Percorrendo, a piedi, il ponte di viale Caduti per la Resistenza, all’altezza di Viale Eroi di Cefalonia e via Alberto Gozzi, lo sguardo non è catturato da niente. Non dai palazzoni, altissimi, compatti, che prospettano sulle strade, talora delimitandole rigidamente. Neppure dalle file di alberi che con irregolarità segnalano i marciapiedi. Elementi distintivi dell’utopia urbana che il Prg del 1965 volle coltivare qui a Spinaceto, zona urbanistica del Municipio XI. A quel che sembra, abitando quei moderni falansteri e camminando su quei marciapiedi sconnessi e senza la più minima manutenzione, deludendo le aspettative iniziali.
Nonostante tutto, le strutture antiche si riconoscono abbastanza bene. Anche se la loro conservazione in altezza è diseguale. Su un’area di circa 1200 mq. si allungano i resti della villa romana identificata nel corso delle indagini archeologiche realizzate nell’area tra il 1982 e il 1983. In quella circostanza è stato possibile acquisire informazioni che permettono di riferire l’impianto del complesso al I secolo a. C., preceduto da una frequentazione dell’area datata almeno al V secolo a. C., e a riconoscerne, attraverso mutamenti funzionali e successivi interventi costruttivi, un utilizzo fino al IV secolo d. C. Ora, si fa più fatica ad identificare le diverse parti, perfino a farsi un’idea d’insieme della villa. Certo si possono osservare ancora gli ambienti in opera reticolata con ammorsature in blocchetti. Così le parti in opera laterizia, a partire da quelle absidate identificate in un ninfeo. Come le strutture a blocchetti e laterizi, dalle quali provengono alcuni sarcofagi, riferite senza dubbio alla presenza di un’area cimiteriale. Ma in compenso non sembrano più visibili alcuni pavimenti a mosaico a disegno geometrico bianco-nero. Forse anche dell’altro. D’altra in queste condizioni, e dall’esterno, è difficile rendersene conto. Ed è un peccato. Perché, dopo anni di degrado ed abbandono, nel quale il sito era divenuta una discarica abusiva, e la sopravvivenza dei resti affidata ad occasionali pulizie di volontari locali, finalmente nel 2008 l’occasione.
La recinzione c’è, indubitabilmente. Anche se non è mai stata completata per intero sul lato a monte di via Eroi di Rodi. Anche se per l’intera lunghezza, ingresso compreso, sul lato sottostante il ponte di via Caduti per la Resistenza, è quasi coperta dalla vegetazione infestante che vi cresce da anni indisturbata.
Le strutture antiche variamente consolidate, in alcuni casi quasi ricostruite, rifacendo giunti e stilature. Probabilmente non del tutto in maniera propria, senza seguire i moderni criteri per il restauro archeologico.
Le panchine, in legno, sono state fissate a terra in prossimità di una struttura lignea sulla quale forse era previsto di affiggere pannelli con le informazioni sul sito. Che invece mancano del tutto, impedendo di avere cognizione dell’importanza dei resti. Al pari dei percorsi pedonali di visita. Forse, semplicemente ma anche tristemente, rimasti irrealizzati.
In mancanza della fruizione e della “pubblicizzazione” in loco, la tutela e la valorizzazione del sito che l’impegno economico della Regione avrebbe dovuto assicurare, appaiono tutt’altro che raggiunti. Il coinvolgimento degli abitanti della zona, impossibile. La riqualificazione della villa romana rimasta a metà tra l’abbandono del passato e quello del presente. Quel che sarebbe dovuto divenire un luogo della cultura, insieme alla Biblioteca comunale “Pier Paolo Pasolini” di via S. Lorizzo, interdetto.
Rinchiuso in un recinto che probabilmente ne salvaguarda l’integrità ma lo derubrica ad un “fossile”. Ad uno spazio “rubato” alla Comunità. In un parco delle erbe spontanee. Peraltro chiuso.