Il numero uno del Lingotto ha detto di "non sapere assolutamente nulla" sull'ipotesi di fusione tra La Stampa e Corriere della Sera, anche se il suo gruppo ha già iniziato a "colonizzare" la casa editrice Rcs. Mentre Fitch minaccia di tagliare il rating della casa
“Non so assolutamente nulla sull’ipotesi di fusione tra La Stampa e il Corriere della Sera“. Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, ha preferito non affrontare il tema di una possibile unione tra i due quotidiani. Anche se il Lingotto, che controlla il giornale torinese al 100%, ha già iniziato a presidiare da vicino la casa editrice Rcs, di cui è recentemente diventata il primo socio. Raffaella Papa, direttore delle funzioni centrali dell’editrice La Stampa, si sta infatti trasferendo all’editrice milanese dove assumerà i compiti di direttore centrale per gestire la dismissione di partecipazioni e accelerare i piani di sviluppo interno.
Il numero uno di Fiat ha preferito difendere dai “troppi pregiudizi” il suo gruppo e l’intenzione di non abbandonare il Paese. “Per molti italiani è rimasta mamma-Fiat, vecchiotta, fuori moda e un po’ ingombrante, di cui nei discorsi da bar si parla come fosse un peso”, ha detto. “Se c’è una cosa che mi caratterizza, oltre al maglione nero, è quella di parlare chiaro”, ha poi premesso, per sottolineare che il Lingotto “ha fatto scelte di rottura con il passato” e che non trovano più giustificazione “tanti pregiudizi, sulla qualità dei nostri modelli, su una azienda monopolista e assistita dallo Stato, su una presunta ingerenza nella vita politica”.
Intervenendo dal Consiglio regionale abruzzese, Marchionne ha poi parlato del carattere degli abruzzesi, che “cadono e si rialzano da soli, non perdono tempo a lamentarsi, ma fanno, producono, ricostruiscono. Mai visto uno arrendersi”. Neanche una parola, invece, sui risultati di vendita preoccupanti del Lingotto a settembre, quando il gruppo ha registrato un crollo dell’11,7%, ben peggio rispetto al -2,9% dell’intero mercato, con anche la quota di mercato scesa al 27,5 per cento.
E, mentre il numero uno di Fiat era impegnato a cercare di eliminare i pregiudizi nei confronti della sua azienda, è terminata una giornata nera a Piazza Affari per tutta la galassia Fiat. Cnh Industrial ha perso il 3,1% e anche la stessa Fiat è indietreggiata dell’1,4%, appesantita da un allarme di Fitch, che ha minacciato di tagliare il rating dell’azienda. L’agenzia ha valutato i vari scenari per Fiat al fine di valutarne il potenziale impatto sul merito creditizio del gruppo automobilistico. Il focus è ora su come l’azienda riuscirà a completare l’acquisto della restante quota di Chrysler in mano a Veba, il fondo pensionistico dei sindacati americani della casa di Detroit.
Secondo l’agenzia di rating l’effetto negativo sui parametri di credito sarebbe gestibile in modo da confermare l’attuale rating se l’impatto netto dell’acquisto rimane al di sotto di 2,5 miliardi di dollari. Al contrario, lo scenario più sfavorevole per Fiat è quello di spendere più di 5 miliardi di dollari per completare l’acquisto di Chrysler.
“Questa eventualità potrebbe avere un impatto negativo del rating se l’acquisizione fosse finanziata soltanto dal debito”, ha avvertito il report di Fitch, basandosi sul presupposto che l’azienda sarà in grado di fondersi con Chrysler con successivo rifinanziamento del debito di Detroit. Lo scenario alternativo di una quotazione in Borsa di Chrysler potrebbe poi portare a un taglio del merito di credito del Lingotto poiché “andrebbe a complicare il governo societario di gruppo e di gestione”, in particolare a causa di un azionariato frammentato, e allungare il processo di rifinanziamento del debito di Chrysler.