprenditore e preso possesso delle azioni dell’azienda, arrivando a piazzare i suoi uomini nel consiglio di amministrazione. Il cardinale Carlo Caffarra era andato persino a fare visita agli operai in fabbrica.
Adesso, secondo la consulenza grafologica disposta dalla Procura di Bologna, i testamenti di Michelangelo Manini che lasciano tutto alla Chiesa sono autentici. Il fascicolo d’indagine in questione, a carico di ignoti, era stato aperto dal procuratore aggiunto Valter Giovannini e dal sostituto Massimiliano Rossi sulla base di un esposto presentato proprio dai familiari di Manini. Gli stessi parenti avevano impugnato i testamenti anche in sede civile, contestandone fin dall’inizio l’autenticità. Dopo il loro ricorso, alla fine del 2012, il 66 % delle azioni Faac (cioè la quota finita in mano alla Chiesa, il resto è in mano a un gruppo straniero) era stato posto sotto sequestro in attesa che si facesse chiarezza sul merito di quei testamenti di Manini, scritti, si presume, alla fine degli anni Novanta. Così dalla fine del 2012 la multinazionale è stata affidata a un custode giudiziario che tuttora ne regge le sorti. Erano seguiti una serie di ricorsi della Curia al giudice civile, ma quasi sempre sono stati respinti.
Proprio nell’ambito del sequestro c’è stata poi la vicenda dei conti in banca. A marzo scorso il tribunale ha dovuto chiedere all’Arcidiocesi di mettere a disposizione alcuni conti, dove erano depositati 36 milioni di euro, che non si riusciva a sequestrare, così come i 14 milioni di euro dei dividendi 2011 della Faac. Poi sono ricomparsi anche 23 milioni di euro su un conto in Svizzera, intestato prima a Michelangelo poi, alla sua morte, alla Curia. Quest’ultima dal canto suo si è sempre difesa, sostenendo di non avere mai utilizzato quei soldi e di averne solo cambiato l’intestazione.
In estate infine la vicenda Faac si è spostata sotto le mura vaticane arrivando a coinvolgere persino papa Francesco, che nel suo cammino per una Chiesa povera, non avrebbe gradito il possesso da parte della Curia bolognese di una ricchezza stimata in circa 1 miliardo e mezzo di euro, se si considera l’azienda e altri beni mobili e immobili passati da Manini all’arcidiocesi.
Non solo: due importanti cardinali, uno dei quali ai vertici dello Ior, all’inizio dell’estate si erano fatti portavoce anche di un tentativo di avvicinamento per strappare un accordo bonario di alcuni parenti nei confronti della Curia di Bologna, che però non è mai voluta retrocedere dalla difesa dei suoi diritti ereditari. Le trattative, che oltre ai porporati hanno coinvolto anche avvocati (tre di questi ultimi sono finiti indagati per tentata estorsione) e faccendieri, sono finite a loro volta sotto l’occhio della Procura.
I parenti di Michelangelo Manini sono decisi ad andare avanti nella loro battaglia per quella eredità. “La perizia di parte della Procura sostiene che i testamenti sono veri, la perizia di parte nostra che sono falsi. Vedremo cosa dirà il perito d’ufficio in sede civile. La questione non è semplice”, ha spiegato l’avvocato Rosa Mauro, che assiste Mariangela Manini e Carlo Rimondi, cugina e zio del proprietario della Faac Michelangelo.
Emilia Romagna
Eredità Faac alla Curia, Ris: “I testamenti di Manini sono autentici”
Il reparto investigazioni scientifiche di Parma ha stabilito che il lascito appartiene al defunto, sia la grafia che la firma. Alla morte del proprietario erano spuntati due testi firmati dal manager nei quali si lasciavano tutti i beni alla Chiesa cattolica. Da lì una guerra legale dei parenti che ora potrebbe subire una svolta
Tutta la battaglia era partita dalla contestazione di quei testamenti olografi. Adesso il Ris, il reparto investigazioni scientifiche di Parma ha stabilito che il lascito è autentico: grafia e firma. Potrebbe dunque essere a una svolta la vicenda della eredità Faac, la multinazionale dei cancelli di Bologna. Alla morte del padrone Michelangelo Manini nel marzo 2012 erano spuntati due testamenti firmati dal manager che lasciava tutti i suoi beni alla Chiesa Cattolica. Ne era scaturita una guerra legale che per un anno e mezzo ha tenuto banco sulle cronache cittadine e nazionali: da una parte i parenti del defunto hanno sempre contestato la genuinità di quei testamenti (secondo loro non scritti da Manini); dall’altra la Curia di Bologna che nel giro di poche settimane dal decesso aveva messo mano ai conti milionari intestati all’imprenditore e preso possesso delle azioni dell’azienda, arrivando a piazzare i suoi uomini nel consiglio di amministrazione. Il cardinale Carlo Caffarra era andato persino a fare visita agli operai in fabbrica.
