La guerra globale alla droga è fallita: in Europa e negli Stati Uniti le sostanze in circolazione sono molto più pure e assai meno costose rispetto a venti anni fa. Lo stabilisce uno studio di ricercatori canadesi della University of British Columbia, in una ricerca commissionata dall’International Centre for Science in Drug Policy e pubblicata su varie riviste specializzate (qui la open version del prestigioso British Medical Journal). Nel periodo compreso dal 1990 al 2010 il prezzo di eroina, cocaina e hashish nelle strade europee e statunitensi è calato vertiginosamente dell’80%, mentre la purezza di queste sostanze è aumentata rispettivamente del 60, del 10 e del 160 percento. “Questi dati sono la dimostrazione che la guerra alla droga non ha avuto successo – spiega Evan Wood, capo dei ricercatori della British Columbia – Bisogna cominciare a pensare politiche che tutelino il benessere delle comunità, e considerare il consumo di droga come un problema di salute pubblica e non un comportamento criminale”.
I ricercatori spiegano di aver analizzato i dati in possesso delle autorità dei vari paesi e delle organizzazioni internazionali deputate alla lotta alla droga. E avvertono come l’aumento della purezza e l’abbassamento del prezzo, adeguato all’inflazione e ai salari, sono avvenuti nonostante rispetto a venti anni fa vengano sequestrate mediamente il doppio delle partite di droga legate al narcotraffico. Le conclusioni di questa ricerca sono state recepite favorevolmente da tutte le organizzazioni che si battono per la liberalizzazione o la depenalizzazione della droga, come la Drug Policy Alliance il cui presidente Ethan Nadelmann ha detto: “L’approccio proibizionista alla droga si è rivelato inefficace, inutilmente costoso e controproducente. Ha generato altissimi livelli di corruzione, di violenza e criminalità fallendo nel suo obiettivo principale, ovvero ridurre la disponibilità di droghe nelle strade”.
La ricerca segue di pochi giorni un report dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) che descrive uno spostamento nella mappa della produzione di cocaina. Per la prima volta negli ultimi vent’anni il Perù supera la Colombia. Nel 2012 infatti sono stati piantati oltre 24mila ettari di piante di coca in Perù, soprattutto nella zona andina orientale prossima a quella amazzonica di Brasile e Colombia. E benché in Perù ci sia stata una diminuzione del 3,4% su scala nazionale, il crollo del quasi 25% delle terre colombiane adibite alla coltivazione di coca fa diventare il Perù il maggior produttore a livello mondiale. La Colombia, che nei primi anni del secolo esportava il 90% della coca avendo raggiunto quasi 67mila ettari, è oggi seconda con 48mila. Segue la Bolivia con 10mila ettari circa.
Il motivo di questo spostamento geografico, secondo gli esperti è dovuto a due fattori. Il primo è che da una parte c’è il tentativo di accordi di pace tra le Farc e il governo colombiano, e una riforma agraria che porta alla minor utilità delle piantagioni. Mentre dall’altra c’è una radicalizzazione del dissenso in Perù, dove la crescita territoriale degli eredi dei guerriglieri maoisti di Sendero Luminoso va di pari passo con l’aumento delle piantagioni. Il secondo motivo è che una volta la cocaina aveva un filo diretto tra Colombia e Stati Uniti, primo consumatore mondiale con gran godimento delle organizzazioni criminali, della politica e delle banche statunitensi, alla faccia del sanguinario Plan Colombia. Oggi invece con la crescita economica del Brasile c’è una nuova classe media brasiliana vogliosa di ‘sballarsi’ secondo i canoni occidentali. E per loro è più comodo prendere la merce dal Perù.