Se l’economia non va allora tanto vale puntare su arte e cultura. Non è una provocazione, né tanto meno un ripiego, ma forse l’unica soluzione alla crisi nella quale il vecchio continente è sprofondato da ormai sei anni. Tra economia in recessione, disoccupazione galoppante e misure di austerità draconiane, è diventato ormai difficile parlare di Europa unita. E per ritrovare lo spirito puro e originale che sessant’anni fa spinse sei paesi diversi e in precedenza in guerra tra loro a dare vita ad un’unica realtà sociale e politica, forse vale la pena lasciare perdere banche e debito e puntare sulla cultura, l’arte e lo spettacolo europeo.
Ci prova l’associazione “European Alternatives” – un nome un programma – con il TransEuropa Festival, un evento artistico, culturale e politico che avrà luogo contemporaneamente in tredici città europee (Amsterdam, Barcellona, Berlino, Belgrado, Bologna, Bratislava, Cluj-Napoca, Londra, Lublino, Parigi, Praga, Sofia, Varsavia) e che inizierà domani 4 ottobre (fino al 27 ottobre). Lo scopo è “offrire uno spazio per immaginare, esigere e realizzare un’Europa alternativa”. Come? Principalmente con una serie di eventi culturali, artistici, accademici svolti in simultanei in tutta Europa, eventi che mettono al centro l’uomo europeo senza distinzione di nazionalità alcuna, tedesco, greco, italiano o francese che sia.
Una risposta sociale di oltre cento associazioni, istituzioni artistiche e culturali che contrappongo l’unione dell’arte alla divisione degli spread, il predominio della cultura su quello del debito pubblico. Nessuna ingenuità di sorta per carità, economia e finanza restano capisaldi dell’Unione europea sui quali c’è ancora da lavorare molto – preferibilmente a livello comunitario (interesse europeo) e non intergovernativo (interesse dei governi più forti) – ma è indubbio che la storia, la cultura e l’arte europea siano un collante fondamentale di quel sentimento che fa di uomini e donne di paesi diversi un unico popolo.
“Bisogna reinventare la democrazia a livello europeo per garantire ai cittadini europei la libertà di essere protagonisti del proprio futuro”, dice Ségolène Pruvot, francese (ed europea) responsabile del festival. E poi ancora “con questi eventi vogliamo dare un significato alla cittadinanza europea, un concetto che dovrebbe appartenere e servire a tutti i cittadini”. Non a caso lo slogan del festival è “Immagina, Esigi, Agisci”, un appello alla mobilitazione civile e pacifica di un popolo, quello europeo, ancora allo stato embrionale dal punto di vista sociale ma legato per la vita da quello economico.
Si perché di fronte ad un’Europa che scossa dalla crisi economica si è fatta sempre più stretta in se stessa (spagnoli che seguono le elezioni tedesche, tedeschi che decidono il governo greco e greci che guardano quotidianamente a Bruxelles), una maggior azione consapevole e democratica dei suoi cittadini è diventata fondamentale. Abbattere le barriere tra paesi diversi – che qualcuno ancora osa chiamare “nazioni” – con un linguaggio inedito, ovvero quello dell’arte e della cultura, è proprio quello che European Alternatives cerca di fare. L’economia c’è riuscita tanti anni fa, con l’inaugurazione del mercato unico. Adesso tocca ai cittadini, italiani, svedesi o cechi che siano, insomma europei.
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