Adesso, secondo la consulenza grafologica disposta dalla Procura di Bologna, i testamenti di Michelangelo Manini che lasciano tutto alla Chiesa sono autentici. Il fascicolo d’indagine in questione, a carico di ignoti, era stato aperto dal procuratore aggiunto Valter Giovannini e dal sostituto Massimiliano Rossi sulla base di un esposto presentato proprio dai familiari di Manini. Gli stessi parenti avevano impugnato i testamenti anche in sede civile, contestandone fin dall’inizio l’autenticità. Dopo il loro ricorso, alla fine del 2012, il 66 % delle azioni Faac (cioè la quota finita in mano alla Chiesa, il resto è in mano a un gruppo straniero) era stato posto sotto sequestro in attesa che si facesse chiarezza sul merito di quei testamenti di Manini, scritti, si presume, alla fine degli anni Novanta. Così dalla fine del 2012 la multinazionale è stata affidata a un custode giudiziario che tuttora ne regge le sorti. Erano seguiti una serie di ricorsi della Curia al giudice civile, ma quasi sempre sono stati respinti.
Proprio nell’ambito del sequestro c’è stata poi la vicenda dei conti in banca. A marzo scorso il tribunale ha dovuto chiedere all’Arcidiocesi di mettere a disposizione alcuni conti, dove erano depositati 36 milioni di euro, che non si riusciva a sequestrare, così come i 14 milioni di euro dei dividendi 2011 della Faac. Poi sono ricomparsi anche 23 milioni di euro su un conto in Svizzera, intestato prima a Michelangelo poi, alla sua morte, alla Curia. Quest’ultima dal canto suo si è sempre difesa, sostenendo di non avere mai utilizzato quei soldi e di averne solo cambiato l’intestazione.
In estate infine la vicenda Faac si è spostata sotto le mura vaticane arrivando a coinvolgere persino papa Francesco, che nel suo cammino per una Chiesa povera, non avrebbe gradito il possesso da parte della Curia bolognese di una ricchezza stimata in circa 1 miliardo e mezzo di euro, se si considera l’azienda e altri beni mobili e immobili passati da Manini all’arcidiocesi.
Non solo: due importanti cardinali, uno dei quali ai vertici dello Ior, all’inizio dell’estate si erano fatti portavoce anche di un tentativo di avvicinamento per strappare un accordo bonario di alcuni parenti nei confronti della Curia di Bologna, che però non è mai voluta retrocedere dalla difesa dei suoi diritti ereditari. Le trattative, che oltre ai porporati hanno coinvolto anche avvocati (tre di questi ultimi sono finiti indagati per tentata estorsione) e faccendieri, sono finite a loro volta sotto l’occhio della Procura.
I parenti di Michelangelo Manini sono decisi ad andare avanti nella loro battaglia per quella eredità. “La perizia di parte della Procura sostiene che i testamenti sono veri, la perizia di parte nostra che sono falsi. Vedremo cosa dirà il perito d’ufficio in sede civile. La questione non è semplice”, ha spiegato l’avvocato Rosa Mauro, che assiste Mariangela Manini e Carlo Rimondi, cugina e zio del proprietario della Faac Michelangelo.
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(Adnkronos) - La Roma batte la Lazio per 2-0 e si aggiudica il derby del 5 gennaio 2025, valido per la 19esima giornata della Serie A. I giallorossi si impongono con i gol di Pellegrini (10') e Saelemakers (18'). Il successo consente alla formazione allenata da Ranieri di salire a 23 punti, a metà classifica. La Lazio rimane a quota 35 punti, al quarto posto, e perde la chance di guadagnare terreno su Juventus e Fiorentina, appaiate a 32.
