Ai componenti dell'equipaggio, 5 siriani e 2 egiziani, è contestato il reato di morte a seguito dell'evento criminoso. Delle 160 persone a bordo del peschereccio, gettate a mare a colpi di cinghia, tredici avevano perso la vita annegando nel tentativo di raggiungere la spiaggia. La procura ha disposto l'autopsia sui corpi delle vittime
Il giorno dopo lo sbarco di Scicli, nel ragusano, che ha visto 13 persone morire in mare, sono sette le persone fermate dalle forze dell’ordine. Tutte di nazionalità siriana, sono ritenute gli scafisti del peschereccio che hanno buttato in acqua i 160 migranti eritrei che avevano trasportato fino alle coste della Sicilia. I fermati sono cinque siriani, di età compresa tra 25 e i 32 anni, e due egiziani, di 33 e 28 anni. Ai presunti scafisti la procura di Ragusa contesta i reati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte e lesioni come conseguenza di un altro delitto, reato quest’ultimo considerato di natura dolosa. Subito dopo lo sbarco, altre due persone erano state fermate con l’accusa di essere scafisti e condotte nella caserma dei carabinieri di Scicli. Ma i due non sono stati riconosciuti dagli altri compagni di viaggio e quindi sono stati rilasciati e portati nel centro di accoglienza di Pozzallo.
Intanto, la procura di Ragusa ha disposto l’autopsia sui corpi dei tredici eritrei annegati durante lo sbarco, cinque dei quali sono già stati identificati. Tre di loro erano in possesso di documenti, mentre altri due sono stati riconosciuti da familiari, un fratello e un cugino, che erano in viaggio con loro. Intanto sono riprese in mare, con motovedette di carabinieri e della guardia costiera, ricerche per eventuali dispersi. Per quanto riguarda gli otto giovani migranti che sono riusciti a raggiungere la costa, i medici sono ottimisti sulle loro condizioni: sono ancora ricoverati in ospedale, quattro a Modica, due a Ragusa e due ragazze a Vittoria. “Dovrebbero farcela tranquillamente”, ha spiegato a Rai News 24 Pietro Bonomo, direttore sanitario dell’ospedale di Modica. In totale sono 180 i migranti, di nazionalità eritrea ed egiziana, sopravvissuti allo sbarco di lunedì. Il peschereccio era salpato sei giorni fa da Tripoli, in Libia, e i passeggeri avevano pagato il viaggio circa 2mila euro a testa.
L’allarme era scattato nella giornata di lunedì, quando alcuni turisti avevano visto il peschereccio arenato e i migranti che si gettavano in acqua per raggiungere la spiaggia. Delle 160 persone a bordo, circa un centinaio erano stati soccorsi in mare dalla guardia costiera, altri si erano messi in salvo sulla costa. Almeno 13 persone, tutti uomini adulti, erano morte annegate, ma il numero delle vittime potrebbe essere superiore. Secondo le testimonianze, i migranti erano stati costretti a gettarsi a mare a colpi di cinghia. Uno dei migranti che avevano tentato di fuggire nelle campagne circostanti subito dopo lo sbarco è stato investito e ucciso da un’auto pirata sulla strada provinciale Ragusana 43. Il conducente è fuggito senza soccorrere il ferito, che è stato trasportato in gravi condizioni nel Pronto Soccorso dell’ospedale di Modica dove è morto qualche ora più tardi.
La macchina dei soccorsi si era attivata subito dopo lo sbarco. Due carabinieri che si trovavano in servizio di perlustrazione vicino a Scicli, chiamati a intervenire per l’emergenza, erano riusciti a mettere in salvo nove migranti, aiutati dai bagnini di un villaggio turistico. I soccorritori avevano praticato la respirazione bocca a bocca e il massaggio cardiaco per salvare quante più persone possibile. Gli agenti avevano anche bloccato uno degli scafisti, mentre aveva ancora in mano un coltello e la cinghia usata per percuotere i migranti. Tra i bagnanti, i primi a dare l’allarme, alcuni si erano subito attivati per aiutare le persone che rischiavano l’annegamento. Uno di loro è stato aggredito da uno scafista, che gli ha tirato un pugno ed è fuggito senza aiutare i compagni di viaggio.