Polvere bianca che vale oro. Il giro d’affari che ruota attorno al commercio dello zucchero vale circa 47 miliardi di dollari, per una produzione che si sviluppa su 31 milioni di ettari di terreno e attestatasi nel 2012 attorno alle 176 milioni di tonnellate di cui circa la metà destinate all’industria alimentare. Un consumo in ascesa, più che raddoppiato tra il 1961 e il 2009 e che aumenterà ancora del 25% nei prossimi sette anni. Una crescita che, se non controllata, rischia di avere ripercussioni significative non solo sulla salute pubblica, con l’incremento di patologie come obesità o diabete, ma anche dal punto di vista sociale. Infatti, come evidenzia il rapporto Oxfam “Zucchero Amaro: quali diritti sulla terra nelle filiere di produzione delle multinazionali del cibo?”, le più grandi aziende coinvolte nel business di questa materia prima sarebbero implicate in casi di “land grabbing”, l’odioso fenomeno con il quale le terre vengono strappate ai piccoli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo da queste grandi realtà industriali.
Il rapporto Oxfam punta in particolare il dito contro Coca Cola (il più grande acquirente mondiale di zucchero), la PepsiCo (che detiene il 18% del mercato dei soft drink) e la Associated British Food (ABF), secondo produttore planetario di zucchero: tre colossi che hanno ottenuto un punteggio molto basso in tema di “politiche sulla terra”. Nel documento sono citati casi concreti di sopraffazione, come ad esempio quelli provenienti dallo stato di Pernambuco (Brasile), dove nel 1998 una comunità di pescatori è stata cacciata con la violenza per far posto a uno zuccherificio che rifornisce Coca-Cola e PepsiCo, o dal distretto di Sre Ambel (Cambogia), con 200 famiglie che stanno ricorrendo in giudizio per riavere la terra da cui sono state sfrattate nel 2006 per far posto a una piantagione. E nella ricerca sono anche illustrati i gravi conflitti per la terra scatenatisi in Paesi come Mali, Zambia e Malawi in cui è coinvolta l’ABF, attraverso la sua affiliata Illovo.
«La nostra ricerca evidenzia come il commercio di zucchero sia già oggi alla base di casi di land grabbing e altri gravi conflitti legati alla proprietà della terra – sottolinea Maurizia Iachino, presidente di Oxfam Italia – è necessario che le maggiori aziende del settore alimentare si dotino di politiche sufficientemente forti per contrastarli». Perciò Oxfam chiede a Coca Cola, PepsiCo e ABF di adottare un atteggiamento di “tolleranza zero” contro questi fenomeni, di rivelare in modo trasparente i Paesi e i produttori dai quali si riforniscono di materie prime, di pubblicare valutazioni sulle conseguenze che la produzione dello zucchero ha sulle comunità locali e di usare il proprio potere per spingere i governi e l’industria alimentare a rispettare i diritti sulla terra. Per fare questo è stata lanciata la campagna “Scopri il marchio”, una raccolta di firme da utilizzare come strumento di pressione su questi colossi industriali per spingerli a un comportamento più rispettoso della dignità delle comunità delle nazioni dove si trovano ad operare.