Ranieri per il derby sceglie, un po' a sorpresa, Pellegrini dal 1' a supporto di Dybala e Dovbyk. In mezzo al campo Konè e Paredes, e sulle corsie laterali confermati Saelemakers e Angelino. Baroni dall'altra parte opta per Isaksen preferito a Tchaouna a destra per completare la trequarti con Dele-Bashiru e Zaccagni. In avanti Castellanos.
Al 3' Koné si libera al limite dell'area e conclude con un destro a giro ma è bravo Provedel a respingere in angolo. La Lazio prova a reagire e al 5' Tavares serve Isaksen ma la conclusione viene ribattuta due volte e sulla respinta Marusic manda alto sopra la traversa. Al 10' la Roma passa: grande ripartenza dei giallorossi con Dybala che allarga, poi la palla arriva al limite a Pellegrini che con un tiro a giro di gran classe batte Provedel per l'1-0. La Lazio accusa il colpo e la Roma prova ad affondare.
Al 13' iniziativa personale di Hummels che conduce palla per diversi metri prima di concludere verso lo specchio ma la palla viene deviata in angolo. Al 17' la squadra di Baroni prova a reagire con Isaksen ma il rasoterra è troppo lento.
Al 18' la Roma raddoppia: sul rinvio di Svilar arriva la sponda di Dovbyk per Dybala si presenta al limite dell'area e scarica per Saelemakers che conclude di destro, Provedel respinge ma sulla respinta il belga deposita in rete il gol del 2-0. I biancocelesti continuano a fare girare il pallone per trovare lo spazio giusto e al 22' Dele-Bashiru semina il panico sulla trequarti prima di concludere verso la porta ma è decisivo l'intervento di N'Dicka. Al 38' ancora Lazio pericolosa con Isaksen che devia il cross di Tavares ma la sua spizzata termina al lato.
Ad inizio ripresa Baroni cambia e inserisce Tchaouna e Dia per Isaksen e Dele-Bashiru. La Lazio spinge e sfiora il gol al 48' con Castellanos su cui è attento Svilar e al 50' con Guendouzi che dalla lunga distanza lascia partire un mancino, deviato, su cui Svilar si invola a manda in angolo. La squadra di Ranieri dopo i primi minuti di difficoltà sfiora il tris al 58' ancora con Pellegrini che tenta la conclusione di mancino ma è bravo Provedel a respingere e bloccare su un successivo rimpallo. La Lazio riprende a spingere e Hummels salva su Zaccagni entrato in area dopo aver saltato Mancini.
Al 60' enorme occasione per i biancocelesti con Tchaouna, ben servito da Dia di testa, davanti a Svilar tocca male e va a colpire la parte alta della traversa. Al 65' ancora Lazio pericolosa, questa volta con Tchaouna che di tacco prova a servire Castellanos ma decisivo Hummels in copertura. Poi Ranieri cambia Pellegrini e Saelemakers inserendo Pisilli ed El Shaarawy.
La pressione della Lazio non accenna ad affievolirsi e al 69' Castellanos conclude da posizione defilata ma è attento Svilar. Ranieri cerca forze fresche e toglie Dybala e Dovbyk per Baldanzi e Shomurodov. Al 76' la Roma si salva ancora sull'ennesimo spunto di Tchaouna che crossa per Zaccagni che è bravo a servire Dia a due passi dalla porta ma è decisivo l'intervento di N'Dicka. Al 79' altra perentoria azione di Tavares che entra in area e conclude di sinistro ma il suo tiro termina di pochissimo al lato. Finale concitato e nervoso con rissa finale e Lazio che chiude in dieci uomini per l'espulsione di Castellanos. La Roma vince il derby, la squadra che va tutta sotto la Sud a ricevere l'abbraccio del pubblico giallorosso.
Perugia, 5 gen. (Adnkronos) - Ha sparato con la pistola di servizio (Glock 17 cal. 9) regolarmente detenuta un colpo alla moglie 29enne, romena, per poi spararsi alla tempia. Sono i dettagli emersi dalla ricostruzione dell'omicidio-suicidio avvenuto questa mattina a Gualdo Tadino, nella frazione Gaifana, in una abitazione in via degli Ulivi.
L'uomo, una guardia giurata di 38 anni, è stato trovato senza vita accanto alla vittima. I rilievi ancora in corso, a cura della Sezione rilievi del Nucleo Investigativo di Perugia e Compagnia Carabinieri di Gubbio, confermano la dinamica. Secondo gli investigatori, il movente sarebbe legato a dissidi coniugali. Sul posto il medico legale e il sostituto procuratore di turno.
