Poco meno di due mesi fa ho pubblicato un post nel quale auspicavo che la relazione incestuosa tra Zaleski e le banche giungesse al termine, anche in seguito alla perdita iscritta in bilancio per 800 milioni di euro da parte di Banca Intesa, il maggiore creditore del gruppo (1,2 miliardi la sua esposizione).

Tre giorni fa invece, per l’ennesima volta, è stato siglato un accordo tra le banche creditrici e Zaleski che non solo congela l’esposizione degli istituti per altri 3 anni ma prevede addirittura che quasi un terzo dei crediti siano trasformati dalle banche in capitale della società.

La domanda che sorge spontanea è: che valore può avere il capitale di una società che non produce nulla ma che ha in bilancio attivi per 1 miliardo e debiti verso le banche per 2,3 miliardi con un patrimonio netto negativo quindi per 1,3 miliardi? Perché la farsa di considerare capitale un credito senza alcun valore?

L’accordo siglato ieri è in pratica una fotocopia di quello firmato nel novembre 2008, che doveva rappresentare la soluzione definitiva ma che, di fatto, ha rappresentato l’ennesimo rinvio di una situazione fallimentare della quale le banche rifiutano di prendere atto. L’unica differenza fu che nel 2008 le banche italiane si accollarono anche il debito delle banche estere per 1,3 miliardi togliendo cosi graziosamente le castagne dal fuoco a queste ultime.

Sappiamo già che le operazioni di Zaleski sono state tutte condotte in palese violazione dell’art. 2358 del codice civile che fa divieto alle società di capitali di erogare prestiti per l’acquisto di azioni proprie. In tal senso, già nel 2008 l’Adusbef chiese alla Procura di Milano l’apertura di una inchiesta che però non ebbe seguito.

Nel frattempo Zaleski continua a regnare indisturbato, detta condizioni alle banche e si presenta alle assemblee come quella di Banca Intesa per votare ovviamente in sintonia con il suo mentore Bazoli che è molto verosimilmente colui che in tutti questi anni lo ha protetto ed ha evitato accuratamente che il sistema bancario escutesse le proprie garanzie facendolo fallire. Il motivo di tanto riguardo? Ovviamente Bazoli e la sua banca, essendo i creditori maggiormente esposti e senza garanzie reali, hanno sempre fatto in modo di proteggere quello che un giornalista del Fatto ha definito efficacemente “il Madoff italiano”.

Intanto, Banca Intesa ha cambiato il terzo CEO nel giro due anni: dopo Passera, è stato esautorato anche Cucchiani, sostituito con Messina, vero uomo di apparato e, guarda caso, fedelissimo di Bazoli sin dai tempi dell’Ambroveneto. L’uscita di Cucchiani, nonostante quanto riportato dai giornali, è ascrivibile unicamente alle sue critiche non troppo velate a Bazoli proprio per il dossier Zaleski ed al suo verosimile rifiuto a prorogare i finanziamenti concessi.

Stanno inoltre venendo al pettine anche gli effetti di altre scelte disastrose del duo Bazoli/Passera che hanno sempre voluto Intesa come banca “di sistema”: oltre agli 800 milioni di Zaleski, si stima che il bilancio di Intesa dovrà farsi carico di almeno un altro miliardo di euro di perdite tra Alitalia, Telecom, gruppo Zunino, RCS, NH Hotel ed NTV.

Nel frattempo, l’ultraottantenne Bazoli, pur rappresentando solo il secondo azionista della banca, regna indisturbato su Intesa senza mai dover rendere conto delle proprie scelte dissennate costate miliardi agli azionisti.

 

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