Roma, 5 gen. (Adnkronos) - Una pronuncia del Consiglio regionale della Sardegna sulla decadenza della presidente della Regione Alessandra Todde per presunte irregolarità sul rendiconto delle spese elettorali non è ipotizzabile nell'immediato. "Secondo la Corte costituzionale (sent. 387/1996) la questione della pronuncia del Consiglio regionale sulla decadenza si porrà solo nel momento in cui il provvedimento diventerà 'definitivo'". A indicare la significativa sentenza della Consulta è il professore ordinario di Diritto pubblico all'università di Roma Tor Vergata, Giovanni Guzzetta che, analizzando all'Adnkronos una vicenda ingarbugliata sia sul fronte politico che giudiziario, rileva anche che"il giudizio del Consiglio regionale è sempre sindacabile in sede giurisdizionale".
Pertanto, "immaginando che la Presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto, sul piano giudiziario i tempi non saranno brevi: la lunghezza dei tempi si trasforma in una prolungata spada di Damocle 'politica' sulla Presidente e sulla sua legittimazione. E qui, subentrano tutte le valutazioni di opportunità che non spetta a me fare".
Secondo il costituzionalista, "la vicenda è molto complessa perché ha evidentemente implicazioni politiche e giuridiche ma le letture appaiono molto semplificate e assertive". "Sul piano politico - analizza - ci troviamo di fronte ad una ordinanza-ingiunzione che contesta gravi violazioni della disciplina in materia di spese elettorali e relativa rendicontazione. In base alla legislazione vigente applicabile anche alla regione Sardegna, a seguito dell’accertamento di tali violazioni consegue anche la sanzione accessoria della decadenza, in quanto si concretizza una causa di ineleggibilità del consigliere regionale che si riflette sulla carica di presidente della Regione, perché, in base alla disciplina vigente ribadita dalla stessa legislazione sarda, il Presidente non può non essere anche membro del consiglio regionale. Sul piano politico la rilevanza della questione, e quindi le conseguenze in termini di opportunità, sono rimesse alle valutazioni degli interessati e al dibattito politico".
"Sul piano giuridico quello che succede è che il provvedimento, che è immediatamente esecutivo, è comunque un provvedimento amministrativo, sebbene adottato da un organo particolarmente autorevole in quanto istituito presso la Corte d’Appello e presieduto dal Presidente della Corte d’Appello. A tale provvedimento si può fare opposizione davanti al giudice ordinario, cui spetta anche decidere se sospenderne o meno l’esecutività. Secondo la Corte costituzionale (sent. 387/1996) la questione della pronuncia del Consiglio regionale sulla decadenza si porrà nel momento in cui il provvedimento diventerà “definitivo” (cioè una volta esauriti i gradi di giudizio di impugnazione dell’ordinanza o qualora tale impugnazione non ci sia, nei termini di 30 giorni dall’adozione del provvedimento). Da questa sentenza della Corte costituzionale sembrerebbe dunque che fino a quel momento il Consiglio non possa pronunciarsi, anche se il provvedimento del Collegio regionale di Garanzia rimanesse esecutivo".
Guzzetta osserva che "in questa prospettiva, immaginando che la Presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto bisognerà attendere i vari gradi di giudizio e potrebbero passare mesi. Nel momento in cui il provvedimento, confermato dai giudici, divenisse effettivamente definitivo spetterebbe al Consiglio regionale dichiarare la decadenza. Sui poteri del Consiglio in questa materia c’è molta confusione, perché si tende a pensare in modo analogo a quello che vale per le Camere. Ma c’è una fondamentale differenza. Le Camere sono organi costituzionali e la Costituzione riserva a esse in via esclusiva la valutazione della decadenza. Lo stesso principio non vale per i Consigli regionali, le cui deliberazioni sono impugnabili davanti al giudice ordinario secondo i principi generali che valgono in questa materia, peraltro ribaditi dalla stessa legge statutaria della regione Sardegna 2007 articolo 26 comma 9. Questo vuol dire che i margini di valutazione dei Consiglio regionale sono comunque più ristretti, perché le loro scelte sono sindacabili quanto al rispetto delle norme sulla decadenza".
"Il controllo del Consiglio regionale, dunque, è vincolato dal quadro normativo e non può ritenersi politicamente libero. Il che non vuol dire che il suo voto sia una formalità (possono essere rilevati vizi procedurali ad esempio), ma certo la valutazione non è meramente politica. Né la legge ordinaria potrebbe riconoscere ai consigli regionali quella garanzia di insindacabilità degli atti che è assicurata dalla Costituzione alle Camere - sottolinea il professore di Tor Vergata - Questo peraltro vale per tutti i casi in cui i Consigli regionali accertino cause di decadenza. Le dichiarazioni di decadenza sono impugnabili davanti al giudice ordinario. Al limite possono ipotizzarsi anche dei conflitti di attribuzione davanti alla Corte costituzionale tra Regione e autorità giudiziaria".
"Sul piano giudiziario, dunque, i tempi non saranno brevi.Sul piano politico, ovviamente, la lunghezza dei tempi si trasforma in una prolungata spada di Damocle 'politica' sulla Presidente e sulla sua legittimazione. E qui, subentrano tutte le valutazioni di opportunità che non spetta a me fare", conclude il costituzionalista. (di Roberta Lanzara)
Roma, 5 gen. (Adnkronos) - Papa Francesco ha ricevuto una targa con riflessioni su Gesù da parte della Guida suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khamenei. Secondo quanto rende noto l'agenzia di stampa Irna, la targa è stata consegnata al Pontefice dall'ambasciatore iraniano presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari, ricevuto nei giorni scorsi.
''Se Gesù fosse tra noi oggi - scrive Khamenei - non esiterebbe un attimo a combattere i leader dell'oppressione e dell'arroganza globale. Non tollererebbe la fame e lo sfollamento di miliardi di persone spinte dalle potenze egemoniche verso la guerra, la corruzione e la violenza".
Partendo dal fatto che ''l'importanza di Gesù per i musulmani non è senza dubbio inferiore alla sua importanza e stima agli occhi dei devoti cristiani'', il testo sottolinea che ''questo grande profeta divino ha trascorso tutto il suo tempo tra il popolo in lotta per opporsi all'oppressione, all'aggressione e alla corruzione'' e ''a coloro che usavano la loro ricchezza e il loro potere per schiavizzare le nazioni e trascinarle nell'inferno di questo mondo e dell'aldilà''.
Nelle riflessioni di Khamenei è contenuto un invito: ''Cristiani e musulmani che credono in questo grande profeta devono rivolgersi ai suoi insegnamenti per stabilire un giusto ordine mondiale. Devono promuovere le virtù umane come sono state insegnate da questi maestri dell'umanità''. Quindi, prosegue il testo, ''per essere un seguace di Gesù Cristo bisogna sostenere la verità e rifiutare i poteri che vi si oppongono. Si spera che i cristiani e i musulmani in ogni angolo del mondo manterranno viva questa profonda lezione del profeta Gesù nelle loro vite e azioni'', auspica il leader iraniano.
Perugia, 5 gen. (Adnkronos) - Marito e moglie sono stati trovati morti nell'abitazione nella quale vivevano a Gualdo Tadino, in provincia di Perugia. Sul posto sono intervenuti i carabinieri che indagano sull'ipotesi di omicidio-suicidio. Da una prima ricostruzione si tratta di una coppia giovane, i due avevano una trentina di anni. L'uomo, dai primissimi accertamenti, avrebbe ucciso la donna per poi togliersi la vita.
Milano, 5 gen. (Adnkronos) - Sono in corso le indagini dei carabinieri per fare luce sulla morte di un 28enne marocchino trovato morto ieri sera a Cisliano in provincia di Milano. E' stato un passante ieri a chiamare il 112 dopo aver notato un uomo riverso sul ciglio della strada in via Regina Elena, quasi all'incrocio con una strada provinciale. Sul posto sono intervenuti, insieme al 118, i carabinieri di Bareggio e Magenta che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. A quanto si apprende si indaga per omicidio perché, da una prima ispezione del medico legale, è emersa sul cadavere una lesione all'addome inferiore compatibile con un'azione violenta. Tuttavia sarà l'autopsia a fare definitivamente chiarezza.
Roma, 5 gen. (Adnkronos) - Visita lampo di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, dove la premier ha incontrato il presidente eletto degli Usa Donald Trump. Dopo circa 5 ore dal suo arrivo a Palm Beach, la premier è risalita sul volo che la sta riconducendo a Roma.